CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 novembre 2017, n. 28695
Tributi – IVA e imposte sui redditi – Spese di rappresentanza e spese di pubblicità – Distinzione – Spese per l’organizzazione di convegni medici e spese di trasferimento
Rilevato che
– l’Agenzia delle entrate impugna per cassazione la decisione della CTR della Lombardia che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva ritenuto non fondata la pretesa fiscale relativa alla detrazione Iva per l’anno 1999 con riguardo alle spese sostenute dalla S.B.C. Srl, impresa operante nel settore della produzione di dispositivi cardiovascolari impiantabili, per l’organizzazione di convegni medici, qualificate come spese di pubblicità, esclusi solamente i costi per pernottamento, cena e intrattenimento, valutati come spese di rappresentanza, assumendo con tre motivi:
– (a) violazione e falsa applicazione degli artt. 19 bis. 1, lett. h), d.P.R. n. 633 del 1972, e 74, comma 2, d.P.R. n. 917 del 1986 (ora 108, comma 2), per aver ritenuto le spese per l’organizzazione di congressi di pubblicità anziché di rappresentanza, atteso il carattere gratuito della prestazione rivolta ad un limitato gruppo di destinatari e, dunque, funzionale all’accrescimento del prestigio;
– (b) violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver omesso di pronunciare sul motivo secondo il quale non è ammessa la pubblicità di prodotti soggetti a prescrizione medica;
– (c) insufficiente motivazione per aver la CTR omesso di illustrare in base a quali elementi abbia ritenuto di classificare le spese per l’organizzazione dei congressi come spese di pubblicità invece che di rappresentanza, trascurando gli elementi specificati dall’Agenzia;
Considerato che
– è infondata, preliminarmente, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 366, primo comma, n. 4, c.p.c., per aver omesso di depositare l’atto di appello, dovendosi ritenere superato l’orientamento invocato dal controricorrente a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite (sentenza n. 22726 del 2011) che, con specifico riguardo al giudizio tributario, ha affermato il principio secondo il quale “per i ricorsi avverso le sentenze delle commissioni tributarie, la indisponibilità dei fascicoli delle parti (i quali, ex art. 25, secondo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 restano acquisiti ai fascicolo d’ufficio e sono restituiti solo ai termine del processo) comporta la conseguenza che la parte ricorrente non è onerata, a pena di improcedibilità ed ex art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., della produzione del proprio fascicolo e per esso di copia autentica degli atti e documenti ivi contenuti, poiché detto fascicolo è già acquisito a quello d’ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla S.C. ex art. 369, terzo comma, cod. proc. civ., a meno che la predetta parte non abbia irritualmente ottenuto la restituzione dei fascicolo di parte dalla segreteria della commissione tributaria; neppure è tenuta, per la stessa ragione, alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte
– il primo motivo e il terzo motivo, che possono essere esaminati unitariamente, in quanto strettamente connessi, sono fondati;
– invero, come questa Corte ha più volte ribadito, costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio o l’immagine dell’impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese di pubblicità o di propaganda quelle sostenute per iniziative tendenti, in prevalenza anche se non in esclusiva, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell’attività svolta (v. da ultimo Cass. n. 3087 del 2016);
– a fronte di tale pacifica distinzione era, invero, rilevabile qualche oscillazione in ordine alla riconducibilità di alcune tipologie di spesa e, in ispecie, proprio con riguardo alle spese sostenute per l’organizzazione di congressi e convegni di breve durata, in passato incluse tra quelle pubblicitarie (Cass. n. 25053 del 2006; Cass. n. 15268 del 2000) e, più recentemente, ricondotte alle spese di rappresentanza (Cass. n. 2276 del 2011; Cass. n. 21270 del 2008);
– con riguardo, specificamente, ai congressi medici la Corte ha, peraltro, evidenziato (Cass. n. 24932 del 2013) che, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 541 del 1992 (applicabile ratione temporis nella vicenda qui in esame), attuativo della direttiva n. 92/28/CEE, “gli operatori sanitari ai quali può essere rivolta la pubblicità di un medicinale sono esclusivamente quelle autorizzati a prescriverlo o a dispensarlo (comma 1) ed aggiunge (comma 2) che la pubblicità di un medicinale presso gli operatori sanitari deve sempre comprendere le informazioni contenute nel riassunto delle caratteristiche del prodotto autorizzato… e specificare la classificazione del medicinale ai fini della fornitura…, oppure (comma 3) si può limitare alla denominazione del medicinale, ma pur sempre con la specificazione della denominazione comune del principio o dei principi attivi che lo compongono”;
– da tale presupposto deriva “l’ineludibile conseguenza” che “il novero delle spese di pubblicità” è limitato “alle sole spese volte a render noto un farmaco presso la classe medica, anche attraverso la organizzazione di riunioni ed incontri di breve durata e con la partecipazione di un numero ristretto di specialisti; elementi, questi della breve durata e della partecipazione di un numero ristretto di specialisti, che denotano la connotazione d’informazione scientifica e non già d’intrattenimento della riunione o dei convegno”;
– è quindi evidente la finalità d’informazione scientifica che deve contrassegnare quest’unica pubblicità consentita, tanto più che il consumo dei farmaci non è regolato dal criterio del piacere, ma da quello dell’utilità, mediata dalla classe medica, sicché i medici sono destinatari di una specifica forma di pubblicità che mira non già a reclamizzare astrattamente il prodotto decantandone le virtù o la piacevolezza visiva della confezione, ma ad informarli della natura e delle utilità farmaceutiche del prodotto, in quali ipotesi risulti indicato, in quali no ed in quali sia addirittura nocivo (v. Cass. n. 25053 del 2006; v. anche v. Cass. n. 8844 del 2014; Cass. n. 2349 del 2013; Cass. n. 5494 del 2013);
– tali principi, cui si intende dare continuità, sono sicuramente applicabili anche nella vicenda in esame ove vengono in considerazione, quali prodotti, presidi cardiovascolari impiantabili, la cui utenza finale si identifica con le cliniche e gli ospedali;
– orbene, la CTR, mentre ha correttamente ricondotto le spese di ospitalità a quelle di rappresentanza, con riguardo alle spese “per l’organizzazione dei convegni e spese di trasferimento” ha ritenuto, indistintamente, che esse fossero di pubblicità sul solo presupposto che l’organizzazione dei convegni per il 1999 da parte della S. rispondesse alla finalità di “portare a conoscenza l’offerta del prodotto”, senza, tuttavia, accertare il carattere scientifico del convegno stesso, sicché la decisione non è giuridicamente corretta, dovendo il giudice del rinvio procedere alla relativa verifica;
– il secondo motivo resta assorbito;
– la sentenza, pertanto, in accoglimento del ricorso, va cassata, con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente, in diversa composizione;
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il terzo motivo del ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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