CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 agosto 2017, n. 20374
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Possesso abitazione – Complessiva posizione reddituale del nucleo familiare
Fatti di causa
Nella controversia concernente l’impugnazione da parte di M.V.B.D. di avvisi di accertamenti relativi ad Irpef delle annualità, 2006, 2007 e 2008 la C.T.R. della Liguria, accoglieva parzialmente, previa riunione, gli appelli proposti dalla contribuente avverso le decisioni di primo grado (di rigetto) ed annullava gli atti impugnati nella parte in cui attribuivano alla contribuente il reddito derivante dal possesso dell’intera abitazione sita in Casella anzicchè il 50%, rimandando all’ufficio per il ricalcolo.
Avverso la sentenza la contribuente propone ricorso per cassazione su sette motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
A seguito di proposta ex art. 380 bis c.p.c. e di fissazione dell’adunanza della Corte in camera di consiglio, ritualmente comunicate, la controricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 38 d.p.r. 600/73 laddove la C.T.R. non aveva attribuito le spese di manutenzione relative alle due autovetture, a disposizione del nucleo familiare alla contribuente nella misura del 50%.
2. Con il secondo motivo si deduce la stessa violazione di legge di cui al primo motivo laddove la C.T.R. aveva ritenuto che fosse necessaria la dimostrazione dell’identità delle spese per incrementi patrimoniali con redditi esenti o soggetti alla ritenuta alla fonte a titolo di imposta.
3. Con il terzo motivo (afferente identica violazione di legge e dell’art. 809 c.c.) si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che la prova delle liberalità dovesse essere rigorosa ed assistita da forma pubblica laddove, nella specie, si trattava di liberalità indirette (comprovate da bonifici effettuati dai conti correnti del coniuge e dell’amante) per le quali l’orientamento di questa Corte era di senso opposto (Cass.n.18541/2014).
4. Con il quarto motivo si deduce un’omessa pronuncia per avere la C.T.R. omesso ogni delibazione sul dedotto, in atto di appello, errore dell’Agenzia la quale aveva assunto, con riferimento alle due autovetture, il valore di stima e non il corrispettivo effettivamente impiegato per il loro acquisto.
5. Con il quinto motivo, sulla base delle medesime circostanze di fatto di cui al quarto mezzo, si deduce la violazione dell’art. 38 d.p.r. 600/73.
6. Con il sesto motivo si deduce l’omessa pronuncia ovvero, in subordine, l’omesso esame di un fatto decisivo, sulla provenienza di talune liberalità da parte del coniuge.
7. Infine, con il settimo motivo si deduce la violazione dell’art. 116 c.p.c. laddove la C.T.R. non aveva preso in considerazione le argomentazioni e gli elementi di prova contrari forniti dalla contribuente.
8. Vanno rigettati, alla luce dei principi fissati dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053/2014) il quarto motivo e, parzialmente, il sesto nella parte in cui si prospetta un’omessa pronuncia. Dalla lettura della sentenza impugnata si evince, infatti che il Giudice di appello ha esaminato, valutato gli elementi di fatto addotti e delibato sulle domande introdotte in giudizio. Ne consegue, anche, il rigetto del quinto motivo prospettante violazioni di legge sui medesimi presupposti di fatto di cui al quarto.
9. In ordine alle dedotte violazioni di legge va rilevato che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, disciplina, fra l’altro, com’è noto, il metodo di accertamento sintetico del reddito e, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la L. n. 413 del 1991, e il D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (comma 4), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (comma 5), contempla le “spese per incrementi patrimoniali”, cioè quelle – di solito elevate – sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente.
Resta salva, in ogni caso, ai sensi del sesto comma dell’art. 38 cit., la prova contraria, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (con riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori: Cass. n. 5365 del 2014), o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. nn. 20588 del 2005, 9539 del 2013).
9.1. Di recente, poi, questa Corte (Cass. 8995/2014 richiamata dalla successiva Cass.n.25104/2014) ha specificato i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico ex art.38 DPR 600/1973, statuendo che: «A norma dell’art. 38, comma sesto d.p.r. n. 600 del 1973, l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”. La norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate al fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati. Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la “durata” del possesso dei redditi in esame; quindi non il loro semplice “transito” nella disponibilità del contribuente”.
9.2. Infine, con specifico riferimento alla prova concernente le dedotte liberalità, questa Corte (Cass.Sez 6 – 5, Ordinanza n. 916 del 20/01/2016; sez 5, Ordinanza n. 1332 del 26/01/2016) ha statuito che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali ed il contribuente deduca che tale spesa sia il frutto di liberalità, ai sensi dell’art. 38, comma 6, del d.P.R. n. 600 del 1973,(applicabile “ratione temporis”), la relativa prova deve essere fornita dal contribuente con la produzione di documenti, dai quali emerga non solo la disponibilità all’interno del nucleo familiare di tali redditi (nella specie, da parte della madre, titolare di maggiore capacità economica), ma anche l’entità degli stessi e la durata del possesso in capo al contribuente interessato dall’accertamento.
10. Alla luce ed in applicazione di detti principi va ritenuta l’infondatezza del primo motivo essendosi la C.T.R. mossa lungo il solco interpretativo segnato da questa Corte. Il Giudice di appello, a fronte della piena titolarità in capo alla contribuente delle autovetture e previa comparazione con la situazione reddituale dei componenti del nucleo familiare, ha correttamente escluso che potesse essere attribuito il valore presuntivo di detti beni indice nella misura del 50%.
11. Vanno, invece, accolti il secondo, il terzo ed il sesto motivo laddove il Giudice di appello non ha fatto buon governo della normativa di riferimento in tema di prova a carico del contribuente, non attribuendo, in particolare alcuna rilevanza, ai bonifici effettuati dal coniuge.
12. Ne consegue, in accoglimento del secondo, terzo e sesto motivo di ricorso, rigettati gli altri, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio al Giudice di merito il quale provvederà al riesame, adeguandosi ai superiori principi, e regolerà le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
In accoglimento del secondo, terzo e sesto motivo di ricorso, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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