CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 aprile 2017, n. 8610
Lavoro – Astensione per infortunio – Accredito figurativo di contributi – Diritto – Accertamento
Fatti di causa
Con sentenza depositata in data 24 aprile 2010 la Corte d’appello di Firenze accoglieva l’appello proposto dall’INPS contro la sentenza resa dal Tribunale della stessa sede e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta da L.B., avente ad oggetto l’accertamento del suo diritto all’accredito figurativo di contributi relativi a periodi di astensione dal lavoro per infortunio, nonché alla ricongiunzione dei detti contributi e di altri, relativi ad altri periodi di astensione dal lavoro.
La Corte territoriale accertava che, in ordine ai primi due periodi di contribuzione di cui si chiedeva l’accredito, pari a 11 giorni, era intervenuta la cessazione della materia del contendere. Quanto agli altri periodi, pari nel complesso a poco più di quattro mesi, escludeva il diritto alla ricongiunzione per la ritenuta carenza di interesse del B., in quanto l’accredito di tale periodo non avrebbe mutato in alcun modo il trattamento pensionistico, ancorato ai 34 anni di servizio riconosciuti all’interessato al momento del pensionamento.
Contro la sentenza, il B. propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, cui resistono con controricorso l’Inps e l’Inpdap. Il ricorrente deposita memoria.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso il B. censura la sentenza per violazione dell’art. 101 c.p.c., asserendo che il rilievo d’ufficio della sua carenza di interesse imponeva al giudice di attivare sulla questione il contraddittorio, ai sensi della norma citata.
Con il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. nella parte in cui la Corte ha rilevato la carenza di interesse senza la necessaria eccezione di parte, trattandosi di una eccezione in senso stretto.
Con il terzo motivo denuncia l’omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia nella parte in cui la Corte ha ritenuto che l’eventuale ricongiunzione dei contributi indicati in ricorso non avrebbe comportato alcun vantaggio concreto per esso ricorrente, in assenza di un qualsivoglia accertamento sul punto.
Nel suo controricorso l’Inps eccepisce l’inammissibilità per tardività del ricorso per cassazione rilevando che la sentenza della Corte d’appello era stata, su suo impulso, notificata al difensore del B. nel domicilio eletto in viale (…), Firenze, in data 16 dicembre 2010. Il ricorso per cassazione, notificato solo in data 11 marzo 2011, doveva pertanto ritenersi tardivo essendo ormai decorso il termine di 60 giorni previsto dall’art. 325, comma 2° cod.proc.civ., per l’impugnazione della sentenza.
L’eccezione è fondata. In calce alla sentenza della corte d’appello, depositata dallo stesso ricorrente, risulta che il provvedimento è stato notificato ad istanza del procuratore dell’Inps al difensore di B. nel domicilio eletto, presso l’avvocato G.D.R., in viale (…), Firenze. Dalla relazione di notificazione risulta altresì che l’atto è stato ricevuto da P.C., «impiegata che si incarica della consegna».
Il ricorso per cassazione, avviato per la notificazione ad entrambe le parti, il giorno 11 marzo 2011, è senz’altro tardivo, essendo ormai decorso il termine previsto dall’art. 325 cod. proc. civ.
Esso deve pertanto essere dichiarato inammissibile. Poiché il giudizio è iniziato dopo la riforma dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., ed il ricorrente non dichiarato di aver assolto in primo grado l’onere autocertificativo previsto dalla norma citata, egli deve essere condannato al pagamento delle spese del presente giudizio, in applicazione del principio della soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate, per ciascuno dei controricorrenti, in complessivi € 2.700, di cui € 200 per esborsi, oltre al 15% di spese generali e oneri accessori di legge.
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