CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 novembre 2017, n. 27944
Sostituzione di personale assente per maternità e assente a vario titolo – Mansioni di infermiera professionale – Termine apposto ai contratti – Art. 32, comma 5, della I. n. 183 del 2010
Rilevato che
la Corte di appello di Salerno, sezione lavoro, con sentenza n. 890 del 2012, ha rigettato l’impugnazione proposta da H. S.p.a. Casa di Cura V. del S. avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva accolto la domanda di B. M. A. – assunta con due contratti a termine, nel 2002 e nel 2003, per svolgere mansioni di infermiera professionale in sostituzione di personale assente per maternità, e in sostituzione di personale assente a vario titolo – dichiarando la illegittimità del termine apposto ai contratti e l’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dal 9.12.2002, con condanna della società al pagamento delle mensilità maturate a far tempo dalla notifica del ricorso introduttivo del giudizio fino alla data del ripristino del rapporto;
H. S.p.a. Casa di Cura V. del S. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, avverso detta pronuncia, deducendo ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 4 e 5, c.p.c., vizi di cui all’art. 23 della I. 56/1987, anche successivamente all’entrata in vigore dell’art. 1 del d. Igs. 368/2001 in relazione all’art. 19 del CCNL per il personale dipendente delle strutture sanitarie AIOP e ARIS del 23/12/99, nonché di cui all’art. 32 co. 5 della I. 183/2010 e di ogni altra norma e principio in materia di risarcimento del danno per illegittima apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato;
B. M. A. è rimasta intimata; ritenuto che:
i motivi di ricorso possono essere congiuntamente trattati stante la loro stretta connessione;
il primo motivo di ricorso è infondato, per le ragioni di seguito esposte; la B. è stata assunta – come affermato dalla sentenza gravata – con un primo contratto a termine, decorrente dal 9 dicembre 2002 per la causale di cui all’art. 19 del c.c.n.I. 1999 per il personale dipendente delle strutture sanitarie, “per sostituzione del personale assente per maternità”, e con un secondo contratto a termine decorrente dal 2 luglio 2003 avente causale “per sostituzione di personale assente a vario titolo”;
con particolare riguardo alle ragioni sostitutive, la Corte Costituzionale con sentenze n. 214 e n. 325 del 2009 e la Corte di Cassazione (Sez. L. n. 10346 del 2011; n. 1931 del 2011) hanno ritenuto che l’art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, tutte le volte in cui l’assunzione a tempo determinato avvenga per soddisfare esigenze di carattere sostitutivo, rende necessario che siano indicate, in maniera sufficientemente particolareggiata, le ragioni della sostituzione di uno o più lavoratori, il che implica necessariamente anche l’indicazione del lavoratore o dei lavoratori da sostituire per garantire la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto, salvo che l’organizzazione produttiva del datore di lavoro sia particolarmente complessa (Sez. L. n. 1576 e 1577 del 2010 ed altre successive, di cui più di recente Sez. L. n. 10068 del 2013), nel qual caso l’omissione relativa al nome del lavoratore sostituito può essere ritenuta integrata da indicazioni, nel testo contrattuale, del periodo di sostituzione, delle mansioni del lavoratore ed altri elementi esplicativi;
nel caso di specie, nei contratti stipulati tra la società odierna ricorrente con la B., è dato rinvenire soltanto un vago e generico riferimento all’esigenza di sostituire “personale assente per maternità” ovvero “personale assente a vario titolo”, non avendo la H. s.p.a. Casa di Cura V. del S. in alcun modo dimostrato con precisione, anche in corso di causa, la reale sussistenza di tali ragioni poste a base dell’assunzione a tempo determinato dalla B.; nel caso di specie, inoltre, non è possibile, come compiutamente esplicitato dalla sentenza impugnata, fare riferimento ai suddetti ulteriori elementi in funzione integrativa, atteso che la società ricorrente “occupa 51 dipendenti, di cui 40 con mansioni di infermieri” cosicché essa “non è affatto riconducibile nel novero delle strutture aziendali complesse, in cui risulta particolarmente arduo, se non addirittura impossibile, l’individuazione del lavoratore da sostituzione del lavoratore da sostituire”;
la sentenza impugnata evidenzia, altresì, che non risultano specificate, né dimostrate le ragioni, di carattere “tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” legittimanti l’apposizione del termine, in quanto nei contratti a termine stipulati con la B. è possibile rinvenire soltanto un generico riferimento all’esigenza di sostituire “personale assente per maternità” ovvero “personale assente a vario titolo” mentre dall’istruttoria svolta in prime cure “non è emerso che la predetta società, sia nel dicembre del 2002 che nel luglio del 2003, presentasse carenze nell’organico dei propri dipendenti, dovute ad assenze per maternità o per altre ragioni contingenti e transitorie” suscettibili di legittimare l’assunzione a tempo determinato;
conseguentemente il primo dei motivi di ricorso deve essere rigettato;
è, viceversa, fondato il motivo di ricorso incentrato sull’art. 32, comma 5, della I. n. 183 del 2010, stante l’orientamento di questa corte (Sez. U. n. 21691 del 2016, Sez. L., n. 13027 del 2017), che afferma l’applicabilità dello ius superveniens anche in sede di legittimità con l’unico limite di intervenuto passaggio in giudicato della statuizione relativa alle conseguenze economiche dell’accertata nullità della clausola di apposizione del termine; nel caso di specie la sentenza gravata, pur facendo riferimento all’orientannento giurisprudenziale favorevole all’applicabilità dell’art. 32 della I. n. 183 del 2010 purché la questione relativa al risarcimento del danno da illegittima apposizione del termine sia ancora oggetto di cognizione giudiziale, non ne trae le dovute conseguenze, ritenendo che la statuizione di condanna della società datrice di lavoro al pagamento, in favore della B., delle mensilità maturate dalla data di notifica del ricorso introduttivo della lite fino a quella di effettivo ripristino del rapporto, non essendo stata investita da alcuna doglianza abbia acquistato autorità di cosa giudicata e sia divenuta, pertanto, irrevocabile, mentre, viceversa, l’orientamento da ultimo consolidato (si veda in particolare Sez. L n. 13027 del 2017) rende necessaria l’applicazione della detta norma a condizione che il tema della sua applicabilità sia stato comunque posto dalla difesa della parte, il che è avvenuto con la deduzione di specifico motivo di ricorso (il secondo) e la società ricorrente ha chiesto in ogni caso, l’applicabilità della citata norma, dovendosi escludere che al momento della proposizione del ricorso per cassazione si fosse formato giudicato sulla questione relativa alla validità del termine e stante la stretta connessione tra la detta questione e quella del risarcimento del danno;
l’accoglimento del detto motivo di ricorso comporta la cassazione con rinvio della sentenza impugnata alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, affinché provveda all’applicazione dell’art. 32, comma 5, della I. n. 183 del 2010 ed alla regolazione delle spese.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in riferimento all’art. 32 I. n. 183 del 2010, rigettato il primo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, che dovrà provvedere alla regolazione delle spese di lite.
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