CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 ottobre 2017, n. 25292
Tributi – Tassa di concessione governativa sui contratti di abbonamento alla telefonia mobile – Esenzione a favore delle amministrazioni dello Stato – Applicabilità agli enti locali – Esclusione
Rilevato
che la controversia promossa dall’Amministrazione Provinciale di Benevento, contro l’Agenzia delle Entrate, è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dall’ Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Benevento di accoglimento dei ricorsi proposti dall’ente avverso gli avvisi di accertamento emessi a seguito di p.v.c. della Guardia di Finanza, per omesso versamento della tassa di concessione governativa, relativamente agli anni 2003 – 2004, su contratti di abbonamento al servizio di telefonia mobile V.O., stante l’illegittimità del diniego di applicazione dell’esenzione riservata alle amministrazioni statali, ed agli enti pubblici equiparati, ex art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 165 del 2001, che il Giudice di appello, per quanto qui d’interesse, motivava l’annullamento degli impugnati “avvisi di accertamento di violazione ed irrogazione di sanzioni” con l’argomento che “le Regioni, le Province e i Comuni sono considerate appartenenti alla qualificazione di amministrazioni pubbliche e, in quanto tali, sono da considerarsi quali Enti destinatari dell’agevolazione inerente l’esenzione dal pagamento della tassa di concessione governativa sui contratti di abbonamento alla telefonia mobile”;
che il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate si articola un unico motivo, cui resiste con controricorso la provincia di Benevento;
che il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
Considerato
con il motivo d’impugnazione l’Agenzia assume la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 641 del 1972, art. 13, e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove la CTR ha ritenuto esente dal tributo in questione anche la Provincia, la quale non può essere ritenuta una amministrazione statale, cui si riferisce l’esenzione dalla tassa di concessione governativa in esame, prevista dall’art. 21, d.P.R. n. 641 del 1972, considerato che le norme di esenzione fiscale sono di stretta interpretazione, e che il richiamato art. 13, D.P.R. n. 641 del 1972, disciplinante le ipotesi di esenzione, non fa il benché minimo riferimento alla Provincia;
che la censura è fondata, e merita accoglimento, alla luce dei principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 9560/2014, secondo cui “In tema di radiofonia mobile, gli enti locali sono tenuti al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari, non estendendosi ad essi l’esenzione riconosciuta dall’art. 13 bis, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, a favore dell’Amministrazione dello Stato, trattandosi di norma di agevolazione fiscale di stretta interpretazione, e attesa, ai sensi dell’art. 1, comma 2, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, l’inesistenza di una generalizzata assimilazione tra amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità presuppone una specifica scelta (nella specie, non adottata) legislativa” (cfr. anche Cass. n. 17386/2014);
che, dunque, “Alla domanda se agli enti locali spetti l’esenzione dalle tasse di concessione governativa, tra le quali quella qui in esame si annovera, si deve rispondere negativamente in quanto, innanzi tutto, la predetta esenzione non è specificamente prevista dal D.P.R. n. 641 del 1972. In tale decreto l’art. 13 bis, comma 1, nel disciplinare le esenzioni prevede esclusivamente che: “Gli atti e i provvedimenti concernenti le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e le società e associazioni sportive dilettantistiche sono esenti dalle tasse sulle concessioni governative”. E in proposito questa Corte ha stabilito che: “In tema di tassa sulle concessioni governative, le esenzioni previste dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, art. 13 bis, comma 1, in favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e delle società ed associazioni sportive dilettantistiche non si applicano agli enti pubblici, territoriali e non territoriali, atteso l’espresso disposto del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, art. 1, comma 10, e l’insuscettibilità di applicazione analogica delle norme di esenzione ed agevolazione fiscale (Cass. n. 8825 del 2012)”; che neppure sussiste la pretesa violazione degli artt. 3, 53, 114, 177 e 118 della Costituzione, la quale discenderebbe, secondo l’intimata, dal fatto che, con l’interpretazione sopra data agli artt. 13 bis, D.P.R. n. 641 del 1972, e 21 della tariffa annessa al predetto D.P.R. n. 641 del 1972, si verrebbe a riconoscere l’esenzione ad organismi privati, quali appunto ONLUS ed associazioni sportive, esercenti attività economiche ed aventi capacità contributiva, in ragione del fine solidaristico perseguito, e non anche agli Enti territoriali, quali appunto le Provincie, che per definizione perseguono gli interessi generali della comunità;
che, al riguardo, la Corte ha avuto modo di osservare “che il D.P.R. n. 641 del 1972, art. 13 bis, comma 1, è stato introdotto con la stessa L. n. 460 del 1997, (art. 18), che ha disposto il riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali (associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona nonché le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui alla L. 25 agosto 1991, n. 287, art. 3, comma 6, lett. e), le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno) e delle ONLUS, avendo avuto cura il Legislatore di precisare, con disposizione che non lascia adito a dubbi interpretativi, che “non si considerano in ogni caso ONLUS gli enti pubblici, le società commerciali diverse da quelle cooperative, gli enti conferenti di cui alla L. 30 luglio 1990, n.218, i partiti e i movimenti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni di datori di lavoro e le associazioni di categoria” (D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 1, comma 10). Il Legislatore ha, pertanto, deliberatamente inteso differenziare il trattamento fiscale delle ONLUS da quello di tutti gli altri enti pubblici (territoriali e non), rimanendo in conseguenza esclusa ab origine anche la astratta possibilità di una assimilazione – in ragione della attività istituzionale svolta e degli scopi sociali perseguiti – dell’ente pubblico territoriale – comune alla ONLUS, tanto è che, quando, invece, il Legislatore ha inteso estendere detta esenzione fiscale, è intervenuto con apposita norma integrativa del D.P.R. n. 641 del 1972, art. 13 bis, (cfr. L. n. 157/199, art. 5, che ha introdotto al D.P.R. n. 641 del 1972, art. 13 bis, il comma 1 bis esentando dalla tassa i movimenti ed i partiti politici), con ciò risultando ulteriormente confermata la natura eccezionale della norma, insuscettibile di applicazione analogica (sul divieto di analogia delle norme di esenzione ed agevolazione fiscale, indipendentemente dal tipo di tributo, la giurisprudenza della Corte è monolitica: ex multis cfr. Corte Cass. 1^ sez. 14.12.1991 n. 1350; id. 5^ sez. 30.11.2005 n. 26106; id. 5^ sez. 18.3.2009 n. 6542; id. 5^ sez. 25.3.2011 n. 6925; id. 5^ sez. 26.10.2011 n. 22279).” (Cass. n. 8825/2012); che la intimata Provincia ripropone nel controricorso la questione della rilevanza dell’errore sulla portata ed ambito applicativo della norma tributaria come causa di non punibilità, e richiama il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, che attribuisce al Giudice tributario, in presenza degli indicati presupposti, di dichiarare d’ufficio inapplicabile la sanzione amministrativa pecuniaria;
che, in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme fiscali, non v’è dubbio che sussiste il potere del giudice tributario di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni per errore sulla norma tributaria in caso di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme alle quali la violazione si riferisce, quando la disciplina normativa, della cui applicazione si tratti, contenga una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per equivocità del loro contenuto, derivante da elementi positivi di confusione;
che, tuttavia, “L’onere di allegazione della ricorrenza di siffatti elementi di confusione, laddove esistenti, grava sul contribuente, sicché va escluso che il giudice tributario di merito debba decidere d’ufficio l’applicabilità dell’esimente, né che sia consentita censura per la mancata pronuncia d’ufficio, ovvero la declaratoria di inammissibilità della questione perché tardivamente introdotta solo in corso di causa.” (Cass. n. 440/2015);
che, per compiutezza d’indagine, giova ricordare che questa Corte ha affermato il principio secondo cui “In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, alla stregua dell’art. 10, comma 3, del d.lgs. n. 212 del 2000 e dell’art. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992, postula una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita non già ad un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, né all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere – dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione.” (Cass. n. 23845/2016);
che, dunque, l’incertezza normativa oggettiva non ha il suo fondamento nell’ignoranza giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria e, nel caso di specie, le deduzioni della contribuente appaiono al riguardo alquanto generiche; che da quanto sopra consegue l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata, e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, il rigetto del ricorso originario proposto dalla Provincia, essendo l’ente tenuto al versamento della tassa di concessione governativa; che il progressivo consolidarsi della giurisprudenza giustifica la compensazione tra le parti le spese dell’intero giudizio;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario proposto dalla contribuente. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.