CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 maggio 2017, n. 13050
Tributi – Accertamento – Processo tributario – Litisconsorzio – Rettifica delle dichiarazioni dei redditi – Sanzioni
Fatti di causa
1. La N.O. s.n.c. e i soci M.N. e O.M.N. propongono separati ricorsi per cassazione, ciascuno sulla base di sei motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che in tutti i procedimenti resiste con controricorso, avverso le sentenze in epigrafe, con le quali la C.T.R. della Sicilia, accogliendo gli appelli dell’Ufficio, ha affermato la legittimità degli avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate, Ufficio di Palermo 3, per l’anno di imposta 2004, sulla scorta di p.v.c. della Guardia di Finanza redatto e notificato in data 15 aprile 2005, aveva determinato: a) nei confronti della società maggiori imposte Iva e Irap e irrogato sanzioni, in conseguenza della operata rettifica, sulla base di p.v.c., del valore della produzione e del volume d’affari; b) nei confronti di ciascuno dei due soci, maggiori imposte Irpef, addizionali regionali e comunali, in ragione della conseguente rettifica del reddito di partecipazione.
Ragioni della decisione
1. Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi tutti sopra indicati a quello recante il più antico numero di ruolo, sussistendone i presupposti attesa l’unicità sostanziale della controversia e della decisione impugnata e versando, peraltro, i ricorrenti tutti in situazione di litisconsorzio necessario, sul piano sostanziale, in relazione all’oggetto del contendere.
2. Con il primo dei sei motivi proposti, in termini perfettamente sovrapponibili in ciascuno dei tre ricorsi, i contribuenti denunciano nullità del procedimento per difetto di integrità del contraddittorio, in relazione all’art. 360, comma primo, num. 4, cod. proc. civ., per avere la Commissione regionale separatamente trattato e deciso le controversie nascenti dalla impugnazione degli avvisi di accertamento, senza disporre la riunione dei procedimenti, né l’integrazione del contraddittorio in ciascuno di essi.
Il motivo è fondato, con conseguente assorbimento di tutti i rimanenti.
Come testè evidenziato e secondo orientamento consolidato, a partire dall’arresto di Cass. Sez. U. 04/06/2008, n. 14815, «in materia tributaria l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comportano che il ricorso tributario proposto anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci — salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali —, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario».
Siffatto principio è applicabile anche nel caso di specie ove l’operata rettifica — che, come detto, riguarda il valore della produzione e il volume d’affari della società N.O. s.n.c. e, di riflesso, i redditi di partecipazione dei singoli soci — è posta a fondamento, per lo stesso anno 2004, di maggiori pretese impositive per Irap, Irpef e Iva.
Mette conto al riguardo evidenziare infatti che, come già precisato da questa Corte, «l’Irap è imposta assimilabile all’Ilor, in quanto essa ha carattere reale, non è deducibile dalle imposte sui redditi ed è proporzionale, potendosi, altresì, trarre profili comuni alle due imposte dal d.lgs. n. 446 del 1997, art. 17, comma 1, e art. 44. Ne consegue che, essendo l’Irap imputata per trasparenza ai soci, ai sensi del d.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, sussiste il litisconsorzio necessario dei soci medesimi nel giudizio di accertamento dell’Irap dovuta dalla società» (Cass. Sez. U, n. 10145 del 2012). È vero, inoltre, che, come statuito da questa Corte, «l’accertamento di maggior imponibile Iva a carico di una società di persone, se autonomamente operato, non determina, in caso di impugnazione, la necessità del simultaneus processus nei confronti dei soci e, quindi, un litisconsorzio necessario, mancando un meccanismo analogo a quello previsto dal combinato disposto di cui al d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 40, comma 2, e d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, di unicità di accertamento ed automatica imputazione dei redditi della società ai soci in proporzione alla partecipazione agli utili, con connessa comunanza di base imponibile tra i tributi a carico della società e dei soci» (Cass. 12236/2010); tuttavia, qualora l’Agenzia abbia contestualmente proceduto, con unico atto, come nel caso in questione, ad accertamenti Irap ed Iva a carico di una società di persone, fondati su elementi comuni, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile Iva, ove non suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici (come nella specie), non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus, attesa l’inscindibilità delle due situazioni (in senso conforme, v. Cass. n. 16607 del 2015 e, sia pur con riferimento ad avviso di accertamento per Iva ed Ilor, Cass. n. 12236 del 2010).
Ricorrendo l’ipotesi descritta il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n. 546 del 1992, ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile — anche d’ufficio — in ogni stato e grado del procedimento (Cass. Sez. U, n. 14815 del 2008; conf., e pluribus, Cass., sent. n. 1047 del 2013, n. 13073 e n. 23096 del 2012).
Pertanto, ove in sede di legittimità venga rilevata una violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal collegio di primo grado (che avrebbe dovuto disporre immediatamente l’integrazione del contraddittorio, ovvero riunire i processi in ipotesi instaurati dai litisconsorti necessari, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 29), né dal collegio d’appello (che avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ai fini dell’integrazione del contraddittorio con tutti i soci della società contribuente, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 59, comma 1, lett. b, in modo da assicurare un processo unitario per tutti i soggetti interessati), deve disporsi, anche d’ufficio, l’annullamento delle pronunce emesse a contraddittorio non integro, con rinvio della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 383 ult. co . cod. proc. civ. (Cass., Sez. U, n. 3678 del 2009; conf. Cass. n. 12547 e n. 7212 del 2015, n. 18127 del 2013, n. 5063 del 2010, n. 138825 del 2007).
4. In tal senso deve disporsi per la controversia in oggetto, concernente appunto gli elementi comuni delle fattispecie costitutive delle obbligazioni dedotte negli atti autoritativi impugnati, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario e relativa necessità di integrazione.
L’esigenza sostanziale del simultaneus processus non può invero ritenersi soddisfatta nel caso in esame, nemmeno nella prospettiva affermata da Cass. 18/02/2010, n. 3830 [secondo cui «nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: (1) identità oggettiva quanto a causa petendi dei ricorsi; (2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; (3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; (4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici. In tal caso, la ricomposizione dell’unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111, secondo comma, Cost. e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalità superflue, perché non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio» (Conf. Cass. 29/01/2014, n. 2014; Cass. 29/10/2010, n. 22122; Cass. 09/07/2010, n. 16223; v. anche, Cass. 10/02/2010, n. 2907)].
Ed invero, il requisito di cui alla lett. c) (simultanea trattazione dei processi innanzi ad entrambi i giudici di merito) nella specie non può considerarsi integrato, risultando il giudizio di primo grado relativo al ricorso proposto da Niceta Onofrio Marcello trattato e deciso in udienza e davanti a collegio diversi da quelli dei ricorsi proposti rispettivamente dall’altro socio e dalla società.
Dichiarata la nullità dei giudizi, le sentenze impugnate vanno pertanto cassate con rinvio al giudice di primo grado.
Sussistono giusti motivi, anche in considerazione dell’epoca di proposizione del ricorso rispetto al formarsi della citata giurisprudenza, per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Riunisce, al ricorso iscritto al n. 7282/11 R.G., quelli iscritti al n. 7284/11 e 9421/11 R.G.; accoglie il primo motivo dei ricorsi; dichiara assorbiti i rimanenti; cassa le sentenze; dichiara la nullità dei giudizi e rinvia la causa alla Commissione tributaria provinciale di Palermo.