CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 agosto 2017, n. 20657
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Ammissione al passivo – Crediti per fideiussioni in garanzia dei rimborsi IVA
Premesso:
Con sentenza 10/3-14/4/2015, la Corte d’appello di Roma ha respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza del Tribunale, che aveva respinto la domanda ex art. 101 legge fall, di ammissione allo stato passivo del Fallimento della Financial Supporter Company S.A. del credito di euro 4.211.486,10, oltre interessi, derivante dalle 12 fideiussioni prestate dalla società in bonis a garanzia dei diritti dell’erario alla restituzione delle somme dallo stesso versate a titolo di rimborso anticipato dell’Iva ad altrettante imprese, in casi in cui il rimborso non era dovuto, ex art. 38 bis del d.p.r. 633 del 1972.
Secondo la Corte capitolina, la clausola contrattuale(“La garanzia prestata con la seguente polizza ha validità a decorrere dalla data di esecuzione dei rimborsi a favore del contraente e fino a…”) chiaramente esclude in radice che possa sorgere l’obbligazione che dovrebbe essere garantita con la polizza, in mancanza di erogazione del rimborso, da cui l’irrilevanza della questione se si configuri contratto autonomo di garanzia o fideiussione, e comunque la non operatività della polizza rientra tra le eccezioni che il garante può opporre anche nel caso di garanzia autonoma; infine, l’Agenzia non aveva contestato di non avere provato di avere pagato le anticipazioni.
Ricorre l’Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi.
Il Fallimento non svolge difese.
Rileva quanto segue.
E’ manifestamente fondato il primo motivo.
E’ pacifica l’interpretazione delle polizze fideiussorie in oggetto come contratto autonomo di garanzia: come affermato, tra le altre, nelle pronunce 5239/2004, 15576/2006, Sez. U., 3947/2010, 19736/2011, 26965/2014 e 22787/2015, la polizza fideiussoria prevista dall’art. 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972 al fine di consentire al contribuente il rimborso delle eccedenze IVA risultanti dalla dichiarazione annuale in forma accelerata (ossia senza preventivo riscontro della spettanza) e consistente nell’obbligo per la società di assicurazione di versare le somme richieste dall’ufficio IVA, a meno che non vi abbia già provveduto il contribuente, configura un contratto autonomo di garanzia che, diversamente dal modello tipico della fideiussione, è connotato dalla non accessorietà dell’obbligazione di garanzia rispetto all’obbligazione garantita; pertanto, qualora al contribuente, che abbia ottenuto il rimborso, sia successivamente notificato avviso di rettifica che esclude il relativo diritto ed al garante venga domandata la restituzione delle somme rimborsate, questi non può rifiutare l’adempimento in base al rilievo che l’imposta si sia caducata o estinta neppure per condono, consentendogli tale evento soltanto di ripetere quanto versato ove l’obbligazione tributaria risulti effettivamente estinta: così specificamente le pronunce 5239/2004 e 22787/2015.
Di contro a detto orientamento, la Corte del merito ha ritenuto irrilevante la qualificazione del contratto in termini di fideiussione o di contratto autonomo di garanzia, interpretando la clausola sub art.2 (” la garanzia prestata con la seguente polizza ha validità a decorrere dalla data di esecuzione dei rimborsi a favore del contraente e fino al 31 dicembre dei quattro anni successivi a quello di presentazione della
dichiarazione cui si riferisce la richiesta di rimborso”) come intesa a prevedere, oltre che il dies a quo del periodo di validità della polizza, la condizione sospensiva di efficacia del contratto, derivante dalla erogazione dell’anticipazione, il cui avveramento è stato posto a carico dell’Erario.
Orbene, con tale interpretazione la Corte capitolina ha operato la commistione tra la normativa dettata per il periodo di validità della polizza con il profilo nettamente diverso dell’ambito di operatività della stessa, in ordine al quale l’art. 1 delimitazione della garanzia, così dispone:” la società garantisce all’Amministrazione finanziaria, per il periodo indicato all’art. 2, il pagamento totale o parziale delle seguenti somme concernenti l’imposta sul valore aggiunto, compresi i relativi interessi, le spese e le sanzioni connesse dovuti dal contraente a seguito di atto amministrativo notificato entro il periodo di validità del presente contratto.”
E nell’atto d’appello, l’Agenzia aveva dedotto che la stessa Curatela in sede di costituzione aveva riconosciuto che “la produzione documentale della difesa erariale si completa con copia dei verbali di accertamento da cui origina il diniego del rimborso Iva e con alcune lettere con le quali è stata escussa la fideiussione da parte dell’odierna istante”, ove i verbali di accertamento sono proprio gli atti impositivi, con i quali è stata esercitata la pretesa alla restituzione dell’Iva, sul presupposto dell’avvenuta esecuzione del rimborso.
La Corte del merito, pertanto, ha dato un’interpretazione non corretta non solo sul piano delle clausole contrattuali, ma anche in relazione al sistema di legge, che è proprio caratterizzato dalla peculiarità del previo rimborso, seguito dalla verifica della spettanza o meno, a cui è specularmente collegato l’obbligo di presentazione della polizza, di talché la mancata effettuazione del rimborso, lungi dal costituire condizione sospensiva del contratto, può costituire materia di eccezione del garante, per l’inesistenza del rapporto principale. E, alla stregua di quanto sopra rilevato, in mancanza della contestazione del contenuto degli avvisi di accertamento, l’eccezione della Curatela era del tutto generica. Conclusivamente, va cassata la pronuncia impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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