CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 novembre 2017, n. 28110
Lavoratore agricolo a tempo indeterminato – Indennità di disoccupazione agricola – Mancanza del requisito contributivo nel biennio anteriore alla cessazione – Indennità di disoccupazione ordinaria non agricola – Contributi assicurativi confluiti nella gestione agricola – Protezione contro lo stato di disoccupazione dei lavoratori agricoli a tempo indeterminato
Ritenuto in fatto
1. – La Corte d’Appello di Brescia con sentenza n. 159/2012 ha rigettato l’appello proposto da M.M. e M.A. – lavoratori agricoli a tempo indeterminato dal 1992 al 2008, licenziati il 31 dicembre del 2008 – avverso la sentenza del tribunale di Mantova che aveva respinto la loro domanda intesa ad ottenere l’indennità di disoccupazione per l’anno 2009.
2. – A fondamento della pronuncia, ribadendo le ragioni della decisione presa in primo grado, la Corte d’Appello sosteneva, anzitutto, che non fosse rilevante la questione di legittimità costituzionale della disciplina dell’indennità di disoccupazione agricola (art. 32 comma 1° comma legge 264/49) denunciata in subordine in ricorso, in quanto i medesimi ricorrenti – i quali avevano presentato domanda di indennità di disoccupazione agricola rigettata dall’INPS per mancanza del requisito contributivo nel biennio anteriore alla cessazione del rapporto – avevano precisato di non aver diritto alla indennità di disoccupazione agricola perché non iscritti negli appositi elenchi, con ciò acquietandosi del diniego dell’INPS che non era stato mai impugnato nella causa, nella quale essi avevano domandato esclusivamente il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione non agricola.
3. La Corte d’Appello riaffermava, inoltre, che i ricorrenti non avessero diritto all’indennità di disoccupazione ordinaria non agricola, in quanto i contributi assicurativi per essi versati erano confluiti nella gestione agricola e non in quella per il lavoro non agricolo; e nel “sistema chiuso” gestito dall’Inps non esisteva la possibilità di accedere all’indennità di disoccupazione ordinaria se non risultassero versati contributi nella gestione corrispondente; come confermava l’articolo 3 del d.p.r. 1049/70 che, regolando il caso dei lavoratori addetti in modo promiscuo ad attività agricola o non agricola, prevede l’erogazione della prestazione relativa alla gestione ove siano stati versati contributi in numero prevalente; e nel caso di specie era pacifico che nel biennio precedente alla disoccupazione entrambi i lavoratori non avessero versato alcun contributo nella gestione non agricola.
4. Contro la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i due lavoratori con due motivi di censura.
5. – Col primo motivo hanno dedotto la violazione dell’art. 24 legge 88/1989 avendo i giudici di merito errato a sostenere che i contributi versati fossero destinati esclusivamente al finanziamento della disoccupazione agricola e che perciò non fossero essi muniti dei requisiti assicurativi per ottenere l’indennità di disoccupazione non agricola, in quanto tutti i contributi versati confluiscono in base alla norma citata nell’unica gestione che presiede all’erogazione delle “prestazione previdenziali a carattere temporaneo” (la cui unicità era stata affermata anche da questa Corte di Cassazione con sentenza n. 27914/2005).
6. – Col secondo motivo i ricorrenti lamentano “la violazione a carattere processuale” consistente nella mancata disamina e conseguente mancata pronuncia da parte dei giudici di merito della domanda articolata in via subordinata, tanto nel ricorso in primo grado che in appello, con la quale essi richiedevano il riconoscimento della indennità di disoccupazione agricola (pag. 1 e 2 ricorso in primo grado), previa rimessione alla Corte Costituzionale della questione di costituzionalità dell’articolo 32, comma 1, lettera a) della legge n. 264 del 29/4/1949 e successive modificazioni, che reiteravano anche nel ricorso per cassazione. I giudici del merito avevano errato sul punto poiché, nel momento in cui avevano negato il loro diritto all’indennità di disoccupazione ordinaria per il fatto che i contributi versati fossero confluiti nella gestione agricola, avrebbero dovuto esaminare la domanda di indennità di disoccupazione agricola dispiegata in via subordinata (in relazione alla quale chiedevano appunto pregiudizialmente la pronuncia della Corte Costituzionale); essendo unico il bene della vita da essi richiesto in giudizio, con l’azione volta ad ottenere una protezione indennitaria contro il loro stato di disoccupazione involontaria.
7. – L’Inps ha resistito con controricorso; ed ha eccepito, quanto al primo motivo, che i ricorrenti non potessero godere della disoccupazione non agricola, non avendo nel biennio anteriore alla cessazione del loro rapporto lavorativo il requisito di 52 contributi settimanali versati nella apposita gestione della disoccupazione ordinaria; e che allo scopo non potessero utilizzarsi quelli versati nella gestione assicurativa agricola, che è speciale e del tutto distinta da quella degli altri lavoratori dipendenti ed autonomi. Quanto al secondo motivo, l’Inps ha eccepito l’irrilevanza della questione di costituzionalità, ribadendo quanto affermato dai giudici nei pregressi gradi di merito, ovvero che non fosse stata proposta in giudizio alcuna domanda di riconoscimento di disoccupazione agricola.
8. – In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c. nella quale hanno insistito delle rispettive tesi e richiamato entrambe la sentenza della Corte Costituzionale n. 194/2017. Nella stessa memoria l’INPS ha pure chiarito che ai ricorrenti, in quanto lavoratori agricoli a tempo indeterminato licenziati il 31 dicembre dell’anno, “non può essere erogata alcuna indennità di disoccupazione agricola, in quanto – secondo la legislazione che regola la prestazione di disoccupazione nel settore agricolo – non residuano giornate indennizzabili”. Per l’INPS, pertanto, i ricorrenti non potrebbero godere di alcuna protezione contro la disoccupazione come avrebbe confermato la stessa sentenza n. 194/2017 della Corte Cost.
Considerato in diritto
1. A giudizio del collegio, ai fini della decisione sui motivi di ricorso, risulta preliminare la questione di costituzionalità dell’art.32 co. 1 lett. a) della I. 29 aprile 1949 n. 264 e dell’articolo 1, comma 55 della legge 24 dicembre 2007, n. 247.
2. L’art. 32, 1 c. I. 264/1949 stabilisce: “L’obbligo dell’assicurazione contro la disoccupazione è esteso: a) ai lavoratori agricoli che prestano la loro opera retribuita alle altrui dipendenze, limitatamente alle categorie dei salariati fissi ed assimilati, obbligati e braccianti fissi, giornalieri di campagna, piccoli coloni e compartecipanti familiari e individuali, anche se in via sussidiaria esercitano un’attività agricola in proprio; agli stessi spetta l’indennità di disoccupazione qualora risultino iscritti negli elenchi di cui all’articolo 12 del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949, e successive modificazioni, per almeno un anno oltre che per quello per il quale è richiesta l’indennità, ed abbiano conseguito nell’anno per il quale è richiesta l’indennità e nell’anno precedente un accredito complessivo di almeno 102 contributi giornalieri. La durata della corresponsione dell’indennità di disoccupazione è pari, per i lavoratori agricoli predetti, alla differenza tra il numero di 270 ed il numero delle giornate di effettiva occupazione prestate nell’anno comprese quelle per attività agricole in proprio o coperte da indennità di malattie, infortunio, maternità, e sino ad un massimo di 180 giornate annue”.
Pertanto,, in base alla normali lavoratori agricoli a tempo indeterminato, parificati per legge ai salariati fissi (art. 12 decreto legislativo 11/08/1993 n. 375), spetta un’indennità di disoccupazione pari alla differenza tra le giornate lavorate ed il numero di 270 (col limite massimo di 180). A chi ha lavorato per un periodo di tempo superiore non spetta nessuna indennità di disoccupazione agricola. Né la norma estende ai medesimi lavoratori a tempo indeterminato il trattamento ordinario di disoccupazione, ancora regolato all’epoca dei fatti di causa, nei principi fondamentali, dai R.D.L. 2270/1924 e 1827/1935 e successive modificazioni ed integrazioni.
3. – L’articolo 1 comma 55 della legge 24 dicembre 2007, n. 247 stabilisce: “Per gli operai agricoli a tempo determinato e le figure equiparate, l’importo giornaliero dell’indennità ordinaria di disoccupazione di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto – legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e successive modifiche e integrazioni, nonché dei trattamenti speciali di cui all’articolo 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457, e all’articolo 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, è fissato con riferimento ai trattamenti aventi decorrenza dal 1° gennaio 2008 nella misura del 40 per cento della retribuzione indicata all’articolo 1 del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, ed è corrisposto per il numero di giornate di iscrizione negli elenchi nominativi, entro il limite di 365 giornate del parametro annuo di riferimento”.
In base a questa norma al lavoratore agricolo a tempo determinato che dovesse superare il tetto delle 270 giornate e perdere il lavoro in prossimità della fine dell’anno, spetta comunque l’indennità di disoccupazione per un numero di giornate pari a quelle lavorate (ovvero di iscrizione negli elenchi nominativi che ha valore soltanto probatorio del lavoro svolto, Cass. S.U. 1133/2000), entro il limite di 365 giornate.
4. Rileva altresì ricordare – all’interno dell’articolata produzione normativa che si è succeduta nel settore – che lo stesso limite delle 270 giornate fosse stato già superato (come pure riconosce l’INPS nella circolare n.139 del 20.6.1988), per l’anno 1988, ma con riferimento a tutti i lavoratori agricoli (a tempo determinato ed indeterminato), dal 4° comma dell’art. 7 d.l. 86/88 conv. in legge 160/1988 che prevedeva: “Per i lavoratori agricoli che hanno conseguito il diritto alla indennità ordinaria di disoccupazione e non quello relativo ai trattamenti speciali di disoccupazione, il trattamento di cui al comma 1 è corrisposto per un numero di giornate pari a quelle lavorate nel 1987”.
In base a questa norma, anche i lavoratori a tempo indeterminato avrebbero avuto diritto all’indennità ordinaria di disoccupazione oltre il tetto di 270 giornate, come i lavoratori a tempo determinato. La norma non risulta prorogata e non è più in vigore.
5. – La questione di illegittimità costituzionale che viene ora sollevata, in relazione alla disciplina dell’indennità di disoccupazione agricola e non agricola, risulta anzitutto rilevante nella causa, posto che, anche alla luce delle premesse in fatto, del ricorso per cassazione e della stessa sentenza impugnata, deve ritenersi che i ricorrenti abbiano proposto in giudizio due domande, chiedendo il riconoscimento di uno dei trattamenti (disoccupazione ordinaria o disoccupazione agricola) previsti dall’ordinamento per la protezione contro lo stato di disoccupazione involontaria; le due domande proposte in giudizio (in via principale ed in subordine, previa questione di costituzionalità delle norme che regolano quella agricola) mostrano, nella loro intima connessione logica e giuridica, che lo scopo del procedimento istaurato dai lavoratori fosse di ottenere una delle protezioni previste contro il loro stato di disoccupazione involontaria, dovendo le domande essere interpretate alla luce del bene della vita il cui conseguimento muove al giudizio e senza necessità di adottare formule sacramentali. Non rileva pertanto che nelle conclusioni rassegnate nel ricorso introduttivo non fosse esplicitamente contenuta la richiesta di accertamento del diritto e di condanna dell’Inps al pagamento della prestazione di disoccupazione agricola dovendo ritenersi che la stessa istanza fosse implicita nella richiesta di rimessione della questione di costituzionalità dell’art. 32 comma 1° comma legge 264/49 e comunque presente nel contenuto complessivo del ricorso.
6. – Ciò posto deve ritenersi che la questione di costituzionalità delle norme sopra indicate sia altresì non manifestamente infondata alla stregua delle seguenti osservazioni.
Secondo una risalente linea di demarcazione prevista nell’ordinamento i due sistemi assicurativi contro la disoccupazione (ordinaria ed agricola) non configurano sistemi complementari, tale per cui possa operare l’uno dove non arrivi ad operare l’altro. Quello contro la disoccupazione agricola rappresenta infatti un sistema protettivo che presenta “aspetti peculiari rispetto alla disciplina generale” (Cass. 3167/2003), in relazione al calcolo ed alla riscossione dei contributi, all’accertamento della disoccupazione, alle modalità e tipologia di prestazioni erogate (che prescindono dalla data di inizio e dalla durata dello stato di disoccupazione). L’ordinamento in vigore non consente quindi che venga erogata l’indennità di disoccupazione ordinaria ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato; ancorché sia pure vero che, come sostenuto dai ricorrenti, ai sensi dell’art. 24 L. 9 marzo 1989, n. 88, “ogni forma di previdenza a carattere temporaneo diversa dalle pensioni sono fuse in una unica gestione che assume la denominazione di Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti” (giusto quanto affermato da Cass. n. 27914/2005).
7. – La distinzione tra i due sistemi protettivi risulta oggi positivamente stabilita dall’art. 2, 3°comma della legge 28/06/2012 n. 92 e dall’art. 2, 1 comma decreto legislativo 04/03/2015 n. 22 che parimenti escludono dall’accesso alle nuove prestazioni contro la disoccupazione ordinaria (denominate, rispettivamente, ASpI e NASpI) “gli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato”; entrambe specificando (ed il d.l.vo 22/2015 aggiungendo solo l’aggettivo “ultimi”) che per gli stessi lavoratori ” trovano applicazione le norme di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, all’articolo 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457, all’articolo 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, e all’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247″.
8. – La specificità del sistema protettivo contro la disoccupazione agricola è stata affermata pure in più occasioni dalla Corte Costituzionale (sentenze 497 del 1988, 29 del 2017, 53 e 194 del 2017), ricordando che essa emerge – secondo la sentenza 18 luglio 1996, n. 6491 delle Sezioni Unite di questa Corte – “nella predominante funzione di integrazione del reddito che si manifesta nella cesura tra il sorgere del diritto e l’erogazione nel corso dell’anno successivo e nel peculiare meccanismo di liquidazione, ancorato alle giornate di lavoro e non a quelle di disoccupazione”.
9. – La prestazione di disoccupazione agricola consiste infatti nell’erogazione, in una unica soluzione, di un’indennità nell’anno successivo a quello in cui si è verificato l’evento della cessazione del rapporto di lavoro; a prescindere dalla permanenza o meno dello stato di disoccupazione del lavoratore.
10. Ritiene questa Corte che la questione di costituzionalità delle norme sopraindicate debba essere sollevata sotto il profilo della mancanza, inadeguatezza ed irragionevolezza della tutela contro la disoccupazione riservata dall’ordinamento ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato che come i ricorrenti siano stati licenziati verso la fine dell’anno (nel caso di specie il 31 dicembre 2008), dopo aver lavorato per 270 giornate.
11. Va ribadito che viene in rilievo la disciplina normativa vigente alla data dei fatti di causa, avendo i ricorrenti chiesto l’indennità di disoccupazione per l’anno 2009 essendo stati licenziati nel 2008.
12. – Non può invece applicarsi ratione temporis la disciplina che risulta individuata dall’art. 2, 3°comma della legge 28/06/2012 n. 92 e dall’art. 2, 1 comma decreto legislativo 04/03/2015 n. 22 che – nell’escluderli dall’applicazione della nuova disciplina ordinaria – assoggettano tutti i lavoratori agricoli a tempo determinato ed a tempo indeterminato ad una medesima normativa, che deve ritenersi costituita precipuamente dal citato art. 1, comma 55 della legge 247 del 2007.
13. – Tale norma, come già detto, prevede che il numero delle giornate indennizzabili per i lavoratori a tempo determinato sia pari al numero di giornate di iscrizione negli elenchi entro il limite di 365 giornate. Essa deve ritenersi estesa dopo la legge 92/2012 anche ai lavoratori a tempo indeterminato, benché non siano per legge (art. 13 d.lgs. 375/1993) più tenuti ad iscriversi negli elenchi nominativi, rimanendo comunque assoggettati ad un controllo sulle giornate lavorate che prima era tenuto dallo SCAU ed ora è effettuato dall’INPS (si veda sul punto il messaggio INPS n. 3180 dell’1.8.2017, emanato dopo la sentenza della Corte Cost. n. 194/2017).
L’indicazione da parte del legislatore delle stesse norme applicabili indifferentemente agli operai agricoli a tempo determinato ed a quelli a tempo indeterminato, comporta – dopo la legge 92/2012 – l’applicabilità dell’art. 1 comma 55 della legge 247/2007 a tutti i lavoratori agricoli, compresi quelli a tempo indeterminato.
Le altre norme, indicate nell’art. 2,3°comma della legge 28/06/2012 n. 92 e nell’art. 2, 1 comma decreto legislativo 04/03/2015 n. 22, come riferite alla uguale regolamentazione del trattamento di disoccupazione di tutti i lavoratori agricoli, non contraddicono tale interpretazione. Infatti, l’articolo 7, comma 1, del D.L. 21/3/1988 n. 86 convertito con modificazioni dalla legge 20/5/1988 n. 160 si occupa solo dell’entità dell’indennità di disoccupazione e non rileva ai fini delle giornate indennizzabili. Gli articoli 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457 e 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, si riferiscono alle prestazioni speciali riservate agli operai a tempo determinato che hanno lavorato per più di 101 e di 151 giornate; e non rilevano quindi in relazione al trattamento ordinario dei lavoratori a tempo indeterminato.
14. – Va poi precisato che l’art. 2, 3°comma della legge 28/06/2012 n. 92 e l’art. 2, 1 comma decreto legislativo 04/03/2015 n. 22 non richiamano invece l’art.32 della legge 264/1949; e neppure richiamano il 4° comma (ma solo il 1° comma) dell’art. 7, co. 4, del D.L. 21/3/1988 n. 86 (convertito con modificazioni dalla legge 20/5/1988 n. 160).
15. – Quanto al merito della questione di costituzionalità, va osservato che la Corte Cost. ha ricollegato “la specificità della tutela contro la disoccupazione dei lavoratori agricoli” (sentenza 53/2017) “alla natura stagionale dell’attività svolta” (sentenza n.497/1988); ma ha pure affermato che essa vada misurata alla luce della protezione di cui all’art. 38 Cost. la quale postula “requisiti di effettività, tanto più che essa si collega alla tutela dei diritti fondamentali della persona sancita dall’art. 2 Cost.” (Corte 497/1988; 288/1994); evidenziando che “l’indicata specificità, peraltro, non rende meno imperiosa l’esigenza di predisporre meccanismi finalizzati a garantire la perdurante adeguatezza delle prestazioni corrisposte” (sentenza n. 288 del 1994, 53/2017)”. Inoltre ha affermato (sentenza n. 194/2017) che “la possibilità che il legislatore disciplini variamente la tutela contro la disoccupazione, al fine di adeguarla alla natura delle diverse attività lavorative (sentenza n. 160 del 1974), non esclude che le differenze di trattamento tra le varie categorie di lavoratori debbano essere «razionalmente giustificabili», in quanto fondate su «valide e sostanziali ragioni», e che la scelta compiuta dal legislatore debba «essere tale da costituire piena garanzia, per i lavoratori, al conseguimento delle previdenze alle quali hanno diritto» (sentenza n. 160 del 1974). Ne consegue che la sussistenza della discrezionalità legislativa invocata dall’INPS non esclude la necessità di verificare nel merito le scelte operate dal legislatore con riguardo al peculiare trattamento di disoccupazione previsto per i lavoratori (a tempo indeterminato) del settore agricolo”.
16. Ora, anche ad avviso di questo collegio, la specificità del sistema di protezione contro la disoccupazione agricola e la discrezionalità del legislatore in materia non può consentire, alla luce della Costituzione (artt. 3 e 38), che si arrivi alla mancanza di una qualsiasi tutela contro lo stato di disoccupazione involontaria, come accade per i lavoratori agricoli a tempo indeterminato licenziati verso la fine dell’anno. O che possa ritenersi compatibile con la Costituzione una disciplina della disoccupazione involontaria, come quella in oggetto, che appare congegnata senza tener conto delle condizioni oggettive del mercato del lavoro, del tipo di lavoro prestato e del bisogno in quanto tale (mancanza di lavoro).
17. La specialità della disciplina della disoccupazione agricola può sfuggire al controllo di costituzionalità se rimane coerente alle caratteristiche occupazionali intermittenti e di tipo stagionale proprie del settore agricolo; secondo fasi determinati dalle culture praticate e dalle condizioni metereologiche. Essa non appare invece razionale ed equa (art. 3 Cost.) quando vengono in considerazione contratti come quelli a tempo indeterminato legati a condizioni di lavoro che non hanno le caratteristiche di discontinuità che sono supposte a fondamento della specialità della stessa disciplina.
18. Vengono in rilievo attività lavorative e professionalità impiegate in settori produttivi che non sono legati a cicli stagionali, come dimostra lo stesso caso dei lavoratori ricorrenti i quali prima di essere licenziati il 31.12.2008 hanno lavorato con contratto a tempo indeterminato versando la relativa contribuzione assicurativa per 16 anni, per poi essere lasciati senza alcun ammortizzatore sociale alla fine del rapporto di lavoro.
Si tratta di lavoratori che per la loro professionalità, inerente appunto a settori non condizionati da discontinuità produttiva, potrebbero anche non trovare nessun impiego nell’anno successivo, onde sopperire alla carenza del lavoro.
E per i quali non si spiega dunque perché, davanti allo stesso spettro della disoccupazione per l’anno successivo (particolarmente visibile in questi anni di crisi economica), siano privati di qualunque tutela, benché sussista lo stato di disoccupazione involontaria al pari degli altri lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (art. 3 Cost.).
19. Va anche considerato che l’inquadramento previdenziale dei lavoratori segue la qualificazione del datore di lavoro da cui dipendono; e che secondo l’ampia nozione di impresa agricola (desumibile dall’art. 2135 c.c. e dalla I. 240/1984) è considerato lavoratore agricolo a tempo indeterminato colui che presta la propria opera presso un imprenditore che esercita una attività relativa alla coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse o anche in base (in base alla legge 240/1984) presso imprese cooperative e loro consorzi esercenti attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e zootecnici. Molte di queste attività, dunque, non sono necessariamente contraddistinte da fasi di lavoro discontinue e da cicli stagionali tali da garantire soltanto condizioni di lavoro discontinuo.
20. – Nondimeno, secondo l’ordinamento in vigore ratione temporis, i dipendenti a tempo indeterminato di tutte tali imprese, per il solo fatto di essere licenziati al 31 dicembre non percepiscono alcuna indennità di disoccupazione, secondo il meccanismo di computo dell’indennità ancorato alle 270 giornate indennizzabili, benché dal punto di vista contributivo possano aver già maturato i requisiti per ottenere la prestazione di disoccupazione comune e nonostante che i loro contributi affluiscano all’unica gestione per le prestazioni temporanee.
21. – Talché non si giustifica un sistema di indennizzo contro la disoccupazione dei lavoratori agricoli a tempo indeterminato costruito esclusivamente sulla base del meccanismo delle giornate indennizzabili (ex art. 32 l. 264/1949), in relazione alle giornate lavorate nell’anno precedente e pertanto inidoneo a dare una adeguata tutela ai lavoratori che perdono il lavoro verso la fine dell’anno; con lesione del loro diritto alla protezione secondo l’art. 38 della Costituzione il quale riconosce ai lavoratori il diritto sociale a che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di disoccupazione involontaria. Non si scorge cioè alcuna apprezzabile ragione, ex art. 3 Cost., in base alla quale il trattamento dello stato di disoccupazione di tali lavoratori – simile a quello dei lavoratori a tempo indeterminato degli altri settori – sia rapportato invece alle modalità di protezione dei lavoratori agricoli a tempo determinato per tradursi praticamente in una mancanza di tutela.
22. – Sotto diverso profilo, non si giustifica, inoltre, alla luce dell’art. 3 della Cost., il fatto che i lavoratori agricoli a tempo indeterminato in questione, non solo siano trattati in modo deteriore rispetto a tutti gli altri lavoratori a tempo indeterminato, ma che lo siano anche (almeno con riferimento al periodo di tempo che viene in rilievo nella causa) rispetto agli stessi operai agricoli a tempo determinato da cui mutuano le caratteristiche fondamentali della modulazione del sistema di protezione (le giornate indennizzabili); dato che, come si è visto, i lavoratori agricoli a tempo determinato, a parità di lavoro nell’anno, oltre il tetto di 270 giornate, godono invece di una tutela previdenziale più vasta rispetto agli stessi lavoratori a tempo indeterminato. Solo i primi hanno infatti una tutela che si è estesa con l’articolo 1, comma 55 della legge 24 dicembre 2007, n. 247 fino ad assicurare loro, immancabilmente, una integrazione nell’anno successivo del reddito percepito nell’anno precedente, qualsiasi sia il numero delle giornate lavorate fino al 31.12 (anche se avessero lavorato tutti i mesi per sei giorni alla settimana e quindi fino al massimo possibile di 312 giornate).
23. – Ora, se come osservato più volte anche dalla Corte Cost., l’indennità di disoccupazione agricola rappresenta un’integrazione del reddito percepito nell’anno precedente, non si intuisce la funzione ed il motivo di questa differenza di trattamento; che, dinanzi alla stessa data di cessazione del rapporto di lavoro a ridosso della fine dell’anno, porta un lavoratore a tempo determinato a percepire un’integrazione reddituale; mentre il lavoratore a tempo indeterminato a non percepire nessuna integrazione del reddito.
24. La Corte Costituzionale con la recente sentenza n. 194 del 2017, in relazione ad una fattispecie in cui si discuteva del computo del requisito contributivo dei 102 contributi giornalieri richiesti dall’art. 32, 1° comma legge n. 264 del 1949 nel biennio, ha riconosciuto che l’indennità di disoccupazione spetti anche ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato e che il requisito contributivo richiesto possa essere maturato anche in uno solo dei due anni che costituiscono il biennio. Non è esatto quindi che la Corte Costituzionale abbia negato l’indennità di disoccupazione agricola ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato licenziati il 31 dicembre, come afferma l’INPS in questo giudizio (richiamando quanto sostenuto nel messaggio n. 3180 dell’1.8.2017). Al contrario, l’indennità di disoccupazione spetta perché la sentenza n. 194/2017 ha correttamente individuato il meccanismo di computo del requisito contributivo ed ha poi aggiunto che ” in situazioni analoghe a quella oggetto del giudizio a quo – che sono all’origine del dubbio di legittimità costituzionale del rimettente – il lavoratore agricolo a tempo indeterminato potrà infatti ottenere l’indennità di disoccupazione agricola per l’anno «per il quale [essa] è richiesta» (nel caso del giudizio a quo, il 2013), dato che, pur in mancanza di contributi accreditati in tale anno, avendo lavorato per l’intero anno «precedente» (nel caso del giudizio a quo, il 2012), ha senz’altro conseguito, in tale solo anno, il necessario accredito «complessivo» di almeno 102 contributi giornalieri.”
25. La questione che viene qui in rilievo è quindi diversa; perché non riguarda il computo del requisito contributivo (pacificamente sussistente e non contestato in capo ai ricorrenti). Si tratta invece di garantire in concreto l’individuazione e l’erogazione di un trattamento protettivo per chi ha lavorato, nel 2008, fino alla fine dell’anno e comunque oltre le 270 giornate all’anno (limite non valevole per i lavoratori a tempo determinato). Ed allo scopo si chiede quindi la dichiarazione di incostituzionalità delle norme indicate in relazione ai parametri specificati (artt. 3 e 38 Cost.), laddove escludono (l’art. 32 n. 264/1949) che venga corrisposto ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato, in possesso dei requisiti assicurativi, il trattamento di disoccupazione ordinario riservato agli altri lavoratori a tempo indeterminato; ed, in subordine, laddove non prevedono (l’art.32 cit. e l’articolo 1, comma 55 della legge 24 dicembre 2007, n. 247) che si applichi ai medesimi lavoratori agricoli lo stesso trattamento protettivo previsto per i lavoratori agricoli a termine.
P.Q.M.
Visti gli art. 134 Cost. e la legge 11.3.1953 n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 32 co. 1 lett. a) della I. 29 aprile 1949 n. 264 e dell’articolo 1, comma 55 della legge 24 dicembre 2007, n. 247 in relazione agli artt. 3 e 38 Cost. nella parte in cui escludono la protezione contro lo stato di disoccupazione dei lavoratori agricoli a tempo indeterminato nei termini di cui ai motivi. Dispone la sospensione del giudizio in corso e l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Manda alla cancelleria di notificare la presente ordinanza alle parti del giudizio, al Presidente del Consiglio dei Ministri e di darne comunicazione al Presidente del Senato e al Presidente della Camera.
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