CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 settembre 2017, n. 22778
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Ricorso in appello – Contenuto
In fatto e in diritto
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, contro la sentenza resa dalla CTR della Campania indicata in epigrafe che ha respinto l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza di primo grado con la quale era stato annullato l’avviso di accertamento notificato alla società N.I. srl relativo ad IRES e altri tributi per l’anno 2006.
La parte intimata si è costituita con controricorso.
Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.
L’Agenzia prospetta la violazione dell’art. 53 d.lgs. n. 546/1992. La CTR avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità dell’appello, che si era limitato a riproporre il contenuto del ricorso introduttivo, contestando la validità degli avvisi di accertamento senza aggredire la sentenza impugnata nella parte in cui aveva individuato un preciso vizio di legittimità concernente la proponibilità del ricorso.
La censura è manifestamente infondata.
Diversamente da quanto prospettato dalla ricorrente, l’atto di impugnazione redatto dalla società contribuente rispondeva ai canoni di specificità ed adeguatezza richiesti dall’art. 53 d. Igs. n. 546/1992, come puntualmente rilevato dalla CTR.
Ed invero, il giudice di primo grado aveva definito il giudizio in modo sfavorevole alla contribuente sul rilievo della tardività del ricorso introduttivo – cfr. Cass. n. 22510/2015, Cass. n. 27354/2013. Orbene, il giudice di appello ha ritenuto l’erroneità della pronunzia di primo grado ed ha osservato che la contribuente aveva contestato la sentenza della CTP richiamando il tema della tempestività dell’istanza di adesione spedita entro il termine di legge anche se ricevuta successivamente alla scadenza dello stesso e della conseguente sospensione del termine per ricorrere in sede giurisdizionale. Ora, la CTR ha puntualmente evidenziato che l’appello della contribuente non poteva che risolversi nella riproposizione delle doglianze spiegate in primo grado contro la legittimità dell’accertamento che il primo giudice non aveva esaminato, decidendo la questione pregiudiziale concernente la tempestività del ricorso.
Non fondata risulta, peraltro, la censura laddove prospetta la motivazione apparente o nulla della sentenza impugnata che, per converso, ha accolto l’impugnazione valorizzando le doglianze prospettate dalla società contribuente.
Il ricorso va quindi rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in favore della controricorrente come da dispositivo.
P.Q.M.
Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore della controricorrente in euro 4500,00 per compensi, oltre il 15% per spese generali sui compensi, oltre accessori come per legge.
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