CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 agosto 2017, n. 20369
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Redditometro – Contenzioso tributario
Rilevato che
Con sentenza in data 6 ottobre 2015 la Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto da S.M. avverso la sentenza n. 12152/45/14 della Commissione tributaria provinciale di Roma che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento IRPEF ed altro 2008. La CTR osservava in particolare che il gravame era fondato sia perché l’accertamento sintetico “redditometrico” de quo non era fondato, come giuridicamente indispensabile, su presunzioni “gravi, precise, concordanti” sia perché comunque il contribuente aveva dato prove contrarie adeguate agli redditometrici” sia perché difettava il contraddittorio endoprocedimentale.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo quattro motivi.
Resiste con controricorso il contribuente, che successivamente ha depositato memoria.
Considerato che
Con il secondo motivo — ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- l’agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione dell’art. 38, d.P.R. 600/1973, poiché la CTR ha affermato che gli “indici redditometrici” costituiscono una presunzione semplice e non legale, ancorché relativa.
La censura è fondata.
Va infatti ribadito che «In tema di accertamento dei redditi con metodo sintetico ex art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, la disponibilità di un alloggio e di un autoveicolo integra, ai sensi dell’art. 2 del d.P.R. citato, nella versione “ratione temporis” vigente, una presunzione di capacità contributiva “legale” ai sensi dell’art. 2728 c.c., imponendo la stessa legge di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità l’esistenza di una “capacità contributiva”, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17487 del 01/09/2016, Rv. 640989- 01).
Nell’affermare invece che la presunzione in questione non è “legale” (relativa), ma “semplice”, la sentenza impugnata è sicuramente incorsa nel denunciato vizio di violazione/falsa applicazione dell’art. 38, d.P.R. 600/1973.
La fondatezza del mezzo de quo è assorbente del primo motivo di ricorso.
Con il terzo motivo —ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente si duole di violazione/falsa applicazione dell’art. 38, d.P.R. 600/1973, poiché la CTR ha evidenziato la carenza del contraddittorio endoprocedimentale.
La censura è fondata.
Risulta invero pacifico che tale contraddittorio vi è stato, mediante invio di un questionario, al quale il contribuente ha risposto con memoria, e che peraltro di ciò si è dato atto e se ne è tenuto conto nell’atto impositivo impugnato.
Con il quarto motivo —ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- vi è doglianza di violazione/falsa applicazione degli artt. 38, d.P.R. 600/1973, 2697, cod. civ., poiché la CFR ha affermato l’adeguatezza delle allegazioni difensive e probatorie del contribuente, nell’ambito oggettuale definito dalla prima disposizione legislativa.
La censura è fondata.
Va infatti ribadito che «In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dall’art. 38, sesto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella versione vigente “ratione temporis”, non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta» (Sez. 5, Sentenza n. 25104 del 26/11/2014, Rv. 633514 – 01)
La sentenza impugnata si discosta palesemente da tale principio di diritto, limitandosi a considerazioni del rutto generiche e prive di alcuna considerazione eziologica circa la possidenza del S. e l’utilizzo di una delle auto considerate quale “indice redditometrico”.
La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al secondo, terzo e quarto motivo, assorbito il primo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
Accoglie il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, dichiara assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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