CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 gennaio 2018, n. 1716
Tributi – Ritenute su TFR – Versamento tramite compensazione – Utilizzo di credito derivante da pregressi versamenti effettuati a titolo di acconto – Mancata esposizione nelle precedenti dichiarazioni – Validità della compensazione – Emendabilità in fase contenziosa
Fatti di causa
A norma dell’art. 36 bis d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, l’Agenzia delle Entrate procedeva al controllo automatizzato della dichiarazione del sostituto di imposta Mod. 770/2001, per l’anno 2000, presentata dalla S. (Società consortile per l’esecuzione dei nuovi insediamenti della Banca d’Italia in Frascati a r.I.), verificando l’insussistenza di un credito di imposta utilizzato in compensazione, a scomputo delle somme da versare all’erario a titolo di ritenute operate sul trattamento di fine rapporto corrisposto ai propri dipendenti. Seguiva la notificazione della cartella di pagamento per un importo di euro 115.561, comprensivo di interessi e sanzioni.
La società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Roma che lo rigettava con sentenza n.309 del 2008.
La società proponeva appello rigettato dalla Commissione tributaria regionale con sentenza del 9.2.2010.
Contro la sentenza di appello la società ricorre per cassazione sulla base di tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso
Ragioni della decisione
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.
1. Primo motivo:”violazione e falsa applicazione dell’art. 24 comma 1, dell’art. 111 comma 1 e 2 Cost. e dell’art. 19 decreto legislativo 31 dicembre 1992 n.546″, per violazione del diritto costituzionale alla difesa in giudizio, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello perché la contribuente non aveva adottato misure di tutela stragiudiziale prima di proporre il ricorso.
Il motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi. La Commissione tributaria regionale non ha rigettato l’appello perché la contribuente non aveva osservato un presunto obbligo di attivare istanze preventive di annullamento in autotutela, o per avere omesso di fornire chiarimenti o per mancata risposta all’avviso bonario antecedente alla emissione della cartella; il giudice di appello ha rigettato l’impugnazione sul diverso assunto che il credito di imposta evidenziato solo nella dichiarazione presentata nell’anno 2001, relativa all’anno di imposta 2000, quale credito di imposta pregresso, non trovava riscontro nelle precedenti dichiarazioni.
2. Secondo motivo: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 commi 211 e 213 legge 23.12.1996 n. 662, dell’art.163 d.P.R. 917 del 1986, dell’art. 53 Costituzione”, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto la decadenza della società dall’esercizio del diritto di credito derivante dai pregressi versamenti effettuati a titolo di acconto sulla imposte dovute all’atto della liquidazione dei t.f.r. per il solo fatto di non avere esposto, nelle precedenti dichiarazioni del sostituto, il credito di imposta effettivamente esistente.
Il motivo è fondato. La sentenza impugnata conferma il disconoscimento del credito di imposta operato dall’Ufficio basandosi esclusivamente sul fatto che esso non era stato indicato nelle precedenti dichiarazioni e che la società non aveva presentato una dichiarazione integrativa a correzione della omissione commessa. Il giudice di appello non esamina la questione sostanziale circa la effettiva sussistenza e spettanza del credito di imposta, affermate dalla società sulla base dei seguenti dati: in adempimento di quanto prescritto dall’art.3 commi 211 della legge n.662 del 1996, la S. aveva proceduto, in qualità di sostituto di imposta, ad effettuare il versamento all’erario di un importo pari alla prescritta percentuale dell’ammontare complessivo dei trattamenti di fine rapporto maturati sino al 31.12.1996 e 31.12.1997, a titolo di acconto anticipato delle imposte da trattenere al momento della effettiva corresponsione del t.f.r. ai lavoratori dipendenti. La stessa società contribuente ammetteva che, per errore materiale, non aveva indicato nella dichiarazione dei sostituti di imposta per gli anni 1997-1999 i crediti di imposta maturati in virtù dei versamenti effettuati a titolo di anticipo delle imposte sul t.f.r. negli anni 1997 e 1998.
A norma dell’art.3 comma 213 della legge 662 del 1996 i versamenti a titolo di anticipo di imposta sul t.f.r., effettuati ai sensi del precedente comma 211, costituiscono crediti di imposta specifici e a destinazione vincolata, potendo essere utilizzati esclusivamente a scomputo delle ritenute d’imposta che il sostituto deve effettuare e versare all’erario al momento della erogazione del t.f.r. ai lavoratori dipendenti. Nel caso in esame la società ha affermato che il primo utilizzo effettivo del credito di imposta in oggetto era avvenuto nell’anno di imposta 2000, con esposizione del credito nella dichiarazione Mod.770/2001. In ogni caso deve essere applicato il principio di diritto stabilito da questa Corte secondo cui, al di fuori dei casi in cui sono previsti specifici termini di decadenza per la utilizzazione del credito di imposta (non ricorrente nel caso in esame), in sede contenziosa deve essere riconosciuta al contribuente la possibilità di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco, dimostrando l’esistenza di errori di fatto od omissioni che incidono sull’an o sul quantum della pretesa tributaria (Sez.U. n.13378 del 2016).
3. Terzo motivo; “violazione e falsa applicazione dell’art. 111 comma 6 Cost. e 36 comma 2 decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546” per violazione dell’obbligo anche costituzionale di motivazione della sentenza. Il terzo motivo è assorbito dall’accoglimento del secondo motivo.
In accoglimento del secondo motivo di ricorso la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, perché, in applicazione del principio di diritto indicato, esamini nel merito la fondatezza dell’assunto della contribuente, sulla quale grava il relativo onere probatorio, di avere effettivamente versato all’erario le ritenute a titolo di anticipo di imposta sul t.f.r. nella misura indicata quale credito di imposta nella dichiarazione del sostituto relativa all’anno 2000. Alla stessa Commissione tributaria regionale è demandata la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo, assorbito il terzo; cassa in relazione al motivo accolto e rinvia, anche sulle spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.
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