CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 novembre 2017, n. 28465
Imposte indirette – IVA – Accertamento – Liquidazione/cancellazione dal Registro delle imprese – “Società erede”
Rilevato che
Con sentenza in data 12 maggio 2016 la Commissione tributaria regionale della Liguria respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 1218/4/14 della Commissione tributarla provinciale di Genova che aveva accolto il ricorso della A. srl contro l’avviso di accertamento IVA ed altro 2008. La CTR osservava in particolare che, essendo impugnato un atto impositivo diretto a realizzare una pretesa fiscale nei confronti della A. snc, estinta a seguito di liquidazione/cancellazione dal Registro delle imprese e basandosi peraltro l’atto stesso sulla partecipazione della A. srl nella A. srl, già socia della A. snc, anch’essa analogamente estinta per liquidazione/cancellazione, l’Agenzia delle entrate non aveva comprovato il fondamento della sua pretesa nei confronti della “società erede”, ravvisabile nel fatto che la medesima avesse percepito somme dalla liquidazione della società partecipata ed a sua volta “erede” in quanto partecipante della debitrice tributaria originaria.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un motivo unico.
Resiste con controricorso la A. spa, già srl.
Considerato che
Con l’unico mezzo dedotto – ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – l’agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione dell’art. 2495, cod. civ., poiché la CTR ha affermato l’infondatezza della pretesa fiscale oggetto dell’avviso di accertamento impugnato in quanto non era stato assolto l’onere gravante sull’Ente impositore di comprovare l’avvenuta percezione da parte della A. srl di somme rivenienti dalla liquidazione della partecipata A. srl, a sua volta partecipante della A. snc.
La censura è infondata.
Va infatti ribadito che «La cancellazione della società dal registro delle imprese, pur provocando, dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, l’estinzione della società, non determina l’estinzione dei debiti insoddisfatti nei confronti dei terzi, verificandosi un fenomeno di tipo successorio “sui generis”, in cui la responsabilità dei soci è limitata alla parte di ciascuno di essi conseguita nella distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio di liquidazione, sicché l’effettiva percezione delle somme da parte dei soci, in base al bilancio finale di liquidazione, e la loro entità vanno provate dall’Amministrazione finanziaria che agisce contro i soci per i pregressi debiti tributari della società, secondo il normale riparto dell’onere della prova» (Sez. 5, Sentenza n. 13259 del 26/06/2015, Rv. 635874 – 01).
La sentenza impugnata è evidentemente conforme al principio di diritto di cui al citato arresto giurisprudenziale e non merita dunque cassazione.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1 – quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714-01).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna l’agenzia fiscale ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600 oltre euro 200 per esborsi, 15% per contributo spese generali ed accessori di legge.
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