CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 maggio 2017, n. 13054
Tributi – Accertamento – Riscossione – Studi di settore – Difformità percentuale di ricarico applicata
Rilevato che G.G. ricorre con tre mezzi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza in epigrafe con la quale la C.T.R. della Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha rigettato l’appello da essa proposto, ritenendo legittimo l’avviso di accertamento nei suoi confronti emesso per il recupero a tassazione, a fini Irpef, Iva e Irap per l’anno 2004, di maggiori ricavi induttivamente determinati ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, applicando, sul costo del venduto, la percentuale di ricarico media propria del settore e dell’ambito territoriale di competenza, pari al 162%, in luogo di quella del 133% applicata dalla contribuente;
che la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ.;
considerato che con il primo motivo di ricorso la contribuente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39, comma primo, lett. d), d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. avallato un accertamento induttivo, condotto sulla sola base della percentuale di ricarico determinata nell’ambito del territorio di competenza, senza considerare che, per l’anno di riferimento (2004), erano già in vigore gli studi di settore, strumento presuntivo generale e più recente ai cui indici essa contribuente si era adeguata dichiarando il ricavo minimo ritenuto congruo in base agli stessi, e, sotto altro profilo, per avere posto a base dell’accertamento detta percentuale media di ricarico, di per sé solo inidonea a costituire idoneo fondamento presuntivo; che con il secondo motivo la ricorrente denuncia altresì insufficiente motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ., per avere la Commissione regionale omesso di spiegare le ragioni per cui il solo scostamento dalla percentuale media di ricarico applicata nel settore possa giustificare l’accertamento induttivo e per avere altresì fatto riferimento a un parametro, l’entità del reddito, diverso da quello considerato dalla norma;
che quest’ultimo rilievo è posto a fondamento anche del terzo motivo di ricorso, con il quale la contribuente denuncia ancora violazione dell’art. 39, comma primo, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973;
ritenuto che è fondato il secondo motivo di ricorso nella parte, di rilievo preliminare e assorbente, in cui denuncia insufficienza della motivazione per avere i giudici d’appello considerato sufficiente a fondare la presunzione di maggiori ricavi non dichiarati il solo scostamento tra la percentuale di ricarico applicata e quella media del settore;
che, invero, secondo costante indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, in tema di accertamento delle imposte ed in presenza di una contabilità regolarmente tenuta, l’accertamento dei maggiori ricavi d’impresa può essere affidato alla considerazione della difformità della percentuale di ricarico applicata dal contribuente rispetto a quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza soltanto se essa raggiunga livelli di abnormità ed irragionevolezza tali da privare, appunto, la documentazione contabile di ogni attendibilità; diversamente, siffatta difformità rimane sul piano del mero indizio, ove si consideri che gli indici elaborati per un determinato settore merceologico, pur basati su criteri statistici, non integrano un fatto noto e certo e non sono idonei, da soli, ad integrare una prova per presunzioni (Cass. 09/12/2013, n. 27488; Cass. 24/09/2010, n. 20201; Cass. 05/12/2005, n. 26388; Cass. 14/04/2003, n. 5870);
che, nel caso di specie, l’esistenza di un siffatto livello di «abnormità e irragionevolezza» non viene affermata, né tantomeno giustificata, nella sentenza impugnata, giustificazione tanto più necessaria a fronte di un dato aritmetico che di per sé oggettivamente non evidenzia uno scostamento tra ricarico applicato (133%) e ricarico medio (162%) di rilevanti proporzioni;
che in accoglimento di tale censura la sentenza va pertanto cassata, con rinvio al giudice a quo, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità, rimanendo assorbito l’esame dei restanti motivi di ricorso;
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione; dichiara assorbiti il primo e il terzo motivo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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