CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 novembre 2016, n. 24171
Dipendente Ministero – lndennità integrativa speciale – Retribuzione globale
Fatto e diritto
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 20 ottobre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“Il Tribunale di Brindisi ha accolto, nei limiti della prescrizione quinquennale, il ricorso proposto da B.L. – già dipendente N. (USAF di S. Vito dei Normanni) transitato al Ministero del Lavoro ex l. n. 98/71 in posizione B3 – inteso ad ottenere la declaratoria del diritto all’inclusione dell’indennità integrativa speciale nel computo del beneficio, previsto dall’art. 5 del d.P.R. n. 344 del 1983, dell’ 1,25% dello stipendio iniziale di assunzione nello Stato per ogni anno di servizio o trazione prestato presso l’organismo militare.
La Corte di appello di Lecce ha respinto il gravame del Ministero confermando la pronunzia impugnata, osservando: che sia l’ Adunanza Generale del Consiglio di Stato in sede consultiva (parere 1931 del 6.12.2000), che il Consiglio di Stato (sez. IV 28.12.2006 n. 8008) avevano affermato la natura retributiva dell’indennità integrativa speciale in linea con quanto ritenuto da Corte Cost. 243/93; che nel contratto collettivo 1998/2000 l’IIS era ricompresa nella retribuzione come voce singola non conglobata, laddove l’art. 20 del ccnl comparto Ministeri sottoscritto il 16.6.2003 aveva invece innovato la disciplina in tema prevedendo che l’iis dovesse essere inglobata nello stipendio tabellare assunto come base di computo. Riteneva che la circostanza che a decorrere dall’1.1.2003 l’indennità, alla stregua del comma 3 dell’art. 20 del contratto di comparto, non fosse più corrisposta come voce, ma componesse il trattamento retributivo noti determinava il mutamento della natura giuridica dell’attribuzione.
Per la cassazione di tale decisione ricorre il Ministero con unico motivo di impugnazione.
Il B. resiste con controricorso.
Con l’unico motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione degli art. 5 del dpr 25.6.1983 n. 344, 75 del d.lgs. n. 29/93, 69 del d.l.gs. n. 165/2001 e 20 del CCNL del 12 giugno 2003 (in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.), rilevandosi che il riferimento nel testo della norma ad una percentuale dello stipendio iniziale del livello retributivo corrispondente alla posizione giuridica in godimento al momento dell’assunzione del personale di cui alla legge 98/71 ed alla legge 596/79 alle dipendenze dello Stato indica chiaramente che il beneficio doveva essere determinato in relazione allo stipendio tabellare alla data dell’assunzione in servizio presso il Ministero. Essendo stato assunto il B. in epoca anteriore rispetto all’inglobamento dell’IIS nello stipendio tabellare, avvenuto con l’art. 20, co. 3, ccnl 2002/2005 comparto Ministeri, sottoscritto il 16.1.2003 con decorrenza dal 1°.1.2003, si sostiene che il nuovo meccanismo introdotto con tale decorrenza non poteva influire sulla quantificazione del beneficio invocato, da calcolarsi al momento dell’assunzione prendendo a base esclusivamente lo stipendio tabellare a tale data.
Il motivo è fondato.
Si controverte del diritto del controricorrente, già dipendente della N., assunto in data 30 novembre 1999 presso il Ministero del Lavoro, al beneficio economico previsto dall’art. 5 del d.P.R. 25 giugno 1983 n. 344 (recante norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo del 29 aprile 1983 concernente il personale dei Ministeri ed altre categorie), secondo il quale “Il servizio prestalo dal personale di cui alla legge 9 marzo 1971, n. 98, e alla legge 23 novembre 1979, n. 596, alle dipendenze degli organismi militari operanti sul territorio italiano nell’ambito della (Comunità atlantica, dà titolo ad un beneficio pan all’11,25 per cento dello stipendio iniziale del livello retributivo corrispondente alla posizione giuridica in base alla quale è stato assunto alle dipendenze dello Stato, per ogni anno di servizio o frazione di anno superiore a sei mesi, con le modalità previste dall’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 9 giugno 1981, n. 310”.
L’interessato rivendica, nello specifico, l’inclusione dell’indennità integrativa speciale nel computo di detto beneficio, che il Ministero ritiene, invece, non consentita in base al tenore della norma invocata. Deve rilevarsi che PUS, istituita nel 1959, era una delle componenti della retribuzione dei dipendenti del comparto ed è restata espressamente distinta dalle altre fino al 31 dicembre 2002, poiché inglobata nello stipendio tabellare solo a decorrere dal 1° gennaio 2003.
Alla data del 30 novembre 1999, di assunzione del controricorrente, il ccnl 1998/2001, all’art. 25, prevedeva che la retribuzione base mensile fosse costituita dal valore economico mensile di ciascuna delle posizioni economiche previste all’interno di ciascuna area ivi comprese le posizioni super di cui all’art. 17 del CCNL del 16.2.99 – e dall’indennità integrativa speciale.
Costituisce, dato pacifico, atteso il chiaro tenore letterale della disposizione, che il d.P.R. n. 344 del 1983 non ha fatto cenno all’I.l.S., ma ha menzionato il solo stipendio.
Per “stipendio iniziale del livello retributivo corrispondente alla posizione giuridica” di assunzione nello Stato non può, pertanto, che intendersi lo stipendio tabellare di base della posizione giuridica attribuita all’atto dell’assunzione.
Ciò come di recente affermato nell’ambito di orientamento giurisprudenziale amministrativo (cfr. Consiglio di Stato, sez. IlI, 12.5.2011 n. 2852) – in primo luogo perché il dato letterale della norma contrattuale di cui si discute non lascia spazio alla considerazione di ulteriori elementi facenti parte della retribuzione globale, pur aventi indubbia natura retributiva e, in secondo luogo, perché è in tal modo che la norma contrattuale ha voluto perseguire la finalità perequativa ad essa sottesa, evidentemente tenuto anche conto del dato che l’indennità in parola era comunque percepita separatamente dall’impiegato. E’ stato evidenziato che nella norma richiamata non v’è menzione dell’indennità integrativa speciale, ancorché da lungo tempo istituita rispetto all’epoca di emanazione della stessa, e che la (autonoma) inclusione di tale indennità nel computo del beneficio si sarebbe risolta nella sua duplice corresponsione, sia pur in quota parte, in contrasto col disposto dell’art. 1, co. 4, della legge 27 maggio 1959 n. 324, istitutiva della medesima indennità, secondo cui “L’indennità integrativa speciale compete ad un solo titolo” (cfr., in tali termini, Consiglio di Stato, sez. IlI, n. 2852/11 cit..).
Tali, considerazioni sono del tutte condivisibili e deve ai fermarsene la validità in relazione ad ipotesi del passaggio alle dipendenze dell’amministrazione avvenuto, come per il B., prima dell’1.1.2003, giacché l’art. 20, co. 3, del CCNL, di categoria sottoscritto il 26 maggio 2004 ha stabilito la ricomprensione dell’iis ed il suo assorbimento nello stipendio tabellare con tale decorrenza.
Va, poi, aggiunto che anche in tema di determinazione della base di computo di istituti retributivi indiretti il riferimento al solo stipendio tabellare, con esclusione dell’indennità integrativa speciale, è stato ritenuto tale da non suscitare dubbi di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 36, in quanto la proporzionalità e l’adeguatezza della retribuzione vanno riferite non già alle sue singole componenti, ma alla globalità di questa (cfr. per un mero riferimento Cass. 1717/11), e che nel caso all’esame le modalità di computo del beneficio tendono unicamente alla valorizzazione, in termini economici, del servizio prestato presso la N.. Infine, proprio tale finalità esclude la rilevanza delle disposizioni contrattuali collettive successive nei termini invocata dalla difesa del B., posto che il beneficio è computato avendo riguardo ad una percentuale dello stipendio iniziale per ogni anno di servizio pregresso, senza alcuna incidenza di successive modificazioni della nozione di stipendio presa a riferimento dalla norma.
Alla luce di quanto esposto, si propone l’accoglimento del ricorso, la cassazione dell’impugnata sentenza con decisione nel merito – ex art. 384, co.2°, c.p.c. non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – di rigetto della originaria domanda, con ordinanza ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5.”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.
Il Collegio condivide pienamente la sopra riportata relazione conforme ai precedenti di questa Corte (da ultimo: Cass. n. 20809 del 14 ottobre 2016) e, quindi, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e decide nel merito – ex art. 384, co.2°, c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto) rigettando l’originario ricorso.
Il diverso orientamento espresso nella presente sede di legittimità rispetto a quello seguito nelle fasi del merito induce a compensare tra le parti le spese dell’intero processo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda; compensa tra le parti le spese dell’intero processo.