CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 maggio 2017, n. 13063
Tributi – ICI – Area edificabile – Vincoli di rispetto cimiteriale ed espropriativi di “standard comunale per verde pubblico ed attrezzature” – Irrilevanza
Rilevato
che la Commissione tributaria regionale della Lombardia, con sentenza n. 91/6/13, depositata il 2/7/2013, ha rigettato – per quanto qui d’interesse – l’appello proposto dal Comune di Sulbiate, avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso di I.B., avente ad oggetto impugnazione dell’avviso di liquidazione “in rettifica” dell’imposta comunale sugli immobili (Ici), per l’annualità 2005, riguardante area risultante dal P.R.G. in “zona F. standard comunale per il verde pubblico e attrezzature”; che per il Giudice di appello “il terreno in questione, pur non essendo agricolo, nel periodo considerato, presentava una potenzialità edificatoria pressoché nulla sussistendo sullo stesso vincoli di rispetto cimiteriale ed espropriativi di <standard comunale per verde pubblico ed attrezzature > che, di fatto, impediscono ogni valorizzazione diversa da quella di area agricola”;
che propone ricorso per cassazione il Comune, sulla base di un unico motivo, cui resiste con controricorso la contribuente;
Considerato
che il Comune deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 504 del 1992, giacché la CTR ha affermato che l’area in questione aveva una edificabilità pressoché nulla, cosa che ne escludeva l’assoggettamento ad imposizione, senza considerare che secondo la richiamata disposizione hanno fiscalmente rilevanza anche le aree per le quali sussistono “possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità” sicché anche le aree standard, ossia quelle destinate alla creazione di opere di urbanizzazione, sono assoggettabili ad Ici, essendo irrilevante nella specie la presenza dei vincoli cimiteriali, i quali impediscono l’edificazione ma non la costruzione di opere di urbanizzazione, quali aree verdi, parcheggi e strade;
che la questione posta dalla ricorrente può essere agevolmente risolta alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, da ultimo confermato con la sentenza n. 23814/2016, la quale ha affermato il principio, in tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), secondo cui « l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico incide senz’altro nella determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, ma non ne esclude l’oggettivo carattere edificabile ex art. 2 del D.Lgs. n. 504 del 1992, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione che non fanno venir meno l’originaria natura edificabile >>;
che detto principio, afferente alla qualificazione come area fabbricabile di un’area sottoposta a vincolo di destinazione, reitera quanto già affermato con la sentenza n. 14763/2015, secondo cui la specifica destinazione dell’area e la sua inclusione del Piano Regolatore Generale come “zona destinata a servizi pubblici o di interesse pubblico” incide senz’altro nella determinazione del valore venale dell’immobile, ma non esclude il carattere oggettivo di area edificabile secondo lo strumento urbanistico generale e l’appartenenza alla predetta categoria in base all’art. 2 del D.Lgs. n. 504 del 1992;
che, infatti, l’edificabilità di un’area dipende dalla sua inclusione come tale nel PRG, condizione necessaria e sufficiente per la sua assoggettabilità all’ICI, ed i vincoli di inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva, devono tenersi distinti dai vincoli di destinazione (nella specie per la realizzazione di attrezzature o impianti di interesse pubblico quali parcheggi, verde pubblico, servizi sociali ed altro) che non fanno venir meno la originaria natura edificabile dell’area secondo il Piano regolatore generale;
che, peraltro, la Corte ha avuto occasione di chiarire, con la sentenza n. 5161/2014, sempre in tema di ICI, che a seguito dell’entrata in vigore dell’art.11 quaterdecies, comma 16, del D.L. n. 203 del 2005, convertito con modificazioni nella L. n. 248 del 2005, e dell’art. 36, comma 2, del D.L. n. 223 del 2006, convertito con modificazioni dalla L. n. 248 del 2006, che hanno fornito l’interpretazione autentica dell’art. 2, comma 1, del D.Lgs n. 504 del 1992, l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel Piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi;
che, dunque, la CTR ha erroneamente ritenuto che, per stabilire la natura del terreno non si può fare riferimento al criterio della “mera potenzialità edificatoria”, e perciò della concreta appetibilità del suolo, ancorché il piano regolatore adottato costituisce un elemento già fiscalmente valutabile, fatta salva la possibilità di tenere conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle potenzialità edificatorie e della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione, in quanto elementi incidenti sul valore del bene in comune commercio, giacché la destinazione edificatoria rappresenta una qualità percepita dalla generalità dei consociati per acquisita e difficilmente reversibile, con conseguente inapplicabilità del diverso criterio di valutazione invocato dalla contribuente;
che, pertanto, la presenza dei vincoli sull’area in questione non sottrae la stessa sic et simpliciter al regime fiscale proprio dei suoli edificabili, potendo incidere sulla concreta valutazione del relativo valore venale e, conseguentemente, sulla base imponibile (Cass. n. 2008/9510; n. 2010/9778; n. 2014/5161), accertamento che attiene allo stretto merito della controversia;
che, conseguentemente, il ricorso deve essere accolto, cassata la sentenza impugnata e rinviata la causa, per nuovo esame, alla medesima CTR, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio;
che atteso il tenore della decisione, che è di accoglimento, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al comma 1- quater all’art. 13 del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato — Legge di stabilità 2013);
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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