CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 gennaio 2018, n. 1775
Infortunio mortale – Rendita ai superstiti – Vivenza a carico del de cuius – Non sussiste – Ricorso inammissibile – Valutazione degli elementi di prova ed apprezzamento dei fatti – Libero convincimento del giudice di merito
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 7.7.2011, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato la statuizione di primo grado che aveva rigettato la domanda di R.D. e A.M. volta a conseguire la rendita ai superstiti pretesa in relazione all’infortunio mortale occorso al loro figlio, A.D.;
che avverso tale pronuncia R.D. e A.M. hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura; che l’INAIL ha resistito con controricorso, illustrato da memoria;
Considerato in diritto
che, con l’unico motivo di censura, i ricorrenti lamentano omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, in relazione agli artt. 85 e 106, T.U. n. 1124/1965, 2727 e 2697 c.c., per avere la Corte territoriale escluso che fosse stato in specie dimostrato che essi vivevano a carico del figlio deceduto, nel senso che costui contribuiva in modo efficiente al loro sostentamento; che costituisce orientamento consolidato di questa Corte il principio secondo cui in tanto si può censurare una sentenza di merito di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo ex art. 360 n. 5 c.p.c. (nel testo risultante dalla modifica apportata dall’art. 2, d.lgs. n. 40/2006, e anteriore alla novella di cui all’art. 54, d.l. n. 83/2012, conv. con I. n. 134/2012) in quanto il fatto su cui la motivazione è stata omessa o è stata resa in modo insufficiente o contraddittorio sia autonomamente decisivo, ossia potenzialmente tale da portare la controversia ad una soluzione diversa, l’indagine di questa Corte dovendo spingersi fino a stabilire se in concreto sussista codesta sua efficacia potenziale (cfr. da ult. Cass. n. 7916 del 2017); che nella specie i ricorrenti non hanno addotto alcun fatto la cui considerazione da parte del giudice avrebbe di per sé condotto ad un diverso e a sé favorevole giudizio, limitandosi a evidenziare una serie di circostanze meramente indiziarie risultanti da documentazione acquisita agli atti (e precisamente lo stato di famiglia, la certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate da cui risulta che essi non hanno prodotto redditi e le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà attestanti la loro vivenza a carico del de cuius) che non potrebbero non essere valutate comparativamente con le altre che la Corte territoriale ha valorizzato ai fini del decidere (ciò che, peraltro, la Corte ha debitamente fatto alle pagg. 2-3 della sentenza impugnata, sia pur pervenendo a conclusioni non condivise dai ricorrenti);
che, anche prima della modifica apportata all’art. 360 n. 5 c.p.c. dall’art. 54, d.l. n. 83/2012, cit., la censura di vizio di motivazione non può essere volta a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte, né per suo tramite si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento (cfr. da ult. ancora Cass. n. 7916 del 2017, cit.);
che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile; che i ricorrenti non vanno condannati alla rifusione delle spese di lite, essendo stata la ricorrenza dei presupposti per l’applicabilità dell’art. 152 att. c.p.c. acclarata nel corso del giudizio di appello (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
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