CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 agosto 2017, n. 20513
Tributi – Contenzioso tributario – Legitimatio ad causam – Notifica dell’atto impositivo destinato ad altro soggetto – Errore di omonimia – Prova dell’effettiva ricezione della notifica – Necessità
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:
Con sentenza n. 415/4/2015, depositata il 21 dicembre 2015, non notificata, la CTR della Sardegna rigettò l’appello proposto da E. G. P. S.p.A., c.f. 10236451000, nei confronti del Comune di Sedilo avverso la sentenza di primo grado della CTP di Oristano – che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla società avverso avviso di accertamento ai fini ICI per l’anno d’imposta 2006, relativo a diga cantoniera e ad invaso insistenti sul territorio di detto Comune – in quanto carente d’interesse all’impugnazione, non essendo destinataria dell’avviso di accertamento in questione.
Avverso la pronuncia della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, al quale il Comune resiste con controricorso.
Con l’unico motivo la ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 24 Cost., 1, comma 2, del d. lgs. n. 546/1992 e 100 ed 81 c.p.c.” in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., rilevando come la CTR abbia erroneamente escluso la sussistenza della propria legitimatio ad causam, nascendo l’interesse all’impugnazione dal fatto di essere stata comunque destinataria, sebbene erroneamente, presso la propria sede legale in Roma alla Via Regina Margherita, n. 125, dell’avviso di accertamento in questione che era diretto invece ad altra società del pari denominata E. G. P. S.p.A., contraddistinta però da diverso codice fiscale, che aveva sede legale in Pisa, già estinta, al tempo della notifica dell’atto impositivo, per incorporazione in E. Produzione S.p.A.; donde la necessità d’impugnazione dell’atto al fine di evitare la definitività nei propri confronti dell’atto ad essa notificato.
Il controricorrente Comune, eccepita in primo luogo l’inammissibilità dell’avverso motivo di ricorso perché formulato in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e non n. 4, c.p.c., trattandosi di error in procedendo, rileva l’artificiosa ricostruzione dei fatti di causa da parte della contribuente, chiedendo valutarsi la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 96 c.p.c. ai fini della condanna di controparte al risarcimento dei danni da lite temeraria.
In primo luogo deve rilevarsi che la ricorrente non contesta in fatto la circostanza che destinataria dell’atto impositivo fosse altra società, allo stesso modo denominata, ma contraddistinta da diverso codice fiscale. Alla stregua di ciò, anche alla luce di quanto da ultimo esposto dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 16 febbraio 2016, n. 2951), appare corretto ricondurre la formale declaratoria di “carenza di legittimazione passiva” contenuta nella parte motiva della decisione impugnata al difetto di legitimatio ad causam.
Osserva comunque la Corte per completezza che il ricorso fonda tuttavia la censura alla sentenza impugnata su circostanza di fatto – l’essere destinataria della notifica dell’avviso di accertamento impugnato – sebbene soggetto passivo d’imposta risultasse altra società avente medesima denominazione sociale, ma già estinta per incorporazione in altra società del gruppo E., che è contestata da controparte, che rileva che all’indirizzo di Viale Margherita 125 in Roma dove ha sede legale l’odierna ricorrente, ha ugualmente sede legale E. Produzione S.p.A. che ha incorporato, determinandone l’estinzione, la vecchia E. G. P. S.p.A., contrassegnata dal codice fiscale 01494190505, la cui sede legale, finché la società è stata in vita, era in Pisa; di modo che la notifica è stata indirizzata alla sede di Viale Margherita 125 quale sede della società incorporante la “vecchia” E. G. P., in quanto tale effettiva destinataria dell’avviso di accertamento.
A fronte dell’equivocità di dette circostanze fattuali – ove anche voglia escludersi che la sentenza impugnata, al pari di quella di primo grado, abbia compiuto, nell’utilizzare l’espressione secondo cui l’odierna ricorrente “non era destinataria dell’avviso di accertamento in questione” un vero e proprio accertamento di fatto sul non essere la “nuova” E. G. P. destinataria della stessa notifica dell’avviso di accertamento in oggetto – parte ricorrente, che ha impugnato con il ricorso per cassazione la sentenza della CTR della Sardegna in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., onde conseguire il risultato utile favorevole prospettato, aveva l’onere di ottemperare al principio di autosufficienza, chiarendo non solo che l’atto fosse stato indirizzato al Viale Margherita 125 ove è la propria sede legale, atteso che lì ha sede anche la società E. Produzione S.p.A. incorporante la “vecchia” E. G. P., ma che fosse stato consegnato dall’addetto alla notifica al legale rappresentante della “nuova” E. G. P. o a persona incaricata di ricevere la notifica o ad altra persona addetta alla sede stessa o al portiere dello stabile in cui è la sede, riproducendo il contenuto, trattandosi di atto extraprocessuale, della relata di notifica e/o dell’avviso di ricevimento se spedito direttamente per mezzo del servizio postale; indicando, quindi, in maniera adeguata la situazione di fatto della quale ha chiesto una determinata valutazione giuridica, diversa da quella compiuta dal giudice a quo, asseritamente erronea (cfr. Cass. sez. 5, 18 febbraio 2015, n. 3197; Cass. sez. 5, 2 aprile 2014, n. 7600; Cass. sez. 5, 27 maggio 2011, n. 11731; Cass. sez. lav. 19 luglio 2001, n. 9777).
Non avendo a ciò parte ricorrente ottemperato, il ricorso va dunque ritenuto inammissibile, con conseguente condanna, secondo soccombenza, della ricorrente al pagamento in favore dell’ente impositore delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
La sola carenza del ricorso in relazione al profilo dinanzi menzionato non consente di verificare la sussistenza dei presupposti della mala fede o della colpa grave ai fini della responsabilità della ricorrente, in relazione alla domanda di cui all’art. 96 c.p.c. formulata dall’ente impositore.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del Comune controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.
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