CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 marzo 2018, n. 4985
Impresa affidataria di servizi ausiliari della Regione – Società partecipate da enti locali – Rapporto di somministrazione di lavoro – Conversione in rapporto di lavoro subordinato – Divieti e limitazioni – Società in house
Fatti di causa
Con sentenza 10 maggio 2016, la Corte d’appello di Palermo rigettava le domande di G.C. di conversione del rapporto di somministrazione di lavoro a tempo determinato in uno di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ai sensi dell’art. 27 d.lg. 276/2003 con decorrenza dall’8 aprile 2010, in favore della utilizzatrice M. s.p.a. e quindi della cessionaria di azienda S.A.S. s.c.p.a., di condanna di quest’ultima alla riammissione in servizio e risarcitoria: così parzialmente riformando la sentenza di primo grado, che le aveva invece accolte (così come quelle dei lavoratori M.G., D.F. e F.Q.), con liquidazione in particolare dell’indennità risarcitoria in nove mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, ai sensi dell’art. 32 I. 183/2010.
In via preliminare, la Corte territoriale disattendeva le eccezioni di decadenza dei lavoratori dall’impugnazione per irretroattività dell’art. 32, primo e quarto comma, lett. d) I. 183/2010 e di risoluzione dei contratti per mutuo consenso.
Nel merito, essa riteneva che nella convenzione quadro 14 settembre 2012 tra S.A.S. s.c.p.a. e Regione Sicilia per l’affidamento (nel processo di riordino stabilito dall’art. 20 L.R. 11/2010, dei servizi ausiliari della Regione, già affidati a M. s.p.a., alla predetta società) e nell’assunzione quasi integrale del personale da quest’ultima fosse configurabile una cessione d’azienda, regolata dall’art. 2112 c.c.; sicché, riteneva legittima la richiesta conversione, a norma degli artt. 20, 21 e 27 d.lg. 276/2003, in quanto non preclusa né dall’art. 1, decimo comma L.R. 25/2008 (inapplicabile a M. s.p.a. e neppure a S.A.S. s.c.p.a., non rientranti tra gli enti cui era vietata l’assunzione di nuovo personale), né dell’art. 18, comma 2 bis I. 112/2008 (aggiunto dall’art. 19 I. 102/2009, di estensione dei divieti e limitazioni di assunzione di personale, previsti per le amministrazioni indicate dall’art. 1, secondo comma d.lg. 165/2001, alle società partecipate da enti locali esercenti attività strumentali inserite nel conto economico consolidato della p.a. indicato dall’art. 1, quinto comma I. 311/2004), siccome inapplicabile ratione temporis ai lavoratori, ad eccezione di G.C..
Con atto notificato l’8 (11) novembre 2016, egli ricorreva per cassazione con cinque motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui resisteva con controricorso S.A.S. s.c.p.a., a propria volta ricorrente in via autonoma, con atto notificato il 9 novembre 2016, con cinque motivi, cui i lavoratori M.G., D.F. e F.Q. resistevano con controricorso e memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.; l’intimata M. s.p.a. non svolgeva invece difese.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, il lavoratore ricorrente deduce violazione del principio di efficacia riflessa del giudicato formatosi con le sentenze di Cassazione n. 6693/16, n. 24803/15, n. 7121/16, n. 15636/16 (in giudizi riguardanti altri lavoratori) in riferimento alla violazione degli artt. 18, comma Ibis d.l. 112/2008 e 36 d.lg. 165/2001, per l’affermazione dell’applicabilità delle norme di diritto privato a M. s.p.a. e S.A.S. s.c.p.a. per non essere società in house.
2. Con il secondo, il ricorrente deduce nullità della sentenza per error in procedendo, in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., per omissione della motivazione tale da impedire di comprendere il percorso logico-giuridico seguito dalla Corte d’appello, avendo in particolare essa escluso la natura di società in house di S.A.S. s.c.p.a.
3. Con il terzo, il ricorrente deduce falsa applicazione dell’art. 18, comma 2bis I. 112/2008, sull’erroneo presupposto dello svolgimento da S.A.S. s.c.p.a. di attività di supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica, anziché in favore di un pubblico di terzi indifferenziato, quali gli utenti dell’ente ospedaliero, in favore del quale erano prestati i servizi ausiliari di pulizia e sanificazione, con esclusione pertanto della strumentalità della società ai suddetti.
4. Con il quarto, il ricorrente deduce falsa applicazione dell’art. 18, comma 2bis I. 112/2008, nonostante l’esclusione della natura di società in house di S.A.S. s.c.p.a. sulla base del suo Statuto, tenuto conto della modulazione privatistica del controllo su di essa esercitato dalla Regione, ancorché definito analogo (art. 25).
5. Con il quinto, il ricorrente deduce omesso esame di fatto decisivo quale la verifica dello Statuto di S.A.S. s.c.p.a., che, qualora attentamente esaminato, avrebbe comportato la corretta applicabilità dell’art. 27 d.lg. 276/2003, con la coerente conversione del rapporto di lavoro in uno a tempo indeterminato alle dipendenze di M. s.p.a. e quindi della predetta società dall’8 aprile 2010.
6. Con il primo motivo, a propria volta la società autonomamente ricorrente deduce violazione dell’art. 18, comma 1 bis d.l. 112/2008 conv. in I. 133/2008, in comb. disp. con l’art. 32 I. 183/2010, per la corretta instaurazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato (la cui conversione vietata dall’art. 36 d.lg. 165/2001 immediatamente applicabile alla società) al momento di pronuncia della sentenza, in quanto di natura costitutiva alla luce dell’interpretazione dell’art. 32 I. 183/2010 della Corte costituzionale con la sentenza n. 303/2011 e della giurisprudenza di legittimità, successivo all’entrata in vigore del divieto della prima norma denunciata, ratione temporis applicabile.
7. Con il secondo, la società ricorrente deduce violazione dell’art. 1, decimo comma L.R. 25/2008, per l’applicabilità del divieto di nuove assunzioni in esso previsto anche alla società ricorrente, sia pure non rientrante tra gli enti indicati, in quanto (così come M. s.p.a.) partecipata in via prevalente dalla Regione Sicilia, operante in suo favore trasferimenti diretti e pertanto inclusa nel più generale obiettivo di contenimento della spese pubblica perseguito dalla norma denunciata con il cd. “blocco delle assunzioni”, con il conseguente divieto di conversione dei rapporti dei lavoratori G. e Q., costituiti dopo (febbraio 2009) l’entrata in vigore della legge regionale.
8. Con il terzo, essa deduce violazione degli artt. 2112 e 2697 c.c., per l’inidoneità del semplice passaggio di personale da un soggetto ad un altro, subentrante nell’attività economica del primo, a configurare un trasferimento d’azienda, in difetto di accertamento del tipo di attività svolto, delle sue concrete modalità e di verifica dell’effettiva cessione di beni o strumenti materiali, nell’onere probatorio, non già della società, ma dei lavoratori.
9. Con il quarto, essa deduce violazione degli artt. 29, terzo comma d.lg. 276/2003 e 20 L.R. 11/2010, per l’esclusione nel caso di specie di un trasferimento d’azienda, per la natura di appalto di servizi della convenzione quadro 14 settembre 2012 tra la Regione Sicilia e la società per l’affidamento di servizi già svolti da M. s.p.a. e del passaggio di personale da questa alla prima per effetto dell’art. 20 L.R. 11/2010 e quindi “in forza di legge”, senza alcuna violazione della Direttiva 2001/23/CE come interpretata dalla giurisprudenza della CGUE, per la natura dell’art. 29, terzo comma d.lg. 276/2003 di norma di protezione e quindi di favore dei lavoratori.
10. Con il quinto, essa deduce falsa applicazione degli artt. 1 e 36 d.lg. 165/2001, per la natura di società in house, nella concorrenza dei requisiti di individuazione della partecipazione esclusiva ad essa di soggetti pubblici, della prevalente destinazione ad essi della sua attività (come da art. 5 del suo Statuto) e della soggezione al cd. “controllo analogo”, risultante in particolare dagli artt. 24 (tipologia e tempi delle attività, determinazione delle linee strategiche ed operative), 22 (approvazione dall’assemblea ordinaria per l’efficacia degli atti), 25 e 29 (sull’esercizio del controllo analogo) dello Statuto.
11. Per il primo ricorso, occorre, per evidenti ragioni di priorità logico-giuridica, avviare l’esame dal secondo motivo, relativo a nullità della sentenza per error in procedendo, in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., per omissione della motivazione tale da impedire la comprensione del percorso seguito dalla Corte d’appello per ritenere applicabile l’art. 18, comma 2bis d.l. 112/2008 ratione temporis.
11.1. Esso è fondato.
11. 2. Deve, in effetti, essere esclusa l’esistenza di motivazione della sentenza impugnata, che, come noto, non rappresenta un elemento meramente formale, ma un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione della intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, per l’assenza assoluta di ragioni che consentano di individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione: con la conseguente integrazione della nullità denunciata sotto il profilo dell’error in procedendo (Cass. 22 giugno 2015, n. 12864), che non può essere mai dichiarata se l’atto abbia raggiunto il suo scopo, per il principio di strumentalità della forma (Cass. 20 gennaio 2015, n. 920; 10 novembre 2010, n. 22845).
Posto che soltanto una mancanza che si traduca nella radicale inidoneità della stessa ad esprimere la ratio decidendi, così da determinare la nullità della sentenza per carenza assoluta di un requisito di forma essenziale (Cass. 16 luglio 2009, n. 16581; Cass. 4 agosto 2010, n. 18108; Cass. 16 maggio 2003, n. 7672), la Corte territoriale ha completamente omesso l’esposizione delle ragioni di diritto a fondamento dell’applicabilità ratione temporis dell’art. 18, comma 2bis d.l. 112/2008, soltanto apoditticamente affermata (al primo capoverso di pg. 14 della sentenza).
12. Le superiori argomentazioni comportano l’accoglimento del motivo, assorbente l’esame di tutti gli altri.
13. In ordine al secondo ricorso (della società), tutti e cinque i motivi sopra illustrati possono essere congiuntamente esaminati, per ragioni di stretta connessione.
13.1. Essi sono infondati.
13.2. Deve, infatti, essere esclusa la natura in house della società per il difetto, pure se interamente partecipata da enti pubblici (art. 4, secondo comma dello Statuto allegato al ricorso), del requisito costitutivo del c.d. “controllo analogo”, consistente in un potere di comando direttamente esercitato sulla gestione dell’ente con modalità e con un’intensità non riconducibili ai diritti ed alle facoltà che normalmente spettano al socio in base alle regole dettate dal codice civile, e sino al punto che agli organi della Società non resta affidata nessun autonoma rilevante autonomia gestionale (Cass. s.u. 20 ottobre 2015, n. 21217, Cass. s.u. 26 marzo 2014, n. 7177, Cass. s.u. 10 marzo 2014, n. 5491, Cass. s.u. 25 novembre 2013, n. 26283).
La Corte territoriale ha fatto esatta applicazione dei suddetti principi di diritto sulla base dello scrutinato Statuto (al terzo e quarto capoverso di pg. 9 della sentenza), con accertamento in fatto conseguente ad una interpretazione e valutazione del contenuto delle sue clausole.
Sicché, la censura si risolve in una inammissibile richiesta di riesame del merito, senza deduzione, peraltro, di alcuna violazione dei canoni ermeneutici, nonché, in sostanza, nella doglianza di un vizio di insufficienza della motivazione, neppure sussumibile nel nuovo testo dell’art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c. (Cass. 6 aprile 2016, n. 6693; Cass. 12 aprile 2016, n. 7121).
13.3. Né ricorre alcuna violazione dell’art. 1, decimo comma L.R. Sicilia 25/2008 per applicabilità del divieto di nuove assunzioni in esso previsto anche alla società ricorrente (oggetto in particolare del secondo motivo), atteso il chiaro tenore della disposizione, esattamente interpretata dalla Corte palermitana (al penultimo capoverso di pg. 9 della sentenza), secondo cui: “È fatto divieto alle Amministrazioni regionali, istituti, aziende, agenzie, consorzi, esclusi quelli costituiti unicamente tra enti locali, organismi ed enti regionali comunque denominati, che usufruiscono di trasferimenti diretti da parte della Regione, di procedere ad assunzioni di nuovo personale sia a tempo indeterminato che a tempo determinato” . Ed esso non prevede l’inclusione nel divieto delle società come quella in esame, che è stata piuttosto specificamente interessata dalla successiva normativa regionale, contenuta in particolare nell’art. 20 L.R. Sicilia 11/2010 (di riordino delle società a totale o maggioritaria partecipazione pubblica regionale, finalizzato alla corrispondenza di una sola società ad ogni arca strategica individuata) che al sesto comma ha disposto che “al fine di garantire il livello occupazionale, il personale delle società dismesse, in servizio alla data del 31 dicembre 2009, è trasferito nelle società risultanti alla fine del processo di riordino”, così intendendo “collegare la liquidazione di alcune società al contemporaneo trasferimento delle attività dalle stesse svolte, appartenenti ad aree considerate strategiche (nella specie quella dei servizi ausiliari alle strutture sanitarie) in capo alle nuove società risultanti alla fine del processo di riordino, le quali, secondo la norma programmatica di cui al citato sesto comma, dovranno ‘assorbire’ il personale già in servizio presso le società disciolte” (come correttamente argomentato dalla Corte territoriale al primo capoverso di pg. 7 della sentenza): già ritenuto da questa Corte una coerente conferma della corretta qualificazione dell’operazione di riordino coinvolgente M. s.p.a. e S.A.S. s.c.p.a. alla stregua di cessione d’azienda (Cass. 7 dicembre 2015, n. 24804).
13.4. Questa Corte ha poi ripetutamente affrontato analoghi rapporti di somministrazione di lavoro irregolare di altri lavoratori in favore dell’utilizzatrice M. s.p.a. in liquidazione, di cui essi hanno chiesto la conversione, ai sensi dell’art. 27 d.lg. 276/2003, in rapporti di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze di questa, per attività di servizi ausiliari già affidatile in convenzione e quindi trasferiti, a seguito del processo di accorpamento previsto dall’art. 20 I. reg. Sicilia n. 11/2010, alla società consortile S.A.S. Ed in essi ha definitivamente qualificato la vicenda circolatoria delle attività e del personale come trasferimento d’azienda dalla predetta società a S.A.S. s.c.p.a., accertando l’applicabilità tra le società cedente e cessionaria dell’art. 2112 c.c., ai fini del trasferimento alla seconda del personale della prima ed in particolare dei lavoratori ricorrenti, sul presupposto, quale premessa logico-giuridica indefettibile, dell’accertamento dell’istituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato anche tra i suddetti lavoratori e M. s.p.a. (Cass. 7 dicembre 2015, n. 24803 e n. 24804 e del 6 aprile 2016, n. 6693). E ciò in virtù di una consolidata interpretazione giurisprudenziale di legittimità e della CGUE in materia di trasferimento d’azienda, quale fattispecie inclusiva di ogni sua vicenda circolatoria, ricorrente anche nell’ipotesi in cui non derivi dall’esistenza di un contratto tra cedente e cessionario, ma sia riconducibile ad un atto autoritativo della P.A. (Cass. 15 ottobre 2010, n. 21278; Cass. 13 aprile 2011, n. 8460).
13.5. Infine, deve parimenti essere negata un’inversione dell’onere della prova, siccome correttamente applicato a carico del lavoratore; soltanto dopo avere accertato, “in presenza di… circostanze fattuali” scrutinate, “la sussistenza di un trasferimento di un’attività economica organizzata”, la Corte territoriale ha, infatti, ad abundantiam rilevato la mancanza di allegazione di elementi contrari da parte della società (così al penultimo capoverso di pg. 8 della sentenza).
14. In via riepilogativa e conclusiva, dalle superiori argomentazioni discende: in riferimento al ricorso proposto dal lavoratore, la cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Palermo in diversa f composizione; in riferimento al ricorso della società, il suo rigetto, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso C., assorbiti gli altri; cassa la sentenza, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità tra il ricorrente e S.A.S. s.c.p.a., alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione;
Rigetta il ricorso S.A.S. s.c.p.a. e la condanna alla rifusione, in favore dei lavoratori controricorrenti, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente S.A.S., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
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