CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza n. 10740 del 3 maggio 2017
FATTO E DIRITTO
1) Il Tribunale di Spoleto, con decreto del 30.9. 014, ha respinto l’opposizione ex art. 98 1.f. proposta da Equitalia Centro s.p.a. avverso il decreto del giudice delegato che aveva dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 101, u. comma 1. fall., la sua domanda di ammissione allo stato passivo del Fallimento di V. s.p.a. in liquidazione, depositata l’11.3.2013. Il giudice del merito ha ritenuto che Equitalia non avesse fornito prova dell’ inimputabilità del ritardo, che, ai sensi della citata disposizione, l’avrebbe legittimata alla presentazione della domanda tardiva anche dopo il 24.11.010 (data di scadenza del termine di cui al 1° comma del medesimo articolo), atteso che i crediti insinuati scaturivano da un’indagine penale della G.d.F. che, benché conclusasi solo 28.3.012, era iniziata il 4.10.010. Equitalia Centro ha chiesto la cassazione del provvedimento, con ricorso affidato a quattro motivi, cui il Fallimento di V. s.p.a. ha resistito con controricorso. Il consigliere relatore ha depositato proposta di definizione ex art. 380 bis c.p.c., tempestivamente notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’udienza camerate.
2) Con il primo motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, in quanto l’indagine tributaria non era iniziata contestualmente all’apertura del procedimento penale, ma in data successiva, e solo il 29.3. 012 il P.M. aveva autorizzato la G.d.F. ad utilizzare le risultanze di tale indagine anche a fini fiscali.
2.1) Col secondo deduce la violazione dell’art. 87 del DPR n. 602/73, avendo il tribunale affermato che la domanda avrebbe potuto essere presentata, con riserva, anche prima dell’iscrizione a ruolo dei tributi.
2.3) Con il terzo lamenta la nullità del provvedimento impugnato, in quanto fondato su una motivazione apodittica.
2.4) Con il quarto sostiene di aver fornito la prova dell’inimputabilità del ritardo.
3) Il terzo motivo, che ha carattere assorbente, è manifestamente fondato. Il tribunale si è infatti limitato ad osservare che l’indagine penale aveva avuto inizio il 4 ottobre del 2010, ma non ha chiarito in alcun modo perché l’Amministrazione Finanziaria avrebbe avuto la possibilità di insinuare il proprio credito al passivo sin dalla predetta data. Ciò che rilevava nel caso di specie era infatti la diversa data in cui gli illeciti fiscali erano stati accertati dall’Amministrazione (ovvero portati a sua conoscenza), atteso che solo a partire da essa avrebbe potuto essere verificata la tempestività dell’ente impositore nel provvedere agli adempimenti necessari alla riscossione dei crediti tributari da detti illeciti nascenti. Se è infatti corretto sostenere che il ritardo dell’ente impositore nell’iscrivere a ruolo i crediti non costituisce ragione di inimputabilità del ritardo nella presentazione della domanda ex art. 101 u. co. dell’Agente alla Riscossione, è pur sempre necessario stabilire se il primo ritardo effettivamente sussista: ciò che nella specie il giudice del merito ha totalmente omesso di valutare, affermando (in palese contrasto con il disposto dell’art. 101 l. fall. u. comma ) “che i tempi dell’accertamento non possono comportare deroghe ai termini della legislaione iallimentare, anche in consideraione della possibilità per il creditore di presentare domande incomplete o con riserva, e tenendo conto del fatto che l’indagine della G.d.E era iniziata quando il termine di cui all’art. 101, 1° co. l.fall. non era ancora scaduto” e così mostrando erroneamente di ritenere che l’inizio di qualsivoglia indagine da parte della G.d.F. (anziché il suo esito) consenta all’Amministrazione di ritenere sussistente l’illecito fiscale, ed, in conseguenza, un credito tributario ad esso relativo, per di più determinato nell’ammontare. Si è, in sostanza, in presenza di una motivazione meramente apparente, che non illustra le ragioni di imputabilità del ritardo, riconducibile all’ipotesi di cui al n. 4 dell’art. 360 I co. c.p.c. Ciò è sufficiente al rigetto dell’eccezione di inammissibilità del ricorso svolta dal Fallimento ai sensi dell’art. 348 ter, 40 co., c.p.c.
Il decreto impugnato deve pertanto essere cassato, con rinvio della causa, per un nuovo esame, al Tribunale di Spoleto in diversa composizione, che liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso, assorbiti gli altri motivi; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Spoleto in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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