CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 maggio 2017, n. 13263
Tributi – ICI – Aree fabbricabili – Determinazione base imponibile – Decadenza PRG – Irrilevanza
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.L. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:
Con sentenza n. 5144/09/15, depositata il 28 maggio 2015, non notificata, la CTR della Campania — sezione staccata di Salerno – ha accolto l’appello proposto dal sig. F. M. nei confronti del Comune di Manocalzati per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Avellino, che aveva rigettato il ricorso proposto dal contribuente avverso avviso di accertamento ICI relativo all’anno 2007 per aree fabbricabili.
La sentenza della CTR ritenne che la mancata approvazione del PRG adottato il 24 agosto 2004, decaduto per l’intervenuta scadenza del termine triennale delle norme di salvaguardia, avesse reso non operativa qualsiasi previsione di edificabilità, da cui potesse ricavarsi incremento di valore ai fini ICI.
Avverso detta pronuncia il Comune di Manocalzati ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.
L’intimato non ha svolto difese.
Con l’unico motivo parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge, lamentando che con la decisione impugnata la CTR ha errato nell’applicazione dell’art. 11 quaterdecies comma 16, del d.l. n. 203/2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 248/2005 e dell’art. 36, comma 2, del d.l. n. 223/2006, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 248/2006, che hanno fornito l’interpretazione autentica dell’art. 2, comma 1, lett. b), del d. lgs. n. 504/1992, alla stregua anche dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 30 novembre 2006, n. 25506 e ribaditi dalla successiva giurisprudenza, secondo cui l’edificabilità di un’area, ai fini della determinazione della base imponibile dell’ICI, da effettuare in base al valore venale e non a quello catastale, deve essere desunta dalla qualificazione attribuitale nel PRG adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, salva la necessità di valutare la maggiore o minore attualità delle potenzialità edificatorie dell’area.
Il motivo è manifestamente fondato.
La sentenza impugnata ha giustificato la mancata applicazione del principio di diritto sopra richiamato in ragione di una pretesa diversità della fattispecie in esame, determinata dalla sopravvenuta decadenza delle relative disposizioni del piano regolatore, che aveva ricompreso i terreni di proprietà del contribuente in zona a destinazione turistico — alberghiera, per mancata approvazione da parte della Regione nel termine triennale.
Sennonché il giudice tributario d’appello ha omesso di considerare che, ai sensi dell’art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 504/1992, per le aree fabbricabili il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno d’imposizione.
Essendo l’anno d’imposizione oggetto dell’avviso di accertamento impugnato il 2007, in relazione al quale al 1° gennaio va riferita, in virtù della succitata norma, la base imponibile dell’ICI, la CTR avrebbe dovuto verificare in ogni caso la piena vigenza a detta data delle norme di salvaguardia, essendo stato adottato il PRG il 24 agosto 2007 (si veda anche, in controversia del tutto analoga tra lo stesso Comune di Manocalzati ed altro contribuente, Cass. sez. 6-5, ord. 15 giugno 2016, n. 12377).
A ciò consegue, dunque, diversamente da quanto statuito dalla sentenza impugnata, la legittimità dell’atto impositivo alla stregua del costante indirizzo interpretativo seguito alla succitata pronuncia delle Sezioni Unite n. 25506/2006.
In accoglimento del ricorso dell’ente impositore la sentenza impugnata va dunque cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con rigetto dell’originario ricorso del contribuente.
Avuto riguardo all’andamento del giudizio, possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito, ponendosi a carico dell’intimato, secondo soccombenza, le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente.
Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito e condanna l’intimato al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 510,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, se dovuti.
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