CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 agosto 2017, n. 20379
Tributi – Avvisi di accertamento, emessi per IRES, IRAP, IRPEF ed IVA – Maggiori ricavi
Fatti di causa
S.V., in proprio e nella qualità di legale rappresentante p.t. e socio unico della S.I. srl, propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 994/32/2016, depositata in data 8/02/2016, con la quale – in controversia concernente le riunite impugnazioni di avvisi di accertamento, emessi per IRES, IRAP, IRPEF ed IVA dovute, dal socio unico e dalla società unipersonale S.I., in relazione all’anno d’imposta 2008, a seguito rettifica, per contestati maggiori ricavi, del reddito sociale e del reddito da partecipazione del socio, e stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto i riuniti ricorsi dei contribuenti.
In particolare, i giudici d’appello hanno dichiarato inammissibile il gravame dei contribuenti, per difetto di motivi specifici, ai sensi dell’art. 53 d.lgs. 546/1992, essendosi limitati gli appellanti a riproporre le tesi esposte in primo grado, non censurando in termini specifici l’operato dei giudici di primo grado. Nel merito, i giudici di appello hanno rilevato che, da un lato, gli appellanti non avevano dedotto “alcun motivo idoneo ad inficiare” le argomentazioni dei giudici della CTP e che, dall’altro lato, neppure in appello era stata “vinta” la carenza di prova contraria adeguata a confutare la “sufficienza e la congruità della motivazione dell’atto di imposizione tributaria”.
A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.
Ragioni della decisione
1. I ricorrenti lamentano, con il primo motivo, la violazione, e art. 360 n. 4 c.p.c., dell’art. 53 d.lgs. 546/1992, avendo i giudici della C.T.R. dichiarato inammissibile l’appello per mancanza di specificità dei motivi.
Con il secondo motivo, inovano, ex art. 360 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per motivazione apparente, in violazione degli artt. 111 Cost. e 36 comma 2v n. 4 c.p.c., in punto di rigetto del gravame nel merito.
Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano poi, ex art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 2697 c.c. e 7 l. 212/2000, avendo i giudici della C.T.R., sempre esaminando il merito del gravame, operato un’indebita inversione degli oneri della prova.
2. La prima censura è fondata, con assorbimento delle restanti.
Occorre premettere (Cass. S.U. 384/2007; Cass17004/2015) che “qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né: l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta “ad abundantiam” nella sentenza gravata”.
Nella specie, deve ritenersi che la decisione della C.T.R. abbia, con autonoma ratio, anzitutto dichiarato inammissibile l’appello per difetto di motivi specifici, entrando poi tuttavia anche nel merito della questione controversa.
Ora, questa Corte ha affermato che “in tema di contenzioso tributario, la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, le quali, ai sensi dell’art. 53, comma primo, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, determinano l’inammissibilità del ricorso in appello, non sono ravvisabili qualora l’atto di appello … benché formulato in modo sintetico, contenga una motivazione e questa non possa ritenersi “assolutamente” incerta, essendo interpretabile, anche alla luce delle conclusioni formulate, in modo non equivoco” (Cass. 6473/2002) ed, inoltre, “non essendo imposta dalla norma rigidi formalismi, gli elementi idonei a rendere “specifici i motivi d’appello possono essere ricavati, anche per implicito purché in maniera univoca, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni” (Cass. 1224/2007).
Come poi ribadito anche di recente da questa Corte (Cass. ord. 14908/2014), nel processo tributario, anche “la riproposizione in appello delle stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado – in quanto ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere – assolve l’onere di specificità dei motivi di impugnazione imposto dall’art. 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ben potendo il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata nella sua interezza”.
Nella specie, gli appellanti, chiedendo l’annullamento della decisione di primo grado, contestavano la motivazione e l’erronea valutazione operata dai giudici della C.T.P., in ordine alla correttezza ed esaustività motivazionale degli avvisi di accertamento.
Risulta, pertanto, che l’appello fosse sufficientemente specifico e contenesse quella necessaria “parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico giuridico” (Cass. S.U. 23299/2011).
3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento dei primo motivo del ricorso, assorbiti i restanti, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione. Il giudice, del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti i restanti cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Campania diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
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