CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 luglio 2017, n. 18586
Rapporto di lavoro – Docente – Successione di contratti a termine – Progressione stipendiale spettante ai dipendenti di ruolo
Rilevato che
la Corte di Appello di Torino ha respinto l’appello proposto dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca avverso la sentenza del Tribunale di Torino che aveva riconosciuto a L.V. – assunta come docente con una successione di contratti a termine – il diritto alla medesima progressione stipendiale spettante ai dipendenti di ruolo secondo la contrattazione collettiva nazionale in base all’anzianità di servizio complessivamente maturata, con conseguente condanna dell’amministrazione alla corresponsione delle relative differenze retributive;
per la cassazione di tale decisione il Ministero propone ricorso affidato ad unico motivo, cui resiste la V. con controricorso;
è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
la controricorrente ha depositato memoria;
Ritenuto che
il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
la sentenza impugnata si fonda sul principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, allegato alla Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999 e recepito nel nostro ordinamento con il d.lgs 6 settembre 2001, n. 368 (in particolare: art. 6), richiamando i pertinenti precedenti della Corte di giustizia dell’Unione europea ed escludendo la rilevanza della specialità del sistema del reclutamento scolastico per giustificare la diversità del trattamento economico riservato agli assunti a tempo determinato; in tal modo, rilevata la contrarietà della normativa interna con un principio incondizionato di diritto eurounitario, la Corte territoriale è giunta a disapplicare le disposizioni della contrattazione collettiva di comparto e della disciplina di settore che riconoscono al personale docente non di ruolo esclusivamente il trattamento economico iniziale senza attribuire alcuna rilevanza all’anzianità di servizio maturata in virtù delle supplenze a termine;
con l’unico articolato motivo il Ministero denuncia la violazione e falsa applicazione della direttiva 1999/70/CE e dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato ivi allegato, degli artt. 485, 489 e 526 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, degli artt. 6 e 10 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, dell’art. 9, comma 18, del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 2, della legge 12 luglio 2011, n. 106, dell’art. 4 della legge 3 maggio 1999, n. 124, degli artt. 36 e 45 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, degli artt. 77, 79 e 106 del c.c.n.l. comparto scuola del 29 novembre 2007, in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., sul rilievo che i rapporti di lavoro a tempo determinato del settore scolastico sono assoggettati ad una normativa speciale di settore, sicché agli stessi non si applica la disciplina generale dettata dal d.lgs. n. 368 del 2001 e sussistono dunque “ragioni oggettive” idonee a giustificare il diverso trattamento economico;
il motivo non è fondato;
come già affermato da questa Corte (Cass. 07/11/2016, n. 22558, Cass. 23/11/2016, n. 23868; Cass. 29/12/2016, n. 27387; Cass. 05/01/2017, n. 165, alle cui motivazioni ci si riporta integralmente ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., in quanto del tutto condivise), «La clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva 99/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai CCNL succedutisi nel tempo.
Vanno, conseguentemente, disapplicate le disposizioni dei richiamati CCNL che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato»;
pertanto, la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto affermato da questa Corte, né il motivo di ricorso prospetta argomenti che possano indurre a disattendere l’orientamento ormai consolidato sul punto;
essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato con ordinanza, ai sensi dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ.; la novità della questione di merito, diversamente risolta dalle Corti territoriali e dalla Corte di legittimità soltanto dopo il deposito del ricorso, giustificano la compensazione delle spese del giudizio;
non trova applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 14/03/2014, n. 5955; Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e dichiara integralmente compensate le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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