CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 gennaio 2018, n. 2192
Tributi – Irap – Ingegnere civile – Requisito dell’autonoma organizzazione – Attività marginale rispetto a quella prevalente di amministratore di società
Ragioni della decisione
Costituito il contraddittorio ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ. (come modificato dal decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197) e acquisite le memorie delle parti, osserva con motivazione semplificata:
1. Col primo motivo di ricorso – denunciando violazione degli artt. 10 e 12 dello Statuto del contribuente – il contribuente censura la sentenza d’appello laddove trascura che l’avviso di accertamento, emesso per maggiori entrate e maggiori imposte (Irpef, Irap, Iva – 2008), derivanti dall’attività d’ingegnere civile, non è stato preceduto dal necessario contraddittorio endoprocedimentale.
1.1 Il rilievo, però, non è fondato perché non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio preventivo per gli accertamenti ai fini Irpef ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino” (Sez. U, Sentenza n. 24823 del 09/12/2015, Rp. 637605 – 01), nella specie effettuate ai sensi dell’art. 32 d.p.r. n. 600/1973. Infatti, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito (Sez U, Sentenza n. 24823 del 09/12/2015, Rp. 637604 – 01).
1.2 Sennonché, riguardo all’Iva, il ricorrente non ha affatto assolto l’onere di enunciare in concreto e con la dovuta autosufficienza le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e di allegare che, senza quella irregolarità e sulla base delle allegazioni del contribuente, il procedimento avrebbe potuto avere un esito diverso (Sez. 5, Sentenza n. 18450 del 21/09/2016, Rv. 641058 – 01; conf. Sez. 6-5, Ordinanza n. 15457 del 21/06/2017, in mot).
2. Con il secondo motivo di ricorso – denunciando violazione dell’art. 32, primo comma, n. 2), d.p.r. n. 600/1973 – il contribuente censura la sentenza d’appello, laddove trascura che l’avviso di accertamento per maggiori entrate derivanti da lavoro autonomo si fonda solo su presunzioni derivanti da ingiustificati versamenti su conto corrente bancario.
2.1 Il rilievo non è fondato, poiché a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 228/2014 non è più proponibile l’equiparazione logica tra attività d’impresa e attività professionale, cosicché è definitivamente venuta meno la presunzione di imputazione dei prelevamenti operati sui conti correnti bancari ai compensi conseguiti nella propria attività dal lavoratore autonomo o dal professionista intellettuale, che la norma poneva; mentre, resta oggi invariata la presunzione legale d’imponibilità dei versamenti in conto effettuati dai lavoratori autonomi (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 19806 del 09/08/2017, mass, non uff.).
2.2 Si tratta di orientamento che, componendo incertezze sezionali, convalida la tesi maggioritaria (conf. Cass., Sez. 5, nn. 16697, 18065, 18066, 18067, 16686, 16699, 11776, 6093 del 2016; nn. 23575, 18126, 18125, 16929, 13470, 12021 del 2015; nn. 5152 e 5153 del 2017; Sez. 6-5, nn. 7453, 9078, 19029 del 2016) e ritiene che la maggior coerenza di tale tesi con la sentenza della Corte costituzionale discende dalla considerazione che la discrasia tra motivazione e dispositivo della stessa comporta che la sua portata precettiva debba essere individuata integrando il dispositivo con la motivazione, laddove afferma che “Pertanto nel caso di specie la presunzione è lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito”, nessun accenno venendo fatto in tali sviluppi argomentativi ai “versamenti” in conto (così Cass., Sez. 5, n. 19806/2017, cit.).
3. Con il terzo motivo di ricorso, invece, il contribuente esattamente censura – per violazione di norme di diritto sostanziali (d.lgs. 446/1997, art. 2; cod. civ., art. 2697) – la sentenza d’appello laddove stima l’attività libero professionale del contribuente fornita del requisito dell’autonoma organizzazione, pur essendo quella di ingegnere marginale rispetto a quella prevalente di amministratore di società e per di più espletata senza costi inerenti e senza l’ausilio di personale.
3.1 La decisione del giudice regionale si discosta dai principi regolativi ora definitivamente certificati dalle sezioni unite (Cass, Sez. U, Sentenza n. 9451 del 10/05/2016, Rv. 639529), laddove afferma che, in tema di imposta regionale sulle attività produttive, il presupposto dell’autonoma organizzazione richiesto dall’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997 non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive.
3.2 Dalla lettura combinata della sentenza d’appello e delle difese delle parti emerge che nella specie il thema decidendum riguarda la trascurata assenza di costi sia per personale dipendente sia per l’esercizio dell’attività, il tutto pur emergente dalle dichiarazioni fiscali.
Il che, senza adeguato esame da parte del giudice di merito, esclude che i parametri indicati dalle sezioni unite possano dirsi superati di per se stessi e, stante la scorretta applicazione delle norme di diritto che governano l’imposta, rende indispensabile un’indagine di merito, invece, erroneamente elusa dal giudice regionale e tale da integrare il vizio di cui al n. 3) dell’invocato art. 360 del codice di rito.
Consequenzialmente il ricorso va accolto nei sensi sopra precisati e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente Commissione tributaria regionale in diversa composizione, per nuovo esame, alla luce dei criteri indicati, nonché per la statuizione sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo di ricorso; rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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