CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 dicembre 2017, n. 31133
IVA – IRAP – Iscrizione – cartella esattoriale – Notifica
Ritenuto
che l’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione, con quattro motivi, nei confronti della M.A. & C. s.a.s., la quale non ha svolto attività difensiva, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 210/31/11, depositata il 23/6/2011, con cui è stato respinto l’appello erariale e confermata la decisione della Commissione tributaria provinciale di Catania che, in parziale accoglimento dell’impugnazione della cartella di pagamento n. 2932006001249514, aveva annullato “l’iscrizione ai fini IVA per il 1990 ed il 1991”, in quanto “risulta documentato il pagamento agevolato”, ai sensi (degli artt. 138, L. n. 388 del 2000, e 9, comma 17, L. n. 289 del 2002), nonché l’iscrizione “per IVA ed IRAP 2000 definita ex L. n. 289/2002”, operando il condono di cui all’art. 9 bis, L. n. 289 del 2002, e con riferimento alle “ritenute alla fonte 2000 e 2001 oltre all’IVA ed IRAP 2001”, oggetto di controllo formale ex artt. 36 bis, D.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis, D.P.R. n. 633 del 1972, ha ritenuto invece tempestiva la notificazione della predetta cartella, effettuata il 26/4/2006, e conseguentemente infondata l’impugnazione;
che, secondo la CTR, “per quanto attiene i tributi degli anni 1992 e precedenti” la cartella esattoriale “è stata emessa e notificata a tempi scaduti rispetto a quelli previsti dal D.L. 17 giugno 2005 n. 106 convertito con modificazioni nella legge 31 luglio 2005 n. 156 … essendo l’ultimo anno di riferimento dell’imposta il 1992 con dichiarazione presentata nel 1993, la cartella doveva essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31/12/1998”, e “per quanto attiene invece i tributi relativi all’anno 2000 correttamente i giudici di primo grado hanno dichiarato la tempestività della notifica della cartella e quindi dovuti i relativi tributi ad eccezione dell’IVA e dell’IRAP dell’anno 2000 in quanto definita ai sensi della legge n. 289 del 2002”;
Considerato
che con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente Agenzia delle Entrate deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma n. 4, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. e 2969 c.c., giacché la CTR, per quanto attiene i tributi degli anni 1992 e precedenti, ha ritenuto illegittima la cartella di pagamento perché notificata oltre il termine, previsto a pena di decadenza, del 31/12/1998, mentre la contribuente nel ricorso introduttivo del giudizio aveva eccepito al tardività della notificazione, e la conseguente decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere di riscossione, relativamente ai tributi dovuti per gli anni 2000 e 2001 (ritenute alla fonte anni 2000 e 2001, nonché IRAP ed IVA anno 2001), per cui il giudicante non poteva rilevare d’ufficio la decadenza in relazione agli altri tributi;
che la censura è infondata in quanto l’Agenzia delle Entrate aveva gravato di appello la sentenza di primo grado limitatamente “all’annullamento dell’iscrizione a ruolo per IVA, IRAP 2000 definita ex art. 9 bis L. 289/02”, questione su cui, come anche si legge nella impugnata sentenza, “l’appellata società contribuente non controdeduce”, e ciò perché non aveva svolto alcuna attività difensiva nel giudizio di secondo grado, di tal che la questione afferente la decadenza dell’Ufficio dal potere di riscossione, con riferimento alla “iscrizione ai fini IVA per il 1990 ed il 1991”, risulta estranea al devolutum in secondo grado, e precluso dal giudicato interno ogni ulteriore esame della debenza dell’IVA per le suindicate annualità, esclusa per intervenuta definizione del debito iscritto a ruolo (la CTP aveva rilevato che “risulta documentato il pagamento agevolato” e conseguente annullato in parte qua della cartella);
che, pertanto, la CTR è incorsa in un errore di diritto, non avendo considerato un giudicato interno al processo, ma essendo il dispositivo conforme a diritto è sufficiente la correzione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, della motivazione della sentenza impugnata;
che con il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma n. 5, omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in merito al condono ex art. 9 bis, L. n. 289 del 2002, dell’IRAP e dell’IVA relative all’anno 2000, giacché la CTR ha respinto l’appello dell’Ufficio per avere quest’ultimo solo genericamente contestato l’intervenuta definizione dei carichi fiscali, senza provare il proprio assunto, nonostante che dalle risultanze processuali emergesse incontestabilmente il versamento di una sola rata, pari ad Euro 6.000,00, attenendo l’altra, di uguale importo, al condono di cui all’art. 9, L. n. 289 del 2002, nonché un debito fiscale dell’importo totale di € 47.024,00, per cui il giudicante non avrebbe dovuto dichiarare cessata la materia del contendere, essendo la definizione subordinata all’integrale pagamento del dovuto;
che con il terzo motivo deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma n. 3 e n. 4, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., comma 2, 115 e 116 c.p.c., giacché la CTR non ha considerato che è la contribuente a dover provare di aver effettuato gli ulteriori e tempestivi pagamenti richiesti per perfezionare il condono di cui all’art. 9 bis, L. n. 289 del 2002, ed ottenere la conseguente disapplicazione della sanzioni;
che con il quarto motivo deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9 bis, L. n. 289 del 2002, sempre per quanto concerne l’IRAP e l’IVA relative all’anno 2000, giacché la CTR ha ritenuto valido ed efficace il condono, in assenza dell’integrale pagamento di quanto dovuto dalla contribuente, e ciò nonostante la natura clemenziale e non premiale dello stesso, come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità;
che le suesposte censure, scrutinabili congiuntamente essendo tra loro strettamente connesse, sono fondate;
che, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, “la definizione agevolata ai sensi dell’art. 9 bis della legge 27 dicembre 2002, n. 289, comportante la non applicazione delle sanzioni relative al mancato versamento delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate entro il 31 dicembre 2002, e per le quali il termine di versamento è scaduto anteriormente a tale data, si perfeziona solo se si provvede all’integrale pagamento del dovuto nei termini e nei modi previsti dalla medesima disposizione, attesa l’assenza di previsioni quali quelle contenute negli artt. 8, 9, 15 e 16 della medesima legge, che considerano efficaci le ipotesi di condono ivi regolate anche senza adempimento integrale, e che sono insuscettibili di applicazione analogica, in quanto, come tutte le disposizioni di condono, di carattere eccezionale: in applicazione di questo principio, la S.C. ha annullato la sentenza impugnata, la quale, in relazione a sanzioni per omessi versamenti IRPEF, aveva affermato che il mancato pagamento di una o più rate successive alla prima determina non la totale inefficacia della domanda di definizione, ma solo il ripristino della sanzione limitatamente alle rate non versate” (ex multis, Cass. n. 21364/2011, n. 19546/2011, n. 11669/2014);
che, pertanto, non ha fondamento l’argomentazione della CTR secondo cui l’Ufficio avrebbe dovuto provare il proprio assunto, e non limitarsi a contestare l’intervenuto perfezionamento del condono, gravando viceversa sul contribuente l’onere di provare di aver eseguito i versamenti dovuti, ed alle previste scadenze, al fine di beneficiare del condono, e non soltanto l’intervenuto pagamento di una sola rata (quella di Euro 6.000,00);
che, peraltro, il più volte citato art. 9 bis L. n. 289 del 2002, nella parte in cui consente di definire una controversia con l’Amministrazione finanziaria evitando il pagamento delle sanzioni connesse al ritardato od omesso versamento dell’IVA, deve essere disapplicato, essendo in contrasto con gli obblighi previsti dagli artt. 2 e 22 della VI direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388 CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’IVA, secondo l’interpretazione resa dalla Corte di giustizia nella sentenza 17 luglio 2008, causa C-132/06, che ascrive a dette norme comunitarie portata generale (Cass. n. 20435/2014, Cass. S.U. n. 3674/2010);
che, in conclusione, la sentenza di appello va cassata in parte qua e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso originario della società contribuente per IVA ed IRAP 2000 (Euro 54.467,24), non operando per detti tributi la definizione agevolata, per le ragioni innanzi esposte;
che resta ferma la intangibilità della statuizione della CTR quanto all’IVA 1990 e 1991, il cui importo (Euro 54.881,58) non è dovuto dalla contribuente, e quanto alle ritenute alla fonte 2000 (Euro 1.182,26) e 2001 (Euro 3.759,87), oltre all’IVA ed IRAP 2001 (Euro 12.222,23), i cui importi sono invece dovuti dalla contribuente;
che l’evoluzione della vicenda processuale giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio;
P.Q.M.
Accoglie il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente con riferimento a IVA — IRAP 2000. Conferma la sentenza nel resto. Compensa le spese dell’intero giudizio.
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