CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 maggio 2017, n. 13046
Tributi – Irpeg, Iva e Irap -Avviso di accertamento – Recupero a tassazione – Costi non deducibili
Rilevato
che l’Agenzia delle entrate ricorre, con due motivi, nei confronti della società Linea Catering S.r.l. (che non ha svolto difese nella presente sede), avverso la sentenza in epigrafe con la quale la C.T.R. della Campania ha rigettato l’appello dell’Ufficio ritenendo, conformemente alla decisione di primo grado, illegittimo l’avviso di accertamento emesso per il recupero a tassazione, a fini Irpeg, Iva e Irap per l’anno 2003, di costi ritenuti non deducibili perché non inerenti o non di competenza dell’anno in questione;
considerato che, con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ., lamentando la mancanza di una valutazione critica dei motivi d’appello e l’assenza di alcuna indicazione del percorso logico seguito per le determinazioni assunte;
che con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 108 e 109 t.u.i.r., in relazione all’art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., formulando il seguente quesito di diritto: “dica la Corte se è vero che, ai sensi dell’art. 109, in combinato disposto con l’art. 108 t.u.i.r., le spese per viaggi commerciali, consulenza informatica, rappresentanza, ammortamento costruzioni leggere, non sono deducibili da parte di una società che ha ad oggetto attività di commercio di prodotti surgelati che non ha fornito alcuna documentazione in merito a tali spese e se, pertanto, ha errato la C.T.R. nel ritenere il contrario nel caso de quo e nell’applicare in particolare il principio di cassa al posto del principio di competenza per i costi di lavoro dipendente”;
considerato
che entrambi i motivi sono inammissibili per violazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile alla fattispecie ratione temporis per essere stata la sentenza impugnata depositata il 22/5/2009, e quindi prima del 4/7/2009, data dalla quale opera la successiva abrogazione della norma indicata, disposta dall’art. 47, comma 1, lett. d), legge 18 giugno 2009, n. 69 (cfr. ex multis Cass. Sez. U. 28/09/2007, n. 20360; Cass. 19/11/2014, n. 24597);
che la ricorrente ha infatti del tutto omesso, in relazione al primo motivo (vizio di motivazione ex art. 360 comma primo n. 5, cod. proc. civ.), la formulazione del c.d. momento di sintesi per il quale è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso — in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria — ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione;
che il quesito di diritto, poi, di cui al secondo motivo, si appalesa inidoneo ad assolvere la precipua funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale (v. Cass. 19/11/2010, n. 23448); manca in particolare un riferimento compiuto alle peculiarità del caso specifico necessario al fine di comprendere la pertinenza e la decisività dei principi che si chiede siano enunciati: essi stessi del resto a ben vedere mancanti o comunque formulati in maniera del tutto generica attraverso la mera proposizione di astratti quesiti, in relazione ai quali — piuttosto che individuarsi la diversa o incompatibile regula iuris che sarebbe stata applicata in sentenza e l’errore in cui pertanto essa sarebbe incorsa — si richiede sostanzialmente un nuovo esame nel merito della controversia, ovviamente non consentito in questa sede;
che al riguardo occorre rammentare che una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede che, con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso, la parte — dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed averne indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso — esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto, formulato in modo tale da circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (Cass. Sez. U. 26/03/2007, n. 7258); è perciò inammissibile il motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (Cass. Sez. U. 11/03/2008, n. 6420; Cass. 20/06/2008, n. 16941); come è parimenti inammissibile il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei singoli motivi sia accompagnata dalla formulazione di un quesito di diritto che si risolve in una tautologia o in un interrogativo circolare, che già presuppone la risposta ovvero la cui risposta non consenta di risolvere il caso sub iudice (Cass. Sez. U. 02/12/2008, n. 28536Rv. 605848);
che il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile; considerato che, non avendo l’intimata svolto difese nella presente sede, non v’è luogo a provvedere in ordine alla regolamento delle spese.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
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