CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 gennaio 2018, n. 2288
Contratto di lavoro subordinato – Nullità del termine – Temporanea necessità di avviamento in produzione e distribuzione di un nuovo prodotto – Mancata indicazione del prodotto – Differente lettura della fattispecie riservata all’apprezzamento di merito – Ricorso inammissibile
Rilevato
che con separate sentenze – non definitiva n. 1359/11 e definitiva n. 246/12 – la Corte d’appello di Milano, in riforma della pronuncia n. 165/09 emessa dal Tribunale di Varese, dichiarava, previo accertamento della nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato con L.G. e G.S., l’esistenza d’un rapporto a tempo indeterminato fra detti dipendenti e W.E. S.r.l. e condannava la società a riammettere in servizio i lavoratori e a pagare loro a titolo risarcitorio un’indennità, ex art. 32 legge n. 183 del 2010, pari a quattro mensilità per G.S. e ad otto per L.G.;
che per la cassazione delle sentenze della Corte ambrosiana ricorre W.E. S.r.l. affidandosi a cinque motivi;
che resiste con controricorso G.S., che propone altresì ricorso incidentale basato su un solo articolato motivo contro la sentenza definitiva, nella parte in cui la Corte territoriale ha applicato l’art. 32 cit. ritenendolo compatibile con la normativa euro-unitaria e quella costituzionale;
che la società ricorrente a sua volta resiste con controricorso al ricorso incidentale;
che L.G. non ha svolto attività difensiva;
che G.S. ha depositato memoria ex art. 380-bis 1 cod. proc. civ.;
che il PG ha chiesto il rigetto di entrambi i ricorsi;
Considerato
che il primo motivo del ricorso principale denuncia un vizio di motivazione nella parte in cui i giudici di merito hanno ritenuto generica la causale apposta al contratto a termine stipulato fra i lavoratori e la società, riferita alla temporanea necessità di avviamento in produzione e conseguente distribuzione d’un nuovo prodotto senza indicarlo specificamente: obietta a riguardo la ricorrente che tale motivazione, basata sul mero rinvio alla sentenza n. 214/09 della Corte cost., sarebbe insufficiente e comunque incongruo, attesa la diversità di fattispecie dedotta nella controversia in cui era stato promosso l’incidente di costituzionalità; che anche il secondo motivo del ricorso principale denuncia un vizio di motivazione, per non avere la Corte territoriale considerato che nel contratto stipulato con G.S. il nome del nuovo prodotto (frigorifero modello “S. b. S.”) era stato puntualmente indicato; che il terzo motivo del ricorso principale deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1 d.lgs. n. 368/01, dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., per avere la gravata pronuncia ravvisato un difetto di prova del nesso eziologico tra la causale dedotta in contratto e l’assunzione degli intimati, affermando che all’epoca non vi era stato alcun avviamento in produzione del nuovo prodotto (frigorifero modello “Side by Side”), nonostante che – obietta la ricorrente – le risultanze istruttorie dimostrassero il contrario; che doglianza sostanzialmente analoga viene fatta valere con il quarto e il quinto mezzo del ricorso principale sotto forma di denuncia di vizio di insufficiente motivazione; che ad avviso del Collegio il primo mezzo è infondato, in quanto la Corte territoriale, lungi dall’operare un puro e semplice rinvio a Corte cost. n. 214/09, in realtà ha considerato dirimente il rilievo che le risultanze istruttorie non hanno confermato la sussistenza in concreto della causale dedotta né della sua riferibilità all’assunzione di G.S. e L.G.; che tutte le altre censure svolte dalla ricorrente principale, ad onta dei richiami normativi contenuti nel terzo mezzo, in sostanza sollecitano un’integrale rivisitazione del materiale probatorio affinché se ne fornisca una valutazione diversa da quella accolta dai giudici di merito, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione;
che, in altre parole, tali ulteriori motivi si dilungano nell’opporre al motivato apprezzamento della Corte territoriale proprie difformi valutazioni delle prove, ma tale modus operandi non è idoneo a segnalare il vizio di motivazione di cui all’art. 360 co. 1° n. 5 cod. proc. civ. (nel testo, applicabile ratione temporis, previgente rispetto alla novella di cui all’art. 54 d.l. n. 83/2012, convertito in legge 7.8.2012 n. 134); che, infatti, i vizi argomentativi deducibili con il ricorso per cassazione ai sensi del previgente testo dell’art. 360 co. 1° n. 5 cod. proc. civ. non possono consistere in apprezzamenti di fatto difformi da quelli propugnati da una delle parti, perché a norma dell’art. 116 cod. proc. civ. rientra nel potere discrezionale – come tale insindacabile – del giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, apprezzare all’uopo le prove, controllarne l’attendibilità, l’affidabilità e la concludenza e scegliere, tra le varie risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee e rilevanti, con l’unico limite di supportare con congrua e logica motivazione l’accertamento eseguito (v., ex aliis, Cass. n. 2090/04; Cass. S.U. n. 5802/98);
che le differenti letture ipotizzate in ricorso scivolano sul piano dell’apprezzamento di merito, che presupporrebbe un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, in punto di fatto, incompatibili con il giudizio innanzi a questa Corte Suprema;
che con unico articolato motivo il ricorso incidentale di G.S. deduce violazione e falsa applicazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato e violazione dell’art. 11, comma 1, delle preleggi, nella parte in cui la sentenza definitiva della Corte territoriale ha applicato l’art. 32 cit. ritenendolo compatibile con la normativa comunitaria e quella costituzionale;
che tale ricorso è infondato, dovendosi a riguardo ribadire non solo che la Corte cost. ha escluso l’illegittimità costituzionale del cit. art. 32 nella parte in cui stabilisce un indennizzo a forfait del danno conseguente all’illegittima apposizione del termine al contratto di lavoro (v. sentenza n. 226/14), ma anche che la giurisprudenza di questa S.C. – cui va data continuità – ha ripetutamente statuito la compatibilità della norma in discorso con la direttiva 1999/70/CE, di recepimento dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (cfr., per tutte, Cass. n. 13404/13);
che, in conclusione, entrambi i ricorsi sono da rigettarsi, il che consiglia di compensare fra le parti le spese del presente giudizio di legittimità, mentre non va adottata pronuncia sulle spese riguardo alla posizione di L.G., che non ha svolto attività difensiva; che, sempre riguardo a tale intimata, non può emettersi la pronuncia di cessazione della materia del contendere invocata dalla società ricorrente in base al verbale di conciliazione che si assume intervenuto il 2.7.12, poiché a tal fine sarebbe stata necessaria una concorde richiesta di entrambe le parti (cfr., per tutte, Cass. n. 11813/16), il che non è avvenuto poiché – come già detto – L.G. non ha svolto attività difensiva;
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e compensa le spese del giudizio di legittimità fra G.S. e W.E. S.r.l.
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