CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 febbraio 2018, n. 4592
Agevolazioni fiscali – Agevolazioni “prima casa” – Acquisto immobili – Immobile di lusso
Fatti di causa
1. E.F. acquistava dalla società W.H.L., per atto per notar F. di Roma del 22.07.2005, un immobile, sito nel comune di Roma, alla via (…), destinato ad abitazione principale, chiedendo l’applicazione delle imposte con aliquota agevolata.
L’Agenzia delle Entrate Ufficio di Roma, con avviso di liquidazione d’imposta ed irrogazione di sanzioni, accertava la decadenza dalle agevolazioni per l’acquisto della prima casa, previste dall’art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, avendone i contribuenti indebitamente usufruito in quanto l’immobile compravenduto doveva essere considerato di lusso, avendo una superficie utile superiore a 240 mq.; pertanto, l’ufficio ne disponeva il recupero nei confronti delle parti, ai sensi dell’art. 57 D.P.R. n. 131 del 1986, in quanto solidalmente responsabili.
Avverso l’avviso di recupero d’imposta i contribuenti proposero ricorsi distinti davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, la quale, dopo averne disposto la riunione, li accolse, con sentenza appellata dalla soccombente Agenzia delle Entrate davanti alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio. La C.T.R. confermava la gravata decisione, ritenendo che l’immobile, costituito da un appartamento “posto al sesto piano e da una terrazza posta al settimo piano”, aveva complessivamente una superficie utile inferiore a mq 240, esclusa dalle abitazioni da qualificarsi di lusso, come da nota n. 25038, datata 23/12/2009, dell’Agenzia del Territorio.
In particolare, i giudici di appello ritenevano che dalla c.t.p. prodotta dai contribuenti risultava che, al netto delle murature (mq 56,00 e mq 12,72), la superficie al sesto piano era pari a mq 218,40, escludendo dal calcolo gli accessori al settimo piano di mq 59,20, la veranda al settimo piano 34,50 e la terrazza di mq 105,10.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio con tre motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..
I contribuenti non si sono costituiti.
Ragioni della decisione
2. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione di legge, in relazione agli artt. 6 del D.M. 2.08.2969 1, nota II bis Tariffa, parte prima, allegata al DPR 131/1986, censurando la sentenza nella parte in cui sono state recepite acriticamente le risultanze della consulenza di parte, in virtù della quale, la superficie utile del solo sesto piano è stata calcolata al netto delle murature, con esclusione degli ambienti posti al settimo piano (per 59,20 mq e 34,50 mq), nonché degli accessori (lavatoio, terrazza e veranda).
Sostiene, in particolare, la ricorrente che le superfici relative alla veranda ed al lavatoio, al contrario di quanto asserito dai giudici di appello, dovevano essere considerate ai fini della estensione utile, dovendosi da questa espungere solo i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchina.
3. Con il secondo motivo, l’agenzia censura la sentenza di appello per violazione e falsa applicazione dell’art. 3 all. C del DPR 138/1998 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., deducendo che la misurazione delle abitazioni deve essere effettuata al lordo dei muri perimetrali esterni ed interni, come previsto dall’all. C citato, il quale prevede che i muri perimetrali esterni ed interni vanno computati fino ad uno spessore massimo di 50 cm, mentre i muri in comunione nella misura massima del 50% fino ad uno spessore massimo di 25 cm.
4. Con il terzo motivo, proposto in via subordinata, l’Agenzia censura insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., poiché la motivazione non considera gli elementi offerti dall’Ufficio, in quanto dopo i lavori di ampliamento, ultimati prima dell’acquisto da parte della sign. F., l’unità immobiliare non aveva più la superficie di mq 227, così come emerge dalla visura storica dell’immobile dalla quale si desume che al completamento delle opere, l’immobile assunse una consistenza di mq 382, di cui quelli utili mq 286,70, escludendo le superficie di cui all’art. 6 DM 2.08.1069,
5. I due motivi di doglianza, proposti in via principale, che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto fra loro strettamente connessi, sono fondati.
Per stabilire se un’abitazione sia di lusso e, quindi, sia esclusa dai benefici per l’acquisto della prima casa, occorre fare riferimento ai requisiti fissati dal D.M. Lavori pubblici 2 agosto 1969:
1) le abitazioni realizzate su aree destinate dagli strumenti urbanistici, adottati od approvati, a “ville”, “parco privato” ovvero a costruzioni qualificate dai predetti strumenti come “di lusso” (art. 1);
2) le abitazioni realizzate su aree per le quali gli strumenti urbanistici, adottati od approvati, prevedono una destinazione con tipologia edilizia di case unifamiliari e con la specifica prescrizione di lotti non inferiori a 3000 mq., escluse le zone agricole, anche se in esse siano consentite costruzioni residenziali (art. 2);
3) le abitazioni facenti parte di fabbricati che abbiano cubatura superiore a 2000 me. e siano realizzati su lotti nei quali la cubatura edificata risulti inferiore a 25 me. v.p.p. per ogni 100 mq. di superficie asservita ai fabbricati (art. 3);
4) le abitazioni unifamiliari dotate di piscina di almeno 80 mq. di superficie o campi da tennis con sottofondo drenato di superficie non inferiore a 650 mq (art. 4);
5) le case composte di uno o più vani costituenti unico alloggio padronale aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 200 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine) ed eventi come pertinenza un’area scoperta della superficie di oltre sei volte l’area coperta (art. 6) le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine) (art. 6);
7) le abitazioni facenti parte di fabbricati o costituenti fabbricati insistenti su aree comunque destinate all’edilizia residenziale, quando il costo del terreno coperto e di pertinenza supera di una volta e mezzo il costo della sola costruzione (art. 7);
8) anche se un’abitazione non ha almeno una delle caratteristiche di cui ai precedenti articoli da 1 a 7, essa è considerata di lusso se presenta oltre 4 caratteristiche tra quelle riportate nella tabella allegata al D.M. 2 agosto 1969 (art. 8).
In particolare, l’art. 6 del D.M. 2 agosto 1969 qualifica come abitazioni di lusso (quindi, escluse dal beneficio fiscale), le unità immobiliari “aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)”.
6. Occorre premettere che, come già statuito da questa Corte, principi di ragionevolezza ed equità contributiva impongono che, al fine di stabilire la spettanza delle agevolazioni tributarie di cui sopra, l’abitazione vada considerata “di lusso” o “non di lusso” con riferimento al momento dell’acquisto, e non a quello della sua costruzione o ristrutturazione successiva (vedi Cass. 1439/2016).
In particolare, ai fini del riconoscimento del beneficio fiscale previsto per l’acquisto della prima casa, il calcolo della superficie dell’abitazione non può essere effettuato alla stregua del disposto dell’articolo 3 del Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici n. 801 del 10 maggio 1977 (“Determinazione del costo di costruzione di nuovi edifici”), che definisce la superficie abitabile come “la superficie di pavimento degli alloggi misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e finestre, di eventuali scale interne, di logge e di balconi”. Applicando detta previsione normativa, la CTR si è posta in contrasto con l’orientamento espresso di recente da questa Corte, secondo cui in tema di imposta di registro, ipotecarie o catastali, per stabilire se un’abitazione sia di lusso e, quindi, esclusa dai benefici per l’acquisto della prima casa ai sensi della tariffa I, art. 1, nota II-bis, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la sua superficie utile – complessivamente superiore a mq. 240 – va calcolata alla stregua del D.M. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, n. 1072, e va determinata in quella che – dall’estensione globale riportata nell’atto di acquisto sottoposto all’imposta – residua una volta detratta la superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina, non potendo, invece, applicarsi i criteri di cui al D.M. Lavori Pubblici 10 maggio 1977, n. 801, le cui previsioni, relative ad agevolazioni o benefici fiscali, non sono suscettibili di un’interpretazione che ne ampli la sfera Applicativa (Cass. n. 861/2014 e, più di recente, n. 24469/2015 e Cass. 11556/16).
7. Va, altresì, ricordato che, in altra decisione, la Corte ha precisato, in riferimento alla “utilizzabilità” della superficie, che «per stabilire se una abitazione sia di lusso e, quindi, sia esclusa dall’agevolazione per l’acquisto della “prima casa”, di cui all’art. 1, terzo comma, Parte prima, Tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, occorre fare riferimento alla nozione di “superficie utile complessiva” di cui all’art. 6 del D.M. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, in forza del quale è irrilevante il requisito dell’ abitabilità” dell’immobile, siccome da esso non richiamato, mentre quello dell’utilizzabilità” degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituisce parametro idoneo ad esprimere il carattere “lussuoso” di una abitazione» (Cass. n. 25674/2013 e, più di recente, n. 18480/2016).
In particolare, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, ai fini per cui è causa, non si applicano le normative edilizie o igienico-sanitarie (Cass. 12942/2013; 23591 del 2012; n. 10807 del 2012, n. 22279 del 2011; 25674/2013), in quanto gli unici locali da escludersi sono quelli espressamente indicati nella su riportata normativa (Cass. 861/2014; Cass. 24469/2015; 2016/11556).
Pertanto il requisito del” utilizzabilità” degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituisce parametro idoneo ad esprimere il carattere “lussuoso” di una abitazione (cfr.,tra le altre, Cass. n. 25674 del 15/11/2013, nella quale si è ritenuta legittima la revoca del beneficio ove, mediante un semplice intervento edilizio, potesse computarsi nella superficie “utile” anche un vano deposito di un immobile, in concreto non abitabile perché non conforme ai parametri aero-illuminanti previsti dal regolamento edilizio), assumendo rilievo – in coerenza con l’apprezzamento dello stesso mercato immobiliare – la marcata potenzialità abitativa dello stesso (cfr. anche Cass. 10807/2012; Cass. 22279/2011 e di recente, Cass. n. 9529/2015, la quale, alla luce dei superiori principi, ha statuito che, al fine di stabilire il carattere di lusso dell’immobile, anche l’ambiente strettamente adibito a cantina, ovvero a soffitta, costituisce comunque elemento da comprendere invece nel calcolo della superficie complessiva, da considerare come facente parte di “casa di lusso”, allorquando, in concreto, esse siano strutturate in modo tale da essere abitabili, sì da perderne la tipica caratteristica). E’, altresì, principio espresso da questa Corte quello per cui, a fronte dell’irrilevanza del mero dato catastale, grava sul contribuente l’onere di provare, tramite idonea documentazione tecnica, che i vani in questione non erano utilizzabili a scopo abitativo (cfr. Cass.21553/2011). Nella specie, la CTR non ha valutato la situazione esistente, in punto di effettiva destinazione dei vani in contestazione, al momento dell’atto di acquisto, unica determinante ai fini dell’agevolazione fiscale.
8. Pertanto erroneamente i giudici di appello hanno ritenuto non computabile la superficie dei locali al settimo piano, qualificati come terrazza (ma accatastati come veranda e lavatoio) e l’ampliamento risultante dal catasto, omettendo di valutare il diverso parametro dell’utilizzabilità (vedi anche Sez. 5, Sentenza n. 10807 del 28/06/2012, secondo la quale deve ritenersi che anche il sottotetto sia computabile ai fini della superficie utile complessiva non risultando che sia un vano non computabile).
Applicando detti principi al caso di specie, risulta evidentemente erronea in punto di diritto l’assimilazione della terrazza alla veranda o al lavatoio, atteso che la terrazza, espressamente esclusa dal calcolo della superficie utile, si connota per una specifica destinazione, con conseguente impossibilità di ricondurre alla nozione di “terrazza” anche locali che hanno caratteristiche e destinazione del tutto diverse. Utile a tale proposito è il richiamo alle fattispecie concrete prese in esame da alcune recenti pronunce di questa Corte, che ha ritenuto che dovessero computarsi, quale superficie utile ai fini del D.M. 2 agosto 1969, un locale magazzino sprovvisto di luce e di aerazione (Cass. civ. sez. V 26 ottobre 2012, n. 23591; Cass. 2016 n. 18081), come pure un locale adibito a sala hobby ed ubicato nel piano interrato dell’abitazione, sebbene di altezza minima inferiore a quella prevista per le stanze destinate ad uso abitativo del regolamento comunale applicabile (cfr. Cass. 10807/12).
L’errore di diritto ha, peraltro, influito anche sulla correttezza, sul piano logico, dell’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, che ha totalmente omesso di verificare in concreto, sulla base delle caratteristiche e dell’effettiva destinazione dei locali indicati e delle visure catastali, se i locali avessero o meno una propria effettiva utilizzabilità, dovendosi procedere a detta verifica applicando il principio di diritto di cui alla succitata Cass. n. 23591/12, secondo la quale “il calcolo della superficie utile di un immobile, al fine di stabilire se esso debba essere considerato di lusso ai sensi dell’art. 6 del d.m. 2 agosto 1969, va compiuto a prescindere dalla circostanza che parte degli ambienti non sia conforme alle prescrizioni urbanistiche sotto il profilo dell’abitabilità, in quanto quel che unicamente rileva ai fini del computo della superficie utile è l’idoneità di fatto degli ambienti allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana.
In accoglimento dei primi due motivi, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, ad altra sezione della CTR del Lazio, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, in relazione ai motivi accolti, alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, altra sezione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.
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