CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 maggio 2017, n. 13442
Tributi – ICI – Accertamento – Aree fabbricabili – Indice di fabbricabilità – Lavori di adattamento terreno – Sanzioni
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.L n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, e che parte ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:
Con sentenza n. 304/25/14, depositata il 17 febbraio 2014, non notificata, la CTR della Toscana ha parzialmente accolto l’appello proposto dalla sig.ra S. P., nella qualità di erede di Carlo P., nei confronti del Comune di Campi di Bisenzio, per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Firenze, riducendo ulteriormente il valore attribuito alle aree fabbricabili oggetto di accertamento ad € 67,67 al mq e dichiarando non dovute le sanzioni, nel giudizio avente ad oggetto impugnazione di avviso di accertamento ai fini ICI per l’anno 2007.
Avverso la pronuncia della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso il Comune di Campi di Bisenzio.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 7 della legge n. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. nella parte in cui la sentenza impugnata ha omesso di rilevare la nullità dell’avviso di accertamento impugnato per mancata allegazione all’atto impositivo della delibera della giunta comunale di determinazione dei valori per aree omogenee.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 e 2 del d. lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per non avere la sentenza impugnata rilevato che, a causa della sospensione dell’efficacia del regolamento urbanistico comunale per il periodo aprile – luglio, ai terreni in questione non avrebbe potuto essere attribuita natura edificabile.
Con il terzo motivo, infine, la ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. rilevando che la delibera di fissazione dei valori delle aree fabbricabili ai fini ICI non aveva tenuto conto dell’indice di fabbricabilità, degli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione e dei prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche.
Il Comune ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità dell’avverso ricorso per carenza d’interesse, avendo la sentenza della CTR accolto in foto le conclusioni rassegnate dalla contribuente nel ricorso in appello, come trascritte nel controricorso, dovendo intendersi quindi le ulteriori censure volte ad ottenere la declaratoria di nullità dell’atto impositivo rinunciate, in quanto non espressamente riproposte in appello.
Pur nell’evidente carenza del ricorso quanto all’esposizione sommaria dei fatti di causa, non essendo riportato il contenuto del ricorso in appello e neppure risultando puntualmente indicata la relativa affoliazione, dal contenuto della sentenza impugnata, così come anche dal dispositivo della stessa, per quanto qui rileva, del seguente tenore:
“in parziale accoglimento dell’appello di parte contribuente determina il” (recte in) “€ 67,67 (sessantasette/67) il valore del bene al mq. Dichiara non dovute le sanzioni”, è dato rilevare che le relative questioni oggetto dei motivi 1) e 2) del ricorso per cassazione erano state riproposte con l’atto d’appello nel corpo del ricorso avverso la sentenza della CTP.
Ciò posto – quand’anche le conclusioni del ricorso in appello medesimo, formalmente limitate alla richiesta di riduzione del valore dell’area, debbano intendersi integrate alla stregua della parte espositiva nel senso della reiterata censura della stessa legittimità dell’atto impositivo in relazione a ciascuno dei profili indicati – i primi due motivi risultano pur sempre inammissibili, perché non censurano un vizio proprio della sentenza (nella specie il difetto assoluto di motivazione sulle questioni che sarebbero state riproposte dalla contribuente come motivo di gravame), ma pretesi vizi dell’atto impositivo medesimo.
Ad analoga conclusione si perviene anche in relazione al terzo motivo, che si appunta non su un vizio proprio della sentenza, ma deduce l’illegittimità dell’atto impositivo stesso in relazione al mancato rispetto, da parte della delibera comunale di fissazione dei valori delle aree ai fini ICI, di tutti i parametri di cui all’art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 504/1992 (cfr. Cass. sez. 5, 17 gennaio 2014, n. 841; Cass. sez. 5, 13 febbraio 2009, n. 6134).
Le ulteriori considerazioni esposte dalla ricorrente in memoria non sono idonee a superare i rilievi sopra esposti. Né l’istanza di differimento dell’adunanza in camera di consiglio può essere accolta per consentire la richiesta audizione del difensore, che ha attestato il proprio impedimento, attesa la struttura non partecipata dell’adunanza in camera di consiglio della sezione alla quale è demandato l’esame preliminare dei ricorsi, alla stregua della succitata recente modifica normativa dell’art. 380 bis c.p.c.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del Comune controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.
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