CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 marzo 2017, n. 8085
Accertamento – Credito d’imposta – Avviso di recupero – Agevolazioni “nuovi investimenti” – Acquisizioni di beni strumentali nuovi
Rilevato che
1. L’agenzia delle entrate propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 31 del 10 gennaio 2012 con la quale la commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l’avviso di recupero notificato alla M. srl in relazione a taluni crediti d’imposta, ex art. 8 legge 388/00, di cui si assumeva l’indebita fruizione negli anni 2001, 2002 e 2003.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che i crediti di imposta in oggetto – ancorché relativi a beni mobili accessori, in parte acquisiti in leasing ed in parte utilizzati dall’impresa in luoghi diversi dalla sede aziendale sita in area svantaggiata – dovessero essere riconosciuti ai sensi di legge.
Resiste con controricorso e memoria la M. srl.
2.1 Con il primo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360, 1 co. n. 3 cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione degli artt. 8 I. 388/00 e 62, primo comma, legge 289/02. Ciò per avere la commissione tributaria regionale erroneamente riconosciuto il credito d’imposta su beni immobili accessori: a. non dotati di autonoma funzionalità, perché annessi a beni diversi dai quali non erano separabili (impianto elettrico di cui alla fattura n.285/03; braccio snodato di gru di cui alla fattura n.3076/05); b. utilizzati presso insediamenti produttivi diversi da quello della società acquirente, e non insistenti in aree svantaggiate (macchine spazzatrici di cui alle fatture nn. 2286 e 2743/04, impiegate in mercati ortofrutticoli ed altre aree in zone diverse dall’insediamento aziendale della M. srl); c. acquistati in leasing (vari beni di cui ad altre fatture 2003).
2.2 L’articolato motivo è infondato.
La commissione tributaria regionale, nel riconoscere il credito di imposta, ha fatto corretta applicazione della norma di riferimento, rappresentata dall’articolo 8 I. 388/00.
Il 2° co. di questa disposizione fornisce la definizione di “nuovi investimenti” ammessi all’agevolazione, con riguardo alle “acquisizioni di beni strumentali nuovi” di cui agli articoli 67 e 68 T.U.I.R., “destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nelle aree territoriali di cui al comma 1”.
La disposizione aggiunge che per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, si assume il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni; detto costo non comprende le spese di manutenzione.
Il 7° co. del medesimo art. 8, poi, detta alcune regole di natura antielusiva, volte ad evitare – con l’inserimento soltanto apparente e transitorio del bene nella struttura produttiva richiedente – la fittizia precostituzione dei requisiti dell’agevolazione. A tal fine si stabilisce la rideterminazione del credito d’imposta “se entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione i beni sono dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all’agevolazione, (…)”. Si aggiunge poi che “per i beni acquisiti in locazione finanziaria le disposizioni precedenti si applicano anche se non viene esercitato il riscatto”.
In tema di agevolazioni fiscali per le aree svantaggiate, il credito di imposta in oggetto spetta dunque per i beni strumentali aventi il requisito della novità e che, ai sensi degli artt. 67 e 68 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, presentino un’autonomia funzionale.
Il problema di riscontrare in concreto quest’ultimo requisito si pone però unicamente nell’ipotesi in cui il bene acceda ad altro cespite che non sia in proprietà dell’impresa agevolata, ancorché venga da quest’ultima utilizzato in forza di un determinato rapporto contrattuale; per esempio di locazione o comodato. Solo in tal caso, infatti, va verificata l’idoneità del bene accessorio ad essere utilizzato separatamente, da parte del locatario o comodatario, al termine del periodo contrattuale. E’ sulla base di questo principio che si è stabilito che le spese sostenute dall’affittuario dei locali per impianti elettrici, di riscaldamento, refrigerazione e simili – che non siano suscettibili di utilizzo separato al termine del rapporto e che, pertanto, non siano dotati di autonomia funzionale rispetto al bene al quale accedono – non danno diritto all’agevolazione ma, in quanto incrementative dell’immobile locato, sono soltanto deducibili in base alla disciplina T.U.I.R.; sicché, ai fini della normativa qui in esame, si tratta non già di “beni” oggetto di nuovi investimenti agevolati, ma soltanto di “costi” deducibili entro i limiti e le condizioni del T.U.I.R. (in tal senso: Cass. 25685/13; Cass. 15572/16).
Al contrario, nel caso di specie si trattava di beni mobili (come il nuovo impianto elettrico) accedenti a beni immobili in proprietà della società contribuente; come tali, suscettibili di integrare la nozione di “nuovi investimenti in beni strumentali destinati a strutture produttive poste in aree svantaggiate”.
2.3 La decisione della commissione tributaria regionale deve ritenersi corretta anche per quanto concerne i beni utilizzati in luoghi diversi dalla sede aziendale della M. srl. Ciò perché, indipendentemente dal luogo di materiale utilizzo dei beni (nella specie, le macchine spazzatrici), non era controverso in causa che tali beni fossero stati acquisiti dalla M. srl; con costi e ricavi a quest’ultima imputati; per l’esercizio della propria attività produttiva di raccolta e gestione dei rifiuti. A nulla rilevando, ai fini in questione, che i nuovi investimenti, così operati, comportassero l’impiego di beni in luoghi diversi dalla sede aziendale; ferma restando la necessità che essi permanessero nella disponibilità e nell’utilizzo diretto della società acquirente, in maniera funzionale alla realizzazione dell’oggetto stesso della sua attività d’impresa. Va d’altra parte considerato che l’utilizzo “in proprio” dei beni acquistati in luogo diverso dalla sede aziendale – tanto più in un contesto nel quale sia la stessa natura dell’attività produttiva dell’acquirente ad imporre una più o meno ampia dislocazione territoriale delle operatività e dei beni strumentali – non rientra in nessuna delle ipotesi di rideterminazione del credito d’imposta in funzione antielusiva di cui al cit. co .7 dell’art. 8; non vertendosi di dismissione dei beni a terzi, né di loro destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, ovvero a strutture produttive diverse da quelle che hanno diritto all’agevolazione.
Si è in proposito stabilito che la norma di cui all’art. 8, comma 7, della legge n. 388 del 2000 “non si applica in caso di trasferimento del bene in un luogo diverso da quello originariamente indicato dal contribuente, ma pur sempre nell’ambito della stessa struttura produttiva (intesa in senso economico-funzionale), attesa la finalità perseguita di evitare l’immissione temporanea dei beni nell’impresa al solo fine di fruire dell’agevolazione. Ne consegue che la dislocazione dei beni nei cantieri edili, ove viene esercitata l’attività di impresa, non determina il venir meno del beneficio, salvo il caso in cui il cantiere assurga ad autonoma struttura produttiva dotata di autonomia gestionale” (Cass. n. 15193/16; in termini, Cass. 20411/14).
2.4 Per quanto concerne, infine, l’acquisizione in leasing, è la stessa disposizione legislativa a prevederne espressamente (co.2 e 7) la rilevanza ai fini del riconoscimento del credito d’imposta.
Ed in tal senso si è anche espressa la giurisprudenza di legittimità che, ai fini dell’individuazione del momento temporale di acquisizione del bene strumentale, ha dato per pacifica l’agevolazione – in presenza di tutti gli altri presupposti – in ipotesi di nuovo investimento realizzato tramite locazione finanziaria (Cass. 9417/14).
3. Con il secondo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate deduce – ex art.360, 1 co. n. 5 cod.proc.civ. – insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, rappresentato dal fatto che il braccio snodato (fattura n.3076/05) era destinato ad un bene diverso non agevolabile, posto che la gru Fasmec indicata, nella documentazione di trasporto, come di destinazione finale del braccio non era mai stata posseduta dalla società contribuente.
Nemmeno questo motivo può trovare accoglimento.
La commissione tributaria regionale ha infatti preso in esame questo aspetto, assumendo che il braccio snodato di cui alla fattura 3076/05 rientrava nel beneficio perché effettuato in periodo utile, ed integrante per la M. srl “un bene nuovo, anche se inserito su uno esistente”. Così facendo, il giudice regionale (come già quello provinciale) ha ritenuto provato che il bene in questione – per sua natura necessariamente annesso ad una gru – fosse imputabile ad un cespite in proprietà della M. srl.
Ciò posto, la censura mira ad inammissibilmente suscitare – nella presente sede di legittimità – la rivisitazione nel merito della fattispecie; con particolare riguardo all’accertamento-individuazione della gru di destinazione del braccio snodato.
Accertamento che il giudice di merito ha in realtà già svolto, con esito qui non sindacabile.
P.Q.M.
– rigetta il ricorso;
– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 10.000,00; oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.
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