CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 settembre 2017, n. 22395
Tributi – Imposte sui redditi – Accertamento mediante verifiche di conti correnti bancari – Onere a carico del contribuente – Prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario di operazioni non imponibili
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di C.F. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 834/35/2016, depositata in data 16/02/2016, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento emesso, a carico del contribuente, stante la mancata presentazione di dichiarazione dei redditi, per maggiori IRPEF ed addizionali, dovute in relazione all’anno d’imposta 2009, a seguito di indagini bancarie ex art. 32 DPR 600/1973, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente. In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame del contribuente, hanno sostenuto che, nel merito della pretesa impositiva (infondate le “eccezioni formali” pure sollevate), il contribuente aveva dimostrato che “i versamenti in contanti sul conto corrente n. 22839” si riferivano allo stipendio netto annuo percepito in Svizzera per attività di cuoco, nonché al “finanziamento decennale ottenuto nel 2007 per € 60.000,00” ed al versamento “per € 40.600,00 relativo allo stipendio percepito in Italia” per lavoro dipendente espletato presso una società, e che la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi era “giustificata dal fatto che nell’anno in questione” lo stesso aveva “percepito solo redditi di lavoro dipendente”.
A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; la ricorrente ha depositato memoria ed il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.
Ragioni della decisione
1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la nullità della sentenza, ex art. 360 n. 4 c.p.c., per difetto di motivazione o motivazione apparente, in violazione degli artt. 36 comma 2 nn. 4 e 61 d.lgs. 546/1992, 132 comma 2 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., 11 VI comma Cost., avendo i giudici della C.T.R. reso una decisione avente motivazione apparente in ordine alla valenza della prova liberatoria offerta dal contribuente e comunque illogica.
2. La censura è infondata. La giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha affermato che si ha motivazione omessa o apparente quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (v. Cass. S.U. 22232/2016: Cass. n. 16736/2007; Cass. 12215/2017). Ciò non ricorre nel caso in esame, laddove la C.T.R. ha ritenuto che il contribuente avesse dato idonea dimostrazione al fine di vincere la prova presuntiva fondante l’accertamento fiscale. Si tratta di una motivazione che non può considerarsi meramente apparente, in quanto esplicita le ragioni della decisione.
I profili di apoditticità e contraddittorietà della motivazione, censurati col motivo in esame, dunque, quand’anche sussistenti, non vizierebbero tale motivazione in modo così radicale da renderla meramente apparente, escludendone l’idoneità ad assolvere alla funzione cui all’art. 36 d.lgs. 546/1992 (cfr. Cass. 5315/2015; Cass. 9105/2017).
3. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia poi la falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 32 DPR 600/1973, comma 1 n. 2, e 41 DPR 600/1973, nonché 2728 c.c., avendo i giudici della C.T.R., ritenuto sufficiente la prova liberatoria offerta dal contribuente, pur non essendo sufficiente una deduzione (e relativa prova) generica e non puntuale.
4. Tale doglianza è fondata. La sentenza della C.T.R. non risulta conforme ai principi di diritto da ultimo espressi da questa Corte (Cass. 15857/2016: “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili”), non essendovi correlazione temporale tra i dati considerati dalla C.T.R., ai fini della valutazione temporale tra i dati considerati dalla C.T.R., ai fini della valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, in relazione ai vari momenti bancari contestati, e l’anno, 2009, oggetto dell’accertamento.
5. Per tutto quanto sopra esposto, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo del ricorso, respinto il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
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