CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 settembre 2017, n. 22788
Tributi – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Contenzioso tributario
Fatto e diritto
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:
Con sentenza n. 2830/18/2014, depositata il 25 settembre 2014, non notificata, la CTR della Sicilia – sezione staccata di Catania – rigettò l’appello proposto nei confronti della F.lli D.B. S.r.l. dall’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Catania, per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Catania, che aveva accolto il ricorso della contribuente per l’annullamento di avviso di accertamento e cartella di pagamento per IVA ed IRAP per l’anno 2001 a seguito di elementi acquisiti (dati relativi ad operazioni bancarie) nel corso d’indagine penale.
Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Disposta con ordinanza interlocutoria di questa Corte n. 2585/17 la rinnovazione del ricorso per cassazione e della relativa notifica, l’Amministrazione finanziaria, dando atto che, in pendenza del giudizio di legittimità, è sopravvenuta la cancellazione della società dal registro delle imprese, ha provveduto nel termine fissato all’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci nominativamente indicati in epigrafe.
Gli intimati non hanno svolto difese.
Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione denuncia nullità della sentenza impugnata, per violazione dell’art. 36 del d. lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.,
Il motivo è infondato, atteso che la sentenza impugnata risulta aver esposto diffusamente le ragioni in fatto ed in diritto poste a base della decisione, onde ne è pienamente desumibile la ratio decidendo.
Viceversa è manifestamente fondato il secondo motivo, con il quale l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 33 del d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata, in consapevole contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, ha negato qualsiasi rilievo, perché priva di motivazione, all’autorizzazione rilasciata dall’Autorità giudiziaria per l’utilizzazione a fini fiscali degli elementi acquisiti dalla Guardia di Finanza nel corso d’indagine penale.
Invero la giurisprudenza di questa Corte ha precisato (tra le molte Cass. sez. 5, 27 gennaio 2016, n. 1464; Cass. sez. 5, 16 dicembre 2011, n. 27149; Cass. sez. 5, 16 maggio 2007, n. 11203), che l’autorizzazione prevista dall’art. 33, comma 3, del d.P.R. n. 600/1973 è posta a garanzia rispetto ai soli fini del processo penale, cioè a salvaguardia della riservatezza delle relative indagini e non già a tutela dei soggetti coinvolti nel procedimento penale medesimo o di terzi, sicché finanche l’eventuale mancanza di autorizzazione non è preclusiva dell’utilizzabilità ai fini dell’accertamento tributario dei dati trasmessi.
La sentenza impugnata, che non si è attenuta al succitato principio di diritto, va dunque, in accoglimento del motivo in esame, cassata con rinvio per nuovo esame alla CTR della Sicilia – sezione staccata di Catania, in diversa composizione, che vi si uniformerà.
Resta assorbito il terzo motivo.
Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in relazione al secondo motivo, rigettato il primo ed assorbito il terzo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia – sezione staccata di Catania, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
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