CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 luglio 2017, n. 18682
Imposte indirette – IVA – Crediti – Attività di manutenzione – Contenzioso tributario – Giudizio di opposizione
Fatti di causa
Rilevato che:
1. L.A.G. a r.l. impugna il decreto Trib. Roma 21.7.2015, n. 534/2015, con cui sono state rigettate le domande proposte dalla ricorrente che, instaurando il giudizio di opposizione allo stato passivo di A.S. s.p.a. in amministrazione straordinaria, aveva richiesto di essere ammessa per i crediti complessivamente pari ad € 48.248,89 dovuti a titolo di corrispettivo per l’attività di manutenzione delle piattaforme elevabili montate sulle vetture pick-up della debitrice società – lavori svolti dal mese di marzo 2008 a quello di agosto 2008 – nonché per € 9.649,78, da collocare con il privilegio, a titolo di IVA maturata sui predetti crediti;
2. il tribunale, alla stregua dei documenti allegati dalla ricorrente per provare l’effettiva attività di manutenzione, ha statuito, da un lato, che le fatture sono documenti unilateralmente formati e, pertanto, hanno efficacia probatoria limitata e, dall’altro, che la scrittura privata (rinnovo contrattuale) prodotta non ha efficacia di prova né ex art. 2702 c.c. della provenienza delle dichiarazioni, né ex art. 2704 c.c. della data anteriore all’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria;
3. il tribunale, valutati anche gli altri documenti depositati e i limiti della iniziativa probatoria della parte, ha escluso che la ricorrente avesse dimostrato i fatti costitutivi del diritto vantato, non essendo emersa la prova di un pregresso rapporto fra le parti;
4. con il ricorso si deducono due motivi:
– violazione dell’art. 116 c.p.c. e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, non avendo il tribunale tenuto conto del valore probatorio degli ordini di lavoro prodotti dalla ricorrente, che dovevano essere esaminati assieme alle fatture e agli altri documenti allegati;
– violazione dell’art. 2729 c.c. e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in quanto la ricorrente ha dimostrato l’esistenza dei propri crediti attraverso elementi indiziari gravi, precisi e concordanti.
Ragioni della decisione
Considerato che:
1. l’art. 2710 c.c., in tema di efficacia probatoria tra imprenditori, stabilisce che “i libri bollati e vidimati nelle forme di legge, quando sono regolarmente tenuti, possono far prova tra imprenditori per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa”;
2. la predetta disposizione non si applica nel rapporto tra l’imprenditore ed il curatore dell’intervenuto fallimento, salvo il caso in cui quest’ultimo sia subentrato nella posizione sostanziale e processuale del fallito: infatti «il curatore certamente non è un imprenditore e dunque, una volta escluso che la sua posizione sia quella successoria in un rapporto già facente capo al fallito, essendo viceversa a lui attribuibile esclusivamente la funzione di semplice gestore del patrimonio di quest’ultimo, ne deriva automaticamente l’inapplicabilità nei suoi confronti della disciplina probatoria di cui si lamenta la mancata attuazione» (S.U. 4213/2013) e, pertanto, «nel giudizio di opposizione allo stato passivo, non assumono la predetta efficacia probatoria le fatture cui si riferiscono i crediti oggetto di domanda di ammissione al passivo da parte di un imprenditore» (Cass. 10081/2011);
3. l’art. 2702 c.c. prevede che “la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta”, mentre l’art. 2704, co. 1, c.c., con riferimento alla data della scrittura privata nei confronti dei terzi, statuisce che “la data della scrittura privata della quale non è autenticata la sottoscrizione non è certa e computabile riguardo ai terzi, se non dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l’hanno sottoscritta o dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento”;
4. ai fini della decisione della domanda di ammissione al passivo del fallimento proposta dal creditore, il curatore è da considerarsi terzo rispetto agli atti compiuti dal fallito, non avendo lo stesso preso parte al rapporto giuridico posto a base della pretesa creditoria fatta valere in sede di ammissione: conseguentemente, in sede di verifica dei crediti, ai fini della determinazione della data di scritture private trova piena applicazione l’art. 2704 c.c. e non l’art. 2702 c.c.;
5. l’onere probatorio incombente sul creditore istante in sede di ammissione può ritenersi soddisfatto ove sia prodotta documentazione idonea a dimostrare la fondatezza della pretesa formulata, mentre l’eventuale mancanza di data certa nella detta documentazione costituisce un semplice fatto impeditivo del riconoscimento del diritto fatto valere: infatti «nei confronti dei creditore che proponga istanza di ammissione al passivo del fallimento, in ragione di un suo preteso credito, il curatore è terzo e non parte, circostanza da cui discende l’applicabilità dei limiti probatori indicati, dall’art. 2704 c.c.. La mancanza di data certa nelle scritture prodotte si configura come fatto impeditivo all’accoglimento della domanda oggetto di eccezione in senso lato, in quanto tale rilevabile anche di ufficio dal giudice» (S.U. 4213/2013);
6. entrambi i motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente per le questioni trattate, sono dunque inammissibili, poiché si risolvono in una censura di mero fatto, avendo la sentenza – facendo applicazione dei predetti principi – spiegato la mancata dimostrazione dei fatti costitutivi del diritto vantato dalla ricorrente in termini di omesso superamento delle ricordate regole di terzietà e dei limiti di prova verso l’organo concorsuale; a tale doglianza si deve invero opporre il principio per cui «in tema di ricorso per cassazione, dopo la modifica dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ. ad opera dell’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili» (Cass. 12928/2014).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, co. 1- quater, d.P.R. 115/02, come modificato dalla l. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del co. 1-bis dello stesso art. 13.
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