CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 aprile 2017, n. 10475
Accertamento – Dichiarazione dei redditi – Prescrizione credito – Diritto al rimborso
Rilevato che
– L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti della Banca di Credito Cooperativo “R.” di Regalbuto Soc.Coop. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia n. 5183/21/2015, depositata in data 14/12/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanza della contribuente Banca di rimborso del 20% di eccedenza IRPEG, vantato per il periodo d’imposta 1987 (e solo parzialmente, fino all’importo dell’80%, estinto con l’assegnazione di titoli di Stato), ai sensi dell’art. 5 del d.l. 307/1994, conv. in l. 457/1994, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente.
– In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame della contribuente, hanno sostenuto che la prescrizione del credito, invocata dall’Ufficio erariale, non si era verificata per effetto sia del provvedimento di liquidazione parziale dell’80% del credito, intervenuto nel 1996, costituente riconoscimento del debito anche della residua pretesa del 20%, sia dell’atto interruttivo della prescrizione intervenuto con l’invio, da parte della contribuente, nel “2005” di un sollecito del rimborso, sia dell’art. 2 comma 58 l. 350/2003, che aveva derogato all’art. 2946 c.c., stante la previsione dell’impossibilità, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di fare valere la prescrizione ordinaria decennale.
– a seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti, la controricorrente ha depositato memoria ed il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata;
Considerato che
1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell’art. 2 comma 58 l. 350/2003, in riferimento all’art. 2946 c.c., non intendendo il legislatore impedire all’Ufficio di eccepire l’intervenuta prescrizione del diritto al rimborso ma soltanto consentire (ovvero invitare il) al medesimo di non eccepire la prescrizione e di procedere eventualmente al rimborso.
2. La censura è infondata, nei sensi di cui in motivazione.
Non risulta anzitutto fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla controricorrente, in relazione all’omessa censura da parte della ricorrente della statuizione relativa all’inconfigurabilità in concreto della intervenuta prescrizione, per effetto della sequenza combinatoria di atti interruttivi della prescrizione da parte del creditore e di ricognizione di debito da parte dell’Erario.
Invero, la questione della diretta applicabilità da parte della C.T.R. dell’art. 2 comma 58 l. 350/2003 e della sua portata retroattiva, secondo quanto sostenuto dalla C.T.R., in modo difforme dai principi di diritto espressi da questo giudice di legittimità (cfr. Cass. 7706/2013; Cass. 25471/2015; Cass. 11323/2016; Cass. 16157/2016), assume, nella prospettazione della ricorrente, rilievo preliminare ed assorbente, in quanto l’Agenzia delle Entrate sosteneva che, alla data di entrata in vigore della suddetta normativa, il termine di prescrizione ordinaria decennale (eccedenza relativa all’anno 1987) fosse già maturato, con conseguente ininfluenza sia del primo atto interruttivo da parte del creditore, intervenuto solo nel 2005, sia, tanto meno, della liquidazione, comunque parziale, dell’eccedenza Irpeg, avvenuta nel 1996.
Tuttavia, in concreto, l’erronea statuizione contenuta in sentenza, in ordine agli effetti del disposto di cui all’art. 2 comma 58 l. 350/2003, non vale ad inficiare le altre due affermazioni, pure contenute nella pronuncia, in ordine alla interruzione del decorso del termine decennale di prescrizione. Invero, nella specie, come risulta dalla decisione impugnata e dal ricorso e dal controricorso nel presente giudizio, ai sensi dell’art. 5 del D.L. 307/1994, convertito in legge n. 457/1994, con modifiche, vi era stata, nel 1996, l’estinzione parziale del credito esposto in dichiarazione, quanto all’80%, mediante assegnazione alla creditrice, su specifica richiesta, di titoli di Stato.
L’art. 5 del d.l. 307/1994 stabiliva infatti che il “residuo ammontare del credito” sarebbe stato “estinto al termine delle operazioni di liquidazioni, anche avvalendosi delle ordinarie procedure di rimborso”.
Risulta, pertanto, che si trattava di un pagamento, per espressa disposizione di legge, non satisfattivo dell’integrale richiesta di rimborso del credito d’imposta, ma contenente “la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito” ed “i caratteri della volontarietà dell’atto giuridico” (cfr. Cass. 18907/2007) ed implicante quindi, una volta eseguito, anche un implicito riconoscimento del debito, con effetto interruttivo sulla prescrizione ex art. 2944 c.c..
La peculiarità della situazione (pagamento parziale con assegnazione di titoli di Stato, ma eseguito dall’Amministrazione finanziaria ex lege, ai sensi dell’art. 5 citato) non poteva dunque implicare anche “rigetto implicito della richiesta originaria del contribuente” (cfr, Cass. 12336/2005 e Cass. 8195/2015).
Né tantomeno rileva, nel presente giudizio, quanto affermato da questa Corte (Cass. 11350/2014; Cass. 3371/2010) in ordine alla non efficacia di atto interruttivo della prescrizione di un pagamento del debito “a titolo di saldo”.
Ne consegue che la richiesta di rimborso del residuo 20%, presentata dalla contribuente nel 2005, era tempestiva.
In quanto rientrante nel nuovo termine decennale di prescrizione, apertosi per effetto della liquidazione parziale del 1996, con l’effetto sopra descritto ricognitivo ed interruttivo della prescrizione, rispetto a credito per il periodo d’imposta 1987.
La sentenza della C.T.R. risulta pertanto, così corretta la motivazione, conforme a diritto.
3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Essendo l’amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel caso di prenotazione a debito il contributo non è versato ma prenotato al fine di consentire, in caso di condanna della controparte alla rifusione delle spese in favore dei ricorrente, il recupero dello stesso in danno della parte soccombente).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 3.000,00, a titolo di compensi, oltre rimborso forfetario spese generali nella misura del 15 % ed accessori di legge.
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