CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 luglio 2017, n. 18322
IVA, IRPEG ed IRAP – Avvisi di accertamento – Maggiori imposte
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per revocazione, affidato ad un motivo, nei confronti della Associazione Sportiva U.S. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Corte Suprema di Cassazione n. 10911/2015, depositata in data 27/05/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di tre avvisi di accertamento per maggiori IVA, IRPEG ed IRAP dovute in relazione agli anni d’imposta 1999, 2000 e 2001 – è stato dichiarato inammissibile il primo motivo del ricorso per cassazione (“Violazione e falsa applicazione dell’art. 148 commi 3 e 8 del TUIR”), per novità della questione (non sottoposta al giudice d’appello) e per violazione del principio di autosufficienza, non essendo stato “neppure indicato dove e quando essa sia stata prospettata nel corso dei pregressi gradi del giudizio”.
A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.
Ragioni della decisione
1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, l’errore di fatto in cui è incorsa la Corte nel non avvedersi (tenendo conto solo di quanto esposto nella narrativa, in fatto, della decisione della C.T.R. impugnata) che, nel corpo del ricorso, era stato riportato il contenuto dell’atto di appello avverso la sentenza di primo grado, dal quale emergeva la contestazione sull’illegittima applicazione dell’art.148 del TUIR,
2. La censura è inammissibile.
Anzitutto il ricorso, contrariamente a quanto eccepito dalla controricorrente, è ammissibile, anche se si conclude con la sola domanda di revocazione della sentenza di cassazione e di fissazione di “pubblica udienza ai sensi dell’art. 391 bis comma 4 c.p.c.”. Vero che questa Corte (Cass. 12816/2002, Cass. 24203/2006) ha affermato che, in tema di revocazione delle sentenze emesse dalla Corte di Cassazione, “è inammissibile il ricorso che contenga solo la domanda di revocazione della sentenza, ma non quella di decisione sull’originario ricorso attraverso la riproposizione degli argomenti in esso riportati, non essendo siffatto ricorso idoneo ad attivare la eventuale, successiva fase rescissoria”. Ma successivamente le Sezioni Unite (Cass. 13863/2015; cfr. anche S.U. 17631/2003) hanno chiarito che la domanda di revocazione della sentenza della Corte di cassazione per errore di fatto deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione del motivo della revocazione, prescritto dall’art. 398, secondo comma, cod. proc. civ., e a esposizione dei fatti di causa rilevanti, richiesta dall’art. 366, n. 3, cod. proc. civ..
Il che, nella specie, è avvenuto, avendo la ricorrente ritrascritto il contenuto del ricorso per cassazione, con indicazione dello svolgimento del processo e delle questioni controverse.
Tuttavia il ricorso è inammissibile sotto altro profilo.
L’errore revocatorio, previsto dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., deve consistere in un errore di percezione e deve avere rilevanza decisiva, oltre a rivestire i caratteri dell’assoluta evidenza e della rilevabilità sulla scorta del mero raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o documenti del giudizio, senza che si debba, perciò, ricorrere all’utilizzazione di argomentazioni induttive o a particolari indagini che impongano una ricostruzione interpretativa degli atti medesimi.
Questa Corte (Cass. 17443/2008) ha chiarito che “l’errore di fatto, quale motivo di revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395, richiamato per le sentenze della Corte di cassazione dall’art. 391-bis cod. proc. civ., deve consistere in una falsa percezione di quanto emerge dagli atti sottoposti al suo giudizio, concretatasi in una svista materiale su circostanze decisive, emergenti direttamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali”.
Questa Corte (Cass. 14608/2007; ha ritenuto che presupponendo l’errore revocatorio, in tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, “un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale, quale documentata in atti, induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione”, non è possibile configurarsi “errore revocatorio nel giudizio espresso dalla sentenza di legittimità impugnata sulla violazione del principio di autosufficienza in ordine a uno dei motivi di ricorso, per omessa indicazione e trascrizione dei documenti non ammessi dal giudice d’appello” (conf. Cass. 9835/2012).
Ora la decisione della Corte di cui è chiesta la revocazione si fonda sull’affermata novità della questione introdotta con il primo motivo dalla ricorrente Agenzia e quindi presuppone una valutazione delle risultanze processuali.
Inoltre, la questione della novità della contestazione era stata oggetto di discussione tra le parti in quanto eccepita espressamente dalla controricorrente.
3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono soccombenza.
Essendo l’amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel caso di prenotazione a debito il contributo non è versato ma prenotato a fine di consentire, in caso di condanna della controparte alla rifusione delle spese in favore del ricorrente, il recupero dello stesso in danno della parte soccombente).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 4.000,00, a titolo di compensi, oltre rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
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