CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 aprile 2017, n. 10476
Tributi – ICI – Terreno edificabile – Piani urbanistici generali – Assenza di strumenti di attuazione
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1-bis del D.L. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:
con sentenza n. 2235/16/2015, depositata il 28 maggio 2015, la CTR della Sicilia – sezione stacccata di Siracusa – accolse solo parzialmente, dichiarando non dovute le sanzioni, l’appello proposto nei confronti del Comune di Siracusa dalla sig.ra R. M. avverso la sentenza di primo grado resa dalla locale Commissione tributaria provinciale, che aveva rigettato in foto il ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso di accertamento per ICI relativa all’anno d’imposta 2007.
Avverso la sentenza della CTR la contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un unico complesso motivo, con il quale denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 Protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, quale norma interposta ai sensi dell’art. 117 Cost. e violazione e/o falsa applicazione dell’art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nonché violazione e/o falsa applicazione degli art. 2, comma 1, lett. b) e 5, comma 5 e 7 del d. lgs. n. 504/1992, rappresentando come il considerare come fabbricabile un terreno in ragione della sola previsione in tal senso dei piani urbanistici generali, pur in carenza di qualsiasi attività di attuazione di tali strumenti e della conseguente impossibilità di effettiva edificazione, determinando un prelievo che aggredisca il patrimonio con aliquote basate su valori ipotetici e non realizzati, finisca con lo svolgere una funzione espropriativa non consentita alla stregua della Carta costituzionale.
Il motivo, pur nella sua articolata formulazione, non censura quella che si pone come concorrente ed autonoma ratio decidendi della decisione impugnata, nella parte in cui essa rileva che in ogni caso la contribuente aveva intrapreso l’attività agricola solo in data 4 marzo 2009, non risultando essa essere stata mai in precedenza iscritta in alcun elenco dei lavoratori agricoli autonomi.
La mancata impugnazione di detta concorrente ed autonoma ratio decidendi comporta, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. sez. unite 29 marzo 2013, n. 7931; Cass. sez. lav. 4 marzo 2016, n. 4293; Cass. sez. 6-5, ord. 18 luglio 2016, n. 14669) la formazione del giudicato sul punto.
Per completezza, relativamente alle argomentazioni spese dalla ricorrente per sollecitare una rimeditazione dell’indirizzo espresso dalla citata Cass. sez. unite 30 novembre 2006, n. 25506, va rilevato come i dubbi di legittimità costituzionale della normativa in esame, anche alla stregua della menzionata norma d’interpretazione autentica di cui all’art. 36, comma 2, del d. l. n. 223/2006, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 248/2006, siano stati già ritenuti implicitamente manifestamente infondati dalla stessa pronuncia.
Il principio ivi affermato, secondo cui l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicazione del criterio di determinazione della base imponibile, fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita dal piano regolatore generale adottato dal Comune, è stato del resto costantemente ribadito dalla successiva giurisprudenza di questa Corte (cfr. tra le altre, Cass. sez. 5, 27 luglio 2007, n. 16174; Cass. sez. 5, 16 novembre 2012, n. 20137; Cass. sez. 5, 5 marzo 2014, n. 5161; Cass. sez. 5, 27 febbraio 2015, n. 4091; Cas. Sez. 6-5, ord. 18 luglio 2016, n. 14665), in un quadro di riferimento segnato anche da pronuncia della Corte costituzionale (ord. 27 febbraio 2008, n. 41), che ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale della succitata norma d’interpretazione autentica.
Né a conclusione difforme si può pervenire in relazione alla prospettata violazione dell’art. 1 Protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo quale norma interposta ai sensi dell’art. 117 Cost., alla stregua della giurisprudenza della Corte EDU, costante nell’affermare la sostanziale estraneità della materia tributaria agli ambiti convenzionali, per le note esigenze di rapida definizione dei rapporti fiscali e di certezza del gettito delle risorse statali.
Soprattutto, con riferimento alla pubblica utilità ed all’interesse generale, su cui parte ricorrente ha incentrato in primo luogo la propria difesa, va rilevato come le decisioni più recenti della Corte EDU (7 maggio 2013, in causa Kuofaki contro Grecia; 31 ottobre 2013, in causa Da Conseicao Mateus contro Portogallo; 21 luglio 2016, in causa Mamatas ed altri contro Grecia), abbiano riconosciuto un margine di apprezzamento statale particolarmente ampio rispetto ad interventi diretti a salvaguardare equilibri di bilancio, realizzazione di politica sociale e priorità di risorse pubbliche, col limite della manifesta irragionevolezza, ritenuto non superato dal giudice delle leggi nello scrutinio di legittimità costituzionale della succitata normativa d’interpretazione autentica.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Nulla va statuito in ordine alle spese del giudizio di legittimità, non avendo il Comune intimato svolto difese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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