CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza del 7 luglio 2017, n. 16761
Tributi – Imposte sui redditi – Riscossione – Iscrizione a ruolo – Art. 15 del d.P.R. n. 602 del 1973 – Accertamenti non definitivi – Avvisi di recupero di credito d’imposta – Applicabilità – Accertamento sulla debenza del tributo – Accertamento con adesione – Ammissibilità
Ritenuto
che nei confronti della Centro Pro J. M. s.r.l. fu elevato processo verbale di constatazione con il quale fu accertato che la società si era resa cessionaria da altra società, con atto del 19 dicembre 2003 e contestualmente all’azienda, di un credito Iva di € 2.502.300,00, rilevatosi inesistente, ma che fu portato in compensazione con altre imposte negli anni 2004, 2005, 2006, 2008, 2008;
che la contribuente presentò istanza di accertamento con adesione, ai sensi dell’art. 5-bis, comma 1, del d. Igs. n. 218 del 1997, deducendo che la norma consentiva l’adesione anche in relazione “ai verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto redatti ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, che consentano l’emissione di accertamenti parziali previsti dall’articolo 41 bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dall’articolo 54, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”
che la istanza fu rigettata dall’Agenzia delle entrate e contro tale provvedimento, assunto sulla base del rilievo che la fattispecie non rientrava fra quella previste nella norma invocata dalla contribuente, questa ha proposto ricorso, rilevando, fra l’altro, che la facoltà di proporre istanza di accertamento per adesione era menzionata già nel verbale notificato;
che il ricorso fu accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli con sentenza poi confermata dalla Commissione tributaria regionale della Campania (Ctr), secondo la quale la motivazione del diniego, già non condivisibile in via di principio, era stata contraddetta dal comportamento successivo dell’Agenzia delle entrate, se è vero che l’atto poi emesso per il recupero delle imposte indebitamente compensate aveva esattamente la natura di accertamento parziale;
che contro la sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, il quale, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., deduce violazione dell’art. 5 bis del d. Igs. n. 218 del 1998, dell’art. 54, quarto comma, del d.P.R. n. 633 di 1972: si sostiene che l’atto emesso non aveva natura di accertamento parziale, ma era stato emesso ai sensi dell’art. 1, comma 421, della I. n. 331 del 2004, che costituiva l’apposito strumento finalizzato al recupero dei crediti indebitamente utilizzati;
che la contribuente ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale, affidato a un unico motivo, il quale deduce, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c. omessa pronuncia sulla eccezione di tardività della impugnazione proposta dal Fisco;
che il ricorso principale è infondato: si può certamente convenire con la tesi dell’Amministrazione finanziaria secondo cui la verifica compiuta nel caso in esame preludeva alla emissione di un atto di recupero e non a un avviso di accertamento parziale;
che tale rilievo, però, non risolve il problema nel senso dell’impossibilità di beneficiare della procedura di accertamento per adesione, se è vero che, secondo la giurisprudenza di questa Suprema corte, gli avvisi di recupero di crediti di imposta, illegittimamente compensati, oltre ad avere una funzione informativa dell’insorgenza del debito tributario, costituiscono manifestazione della volontà impositiva da parte dello Stato, al pari degli avvisi di accertamento (Cass. n. 4968/2009; Cass. n. 22322/2010; Cass. n. 8033/2011).
che è stato chiarito che, in questo caso, l’attività degli uffici non è paragonabile ad un controllo cartolare della dichiarazione: quindi l’avviso di recupero non può essere emanato ove il contribuente abbia aderito al c.d. condono tombale (Cass. n. 13858/2010);
che è stato anche recentemente sostenuto che l’esazione delle somme richieste mediante avviso di recupero dovrebbe avvenire, in caso di proposizione del ricorso in via frazionata, in quanto sebbene gli avvisi di recupero non costituiscano accertamenti di imponibili o maggiori imponibili, tuttavia essi contribuiscono a definire, attraverso il disconoscimento del credito di imposta, l’entità della somma concretamente dovuta dal contribuente, cosicché anche tali avvisi implicano accertamenti della debenza del tributo (Cass. n. 3838/2013);
che il riconoscimento della natura impositiva degli avvisi di recupero, nei termini operati dalla giurisprudenza di questa Suprema corte, giustifica per coerenza anche l’applicabilità ad essi del dell’accertamento con adesione, in quanto a ciò non è di ostacolo alcuna disposizione del d. Igs. n. 218 del 1997;
che, pertanto, il ricorso principale va rigettato, restandone assorbito il ricorso incidentale;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nell’importo di € 4.000,00, oltre rimborso spese forfetarie nella misura del 15% e accessori di legge.
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