CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 novembre 2017, n. 28185
Appalto – Somme dovute a titolo di retribuzioni e Tfr – Responsabilità solidale
Rilevato
che, con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Torino respingeva il gravame del Ministero della Giustizia avverso la decisione di primo grado che aveva condannato il Ministero suddetto (committente), in solido ai sensi dell’art. 29 d. lgs 276/2003 con la C. R. N. srl (appaltatrice), al pagamento di somme dovute a titolo di retribuzioni e tfr in favore di P. M., impegnata quale addetta alla registrazione delle udienze penali (servizio appaltato);
che la Corte territoriale riteneva applicabile alla fattispecie l’art. 29, comma 2, del d.lgs 276 del 2003 e non condivisibile il principio di diritto affermato da questa Corte con sentenza n. 15432 del 2014;
che di tale decisione chiede la cassazione il Ministero, affidando l’impugnazione ad unico motivo, cui ha opposto difese la P., con controricorso, laddove srl C. R. N. è rimasta intimata;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
Considerato
1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;
2. che viene denunziata violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 29, co. 2, d. lgs. 276/2003, dell’art. 6 della legge delega n. 30/03, anche in combinato disposto con l’art. 1676 c. c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.;
che ritiene il Collegio si debba pervenire all’accoglimento del ricorso;
3. che questa Corte ha già affermato, con sentenza 7.7.2014 n. 15432, la inapplicabilità dell’art. 29, comma 2, del d.lgs n. 276 del 2003 ai contratti di appalto stipulati dalle Pubbliche Amministrazioni ed il principio di diritto è stato poi ribadito da Cass. 10.10.2016, n. 20327, e già prima, in motivazione, dalle recenti sentenze 23.5.2016 n. 10664 e 24.5.2016 n. 10731, con le quali, peraltro, si è escluso che detto principio potesse essere esteso anche alle società di diritto privato tenute al rispetto della procedura di evidenza pubblica e si è precisato che la inapplicabilità agli enti pubblici della responsabilità solidale discende direttamente dalla espressa previsione contenuta nell’art. 1, comma 2, del richiamato decreto e non dalla assoggettabilità dell’appalto alla disciplina dettata dal d.lgs 163/2006 e dal d.p.r. 207/2010, di per sé non incompatibile con quanto disposto dall’art. 29 del d.lgs 276/2003;
4. che il Collegio intende dare continuità a detto orientamento, poiché gli argomenti utilizzati dalla Corte territoriale a sostegno della diversa opzione esegetica non sono condivisibili, come in modo articolato evidenziato da Cass. 20327/2016 cit.;
5. che è stato affermato che l’art. 1 del d.lgs n. 276 del 2003, nel prevedere che “il presente decreto non trova applicazione per le pubbliche amministrazioni e per il loro personale” è chiaro nell’individuare il destinatario della esclusione, riferita all’intero decreto, innanzitutto nell’ente pubblico e che, una volta escluso che il comma 2 dell’art. 1 del decreto legislativo possa essere interpretato nei termini indicati dalla Corte territoriale, è sufficiente il richiamo alla norma generale per affermare la inapplicabilità alle pubbliche amministrazioni della responsabilità solidale del committente prevista dal comma 2 dell’art. 29;
6. che neanche può attribuirsi rilevanza, per sostenere quanto affermato dalla Corte territoriale, a quanto disposto dall’art. 9 del d. 1. 28 giugno 2013 n. 76, convertito dalla legge 9 agosto 2013 n. 99, essendo stato al riguardo chiarito che il tenore della nuova disposizione, con la quale il legislatore ha espressamente previsto la inapplicabilità dell’art. 29 agli appalti stipulati dalle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 del d.lgs n. 165/2001, se non consente di affermare che l’intervento sia stato finalizzato anche ad imporre una interpretazione della normativa previgente, con efficacia retroattiva, tuttavia non ne impone per ciò solo l’affermazione del suo carattere innovativo, giacché il legislatore può anche formulare in modo più chiaro ed appropriato una norma preesistente, dettando una nuova disciplina che provveda a regolare per il futuro la materia attraverso precetti non dissimili da quelli previgenti e che parimenti non è impedita al legislatore la produzione di una norma che, sia pure senza vincolare per il passato l’interprete e senza fare esplicito riferimento alla esegesi di una data disposizione, “produca fra le sue conseguenze, in virtù dell’unità ed organicità dell’ordinamento giuridico, anche quella di chiarire il significato di detta disposizione..” (così Cass. 20327/2016 che richiama Cass. 29.7.1974 n. 2289);
7. che in tal modo, a fronte di incertezze interpretative, viene solo reso esplicito il precetto già desumibile dalla disciplina previgente, senza, però, imporsi la interpretazione per il passato e, quindi, senza conferirsi retroattività alla norma;
8. che, infine, è stato evidenziato che la estensione anche agli appalti stipulati dalla pubblica amministrazione della responsabilità solidale del committente non può essere affermata facendo leva sulla necessità di assicurare al lavoratore impegnato nella esecuzione di un appalto pubblico la medesima tutela riconosciuta per gli appalti privati, essendo per gli appalti pubblici previsto un complesso articolato di tutele volte tutte ad assicurare il rispetto dei diritti dei lavoratori, tutele che difettano nell’appalto privato, e che compensano la mancata previsione per gli appalti pubblici della responsabilità solidale prevista dall’art. 29 del d.lgs n. 276 del 2003, non applicabile alla pubblica amministrazione, trovando giustificazione la diversa disciplina nella diversità delle situazioni a confronto e degli interessi che in ciascuna vengono in rilievo;
9. che, per tutto quanto sopra considerato, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va accolto e a ciò consegue la cassazione della decisione impugnata;
10. che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta nei confronti del Ministero;
11. che la complessità delle questioni trattate, l’assenza di orientamenti univoci della giurisprudenza di merito ed il recente consolidarsi dell’orientamento di questa Corte, successivamente alla proposizione del presente ricorso, giustificano la integrale compensazione delle spese dell’intero processo;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta nei confronti del Ministero della Giustizia ai sensi dell’art. 29 d. lgs. 276/2003.
Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.
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