CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 luglio 2017, n. 18680
Avvocato – Compensi professionali per attività di assistenza giudiziale – Ammissione al passivo della società fallita – Determinazione del credito – Art. 1, co. 1, D.M. 20.7.2012, n. 140 – Applicazione
Fatti di causa
Rilevato che:
1. l’avvocato N.S.G.D.P., che aveva domandato l’ammissione al passivo per la somma di euro 179.973,15 a titolo di compensi maturati per le prestazioni professionali relative ad attività di assistenza giudiziale alla società fallita, impugna il decreto Trib. Catania 18.12.2014, in R.G. 8252/2014, con cui è stata rigettata la sua opposizione allo stato passivo del fallimento C. s.p.a.;
2. Il tribunale, concordemente con quanto già affermato dal giudice delegato, ha ritenuto che, risultando dalla documentazione in atti che le prestazioni professionali rese non si erano concluse al momento della dichiarazione del fallimento (ad eccezione di un giudizio per il quale erano state riconosciute le spese legali liquidate in sentenza), il credito per il quale il ricorrente aveva chiesto l’ammissione al passivo doveva essere calcolato tenendo conto dei criteri di cui al d.m. 140/2012 e così ridotto a 37.324 euro, apprezzate le prestazioni rese e i risultati ottenuti;
3. con il ricorso si deducono quattro motivi e, in particolare:
– violazione di legge e falsa applicazione degli artt. 96 l.f., 91 c.p.c. e d.m. 140/2012, in quanto il tribunale non si è limitato a verificare il credito per cui veniva richiesta l’ammissione al passivo ma ha proceduto ad una liquidazione giudiziale delle prestazioni professionali svolte dal ricorrente, così considerata la verifica del passivo;
– violazione di legge e falsa applicazione degli artt. 96 l.f., 91 c.p.c. e d.m. 140/2012, poiché il tribunale ha ritenuto ancora esistenti i mandati di assistenza legale nei confronti del ricorrente nonostante l’avvenuta dichiarazione di fallimento della società e il conferimento degli incarichi ad altri avvocati;
– violazione di legge degli artt. 96 l.f. e d.m. 140/2012 e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio non avendo il tribunale considerato che i diritti di avvocato, a differenza degli onorari, maturano con il compimento delle singole prestazioni;
– errata condanna alle spese di giudizio, poiché fondata su un infondato rigetto delle domande proposte dal ricorrente.
Ragioni della decisione
Considerato che:
1. l’art. 1, co. 1, d.m. 20.7.2012, n.140, rubricato “Disposizioni generali”, prevede che “L’organo giurisdizionale che deve liquidare il compenso dei professionisti di cui ai capi che seguono applica, in difetto di accordo tra le parti in ordine allo stesso compenso, le disposizioni del presente decreto. L’organo giurisdizionale può sempre applicare analogicamente le disposizioni del presente decreto ai casi non espressamente regolati dallo stesso”;
2. la predetta disciplina, tuttavia, non può trovare applicazione – come invece decisivamente statuito dal tribunale – allorché il rapporto professionale (e comunque l’attività professionale) imputabile al suo prestatore possa dirsi esaurita anteriormente alla sua entrata in vigore, come erroneamente negato nel decreto, ove il citato valore di presupposto è stato attribuito alla mera pendenza del giudizio in quanto tale;
3. ne consegue l’applicabilità delle tariffe forensi vigenti all’epoca del menzionato concludersi dell’attività professionale, dunque dovendo anche l’accertamento del credito essere condotto alla stregua di una verifica della congruità dei compensi e delle altre voci sulla base del diverso parametro di cui al D.M. n. 127 del 2004 (Cass. 11482/2010);
4. il ricorso va pertanto accolto con cassazione e rinvio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa e rinvia al Tribunale di Catania, in diversa composizione, anche per le spese del procedimento.
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