CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 gennaio 2018, n. 1720
Tributi – Accertamento – Maggiori imposte – Presupposti – Verifica – Insussistenza – Inammissibilità del ricorso poiché in sede di legittimità non è possibile un vaglio di merito sul contenuto e la rilevanza probatoria dei dati
Fatti di causa
A seguito di processo verbale di constatazione redatto dalla Agenzia delle Entrate, l’Ufficio impositore notificava alla società C.S. srl un avviso di accertamento relativo alle maggiori imposte Ires, Iva ed Irap per l’anno di imposta 2004, nonché cartella di pagamento per la somma di euro 449.562 relativa al pagamento delle predette imposte.
Contro l’avviso di accertamento e la cartella di pagamento la società C.S. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Benevento, che lo accoglieva parzialmente con sentenza n. 448 del 2010.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello e la società si costituiva proponendo appello incidentale. Con sentenza del 24.10.2012 la Commissione tributaria regionale rigettava entrambi gli appelli.
Contro la sentenza della Commissione tributaria regionale l’Agenzia delle Entrate propone cinque motivi di ricorso per cassazione.
C.S. srl resiste con controricorso chiedendo di dichiarare inammissibile o infondato il ricorso della Agenzia delle Entrate.
Ragioni della decisione
Il ricorso deve essere rigettato.
1. Primo motivo:”violazione dell’art. 36 comma 2 n. 4 decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 -Violazione dell’art. 26 d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 2697 cod.civ., in relazione all’art. 360 n.4 cod.proc.civ.”, in quanto la motivazione con la quale la Commissione tributaria regionale ha ritenuto legittima l’emissione delle due note di credito disconosciute dall’Ufficio “risulta meramente apparente, in realtà inesistente”.
Il motivo è infondato. La nullità della sentenza per mancanza della motivazione prescritta dall’art. 36 comma 2 n. 4 decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546, intesa quale requisito indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell’atto (giustificazione razionale della decisione) ai sensi dell’art. 156 comma 2 cod.proc.civ., può essere pronunciata esclusivamente nel caso di mancanza grafica della motivazione, ovvero nel caso di motivazione meramente apparente, ravvisabile qualora risulti impossibile individuare la ratio decidendi adottata dal giudice (in tal senso Sez. 6-5, Ordinanza n. 9745 del 18/04/2017Sez. 5, Sentenza n. 13990 del 22/09/2003). Nel caso in esame il giudice di appello ha dato conto delle ragioni della propria decisione poiché, con riferimento alle due note di credito di euro 42.369, ha affermato di condividere la motivazione del giudice di primo grado (riportata nella stessa sentenza di appello), aggiungendo che la società appellante ha provato documentalmente la sussistenza delle condizioni per la emissione delle note di variazione o note di credito.
2. Secondo motivo: “violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. per extrapetizione-violazione dell’art. 37 bis d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 1241 cod.civ. e dell’art. 6 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360 n. 3 e 4 cod.proc.civ.”, in riferimento al rilievo relativo alla omessa fatturazione per l’importo di euro 2.135.596.
Il motivo è inammissibile perché non articola alcuna censura di violazioni di legge sostanziale o processuale riferibile alla sentenza impugnata, ma svolge argomentazioni di pieno merito con richiamo diretto agli elementi di prova raccolti dai verificatori.
3. Terzo motivo: “violazione dell’art. 36 comma 2 n.4 decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 – Ulteriore violazione dell’art. 37 bis d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione agli artt. 360 n.3 e 4 cod.proc.civ.” in riferimento al rilievo relativo al recupero degli interessi passivi.
Il motivo è inammissibile. Da un lato, la ricorrente, non riportando i motivi di appello sul punto, non consente la valutazione della sussistenza di una ipotesi di motivazione meramente apparente, valevole quale violazione dell’obbligo legale di motivazione; dall’altro svolge direttamente censure di merito, contestando in questa sede la violazione dell’art. 37 bis d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, senza avere previamente indicato da quali atti risulti che l’Ufficio aveva fondato la pretesa impositiva sulla contestazione di una condotta elusiva a norma dell’art. 37 bis d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, e da dove risulti che l’applicabilità della disciplina antielusiva fosse stata devoluta all’esame del giudice di appello, posto che in nessuna parte della sentenza impugnata vi è alcun riferimento a tale istituto.
4, Quarto motivo: “violazione dell’art. 2730 cod.civ. o, in subordine dell’art. 2727 e ss cod.civ. , in relazione all’art. 360 n. 3 cod.proc.civ.” con riguardo all’annullamento del rilievo relativo alla insussistenza di passività per euro 57.333.
Il motivo è inammissibile. La ricorrente non deduce in concreto una violazione di legge ma censura la congruità della motivazione in termini non ammessi dopo la riforma dell’art. 360 primo comma n. 5 cod.proc.civ., sostituito dall’art. 54 comma 1 lett. b) d.l. n. 83 del 2012, convertito nella legge n. 134 del 2012, applicabile alle sentenze pubblicate dal 11.9.2012.
5. Quinto motivo:”violazione dell’art. 109 TUIR e degli artt. 2697 e 2727 cod.civ e ss cod.civ. – Violazione dell’art. 36 comma 2 n. 4 decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546, in relazione all’art. 360 nn.3 e 4 cod.proc.civ., nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha annullato il recupero per costo del carburante, senza tener conto del fatto che dal processo verbale di constatazione risultava la inverosimiglianza di numerose schede carburante, con la conseguenza che l’Ufficio ne aveva ritenuto la generale inaffidabilità, spettando poi alla contribuente indicare quali singole schede portassero indicazioni autentiche.
Premesso che la Commissione tributaria regionale ha rigettato il motivo di appello “non essendo specificate, documento per documento, le irregolarità riscontrate dai verificatori”, il motivo di ricorso è inammissibile poiché richiede a questa Corte di effettuare un vaglio di merito sul contenuto e la rilevanza probatoria dei dati afferenti alle schede contabili riportati nel processo verbale di constatazione , ed è ulteriormente inammissibile poiché formula una censura sostanzialmente riconducibile ad un vizio di motivazione insufficiente, non più rilevante a seguito delle modifica all’art. 360 comma primo n. 5 introdotta dall’art. 54 comma 1 lett. b) del d.l. n. 83 del 2012, convertito nella legge n. 134 del 2012 (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 – 01).
Spese liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore della resistente, liquidate in euro settemila oltre spese generali nella misura forfettaria del 15% ed accessori di legge.
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