ICI – Accertamento – Frazionabilità del tributo – Ammissibilità
Fatto
Con sentenza n. 529/04/2011, depositata il 8.11.2011, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, accoglieva l’appello proposto dal Comune di San Martino Valle Caudina avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Salerno n. 86/07/2009, ritenendo la legittimità dell’avviso di accertamento ICI, per l’anno 2001, emesso nei confronti della società N.I. s.r.l.
Rilevava al riguardo la Commissione Tributaria Regionale che era legittima la frazionabilità del tributo per i diversi mesi dell’anno, potendo la rendita mutare durante l’anno, rilevando la sufficiente motivazione dell’atto impositivo.
La società impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 5 D.lgs 546/92, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. non avendo la CTR rilevato che la modifica del valore dell’area fabbricabile, intervenuta con delibera consiliare n. 23 del 26.3.2001 rilevava ai fini ICI solo a partire dal 2002;
b) violazione dell’art. 112, in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c. avendo la CTR omesso di pronunciare sulla questione della violazione dei limiti posti alla motivazione per relationem con riferimento a un atto endoprocedimentale (relazione del responsabile del servizio urbanistico) per il quale non è previsto alcuna forma di pubblicità legale e che non è stato accluso alla delibera di Giunta né risulta allegato all’atto impositivo impugnato;
c) violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 11 D.lgs 504/92, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. in quanto la motivazione dell’avviso di accertamento si è limitata alla mera adesione ai valori determinati dall’Agenzia del Territorio, senza verificare il valore venale del cespite in base ai suoi elementi caratteristici e specifici;
d) vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., avendo la CTR evidenziato una insostenibile equivalenza tra i concetti di “zona territoriale” e “destinazione d’uso”, senza specificare a quali anni dati dell’Agenzia del Territorio si riferissero, nè perché tali dati sarebbero adeguati nel concreto contesto impositivo;
e) violazione e falsa applicazione degli artt. 2 D.lgs 504/92, 817 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. e vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., per non avere rilevato il nesso di pertinenzialità dai beni assoggettati ad imposta.
Il Comune non ha svolto attività difensiva
Motivi della decisione
Va, preliminarmente rilevato che in forza della decisione impugnata, ancorché la CTR si sia limitata, nel dispositivo, ad accogliere l’appello del Comune, analizzando anche la motivazione deve ritenersi che trattasi di accoglimento parziale avendo affermato la CTR la frazionabilità dell’imposta, dovendosi applicare, in forza della sentenza impugnata, per i primi 4 mesi del 2001 il valore agricolo del terreno e per i mesi successivi quello edificatale, in forza della delibera consiliare n. 23 del 26.3.2001.
1. È fondato il primo motivo di ricorso.
In tema di ICI, vige la regola stabilita dal secondo comma dell’art. 5 del d.lgs n. 504 del 1992, per la quale le variazioni della rendita catastale hanno efficacia a decorrere dall’anno successivo alla data in cui sono annotate negli atti catastali. Quindi in base a detto principio ciascun atto impositivo deve porre a base le rendite risultanti in catasto al primo gennaio dell’anno di imposizione.
Nel caso di specie, pertanto la modifica conformativa che ha reso l’area in questione edificabile, a seguito della variante al PRG adottata dal Comune con delibera consiliare n. 23 del 26.3.2001 rileva ai fini ICI solamente a partire dal 2002.
Quando il legislatore ha voluto attribuire effetti immediati a fini ICI ad una modifica lo ha espressamente previsto come nel caso di cui all’art. 10 D.lgs 504/92 nel caso di frazionamento dal tributo a fronte della mutamento nella titolarità del bene o in base all’art. 2, n. 1 lett. a D.lgs 504/92 se l’area viene edificata nel periodo d’imposta.
Invece la mutata natura del suolo, da agricolo a edificatorio, non assume immediata rilevanza ai fini impositivi, non essendo previsto il frazionamento a fini ICI con applicazione per alcuni mesi sul suolo agricolo e per i successivi quale suolo edificabile, in quanto l’art. 5, comma 5, D.lgs 504/92 prevede la valutazione del valore in comune commercio dell’area alla data del 1 gennaio dell’anno di riferimento.
Ove si riconoscesse immediata rilevanza alla natura edificatoria dell’area, acquisita in data 26.3.2001, si porrebbe a base del tributo il valore dell’area a una data diversa da quella normativamente prevista per il gennaio dell’anno di riferimento.
L’accoglimento del primo motivo è assorbente del secondo, terzo e quarto.
2. Il quinto motivo è infondato anche se occorre correggere la motivazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c:.
È insufficiente la motivazione della sentenza che esclude il nesso di pertinenzialità sul presupposto che “dal certificato di destinazione urbanistica si evince che le particelle interessate ricadono tutte in zona edificabile, né viene fornita prova che dette aree a fini urbanistici, siano state asservite al fabbricato”, in quanto la mera distinta iscrizione in catasto della pertinenza e del fabbricato non vale ad escludere il nesso pertinenziale, senza che in proposito rilevi il disposto dell’art. 59, comma primo, lett. d), D.Lgs. n. 446 del 1997 (cfr Cass. n. 24545/2007)
Tuttavia la ricorrente erroneamente rileva che il concetto di pertinenza si fondi, in base all’art. 817 c.c., anche ai fini ICI su una relazione di servizio tra i beni che vada verificata in termini di mero fatto e a prescindere da qualsivoglia formalità.
In materia fiscale, attesa la indisponibilità del rapporto tributario, la prova dell’asservimento pertinenziale” (“che grave sul contribuente”); “deve essere valutata con maggior rigore rispetto alla prova richiesta nei rapporti di tipo privatistico.
Va, anzitutto rilevato che al contribuente che non abbia evidenziato nella dichiarazione l’esistenza di una pertinenza non è consentito contestare l’atto con cui l’area asseritamente pertinenziale viene assoggettata a tassazione, deducendo solo nel giudizio la sussistenza del vincolo di pertinenzialità (Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 13017 del 24/07/2012).
Nel caso di specie, sulla base delle risultanze emerse, non è stato dedotta tale circostanza dalla società contribuente che non risulta che la società abbia evidenziato nella dichiarazione ICI che l’area in questione era destinata a pertinenza.
Il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, esclude l’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali e fonda l’attribuzione della qualità di pertinenza sul criterio fattuale e cioè sulla destinazione effettiva e concreta della cosa al servizio o ornamento di un’altra, secondo la relativa definizione contenuta nell’art. 817 c.c.
Ne deriva che, per qualificare come pertinenza di un fabbricato un’area edificabile, è necessario che interverga un’oggettiva e funzionale modificazione dello stato dei luoghi che sterilizzi in concreto e stabilmente lo “ius edificandi” e che non si risolva, quindi, in un mero collegamento materiale, rimovibile “ad libitum” (cfr nella quale ultima si precisa altresì che “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esclusione dell’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali, prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, si fonda sull’accertamento rigoroso dei presupposti di cui all’art. 817 c.c., desumibili da concreti segni esteriori dimostrativi della volontà del titolare, consistenti nel fatto aggettivo che il bene sia effettivamente posto, da parte del proprietario del fabbricato principale, a servizio (o ad ornamento) del fabbricato medesimo e che non sia possibile una diversa destinazione senza radicale trasformazione, poiché, altrimenti, sarebbe agevole per il proprietario al mero fine di godere dell’esenzione creare una destinazione pertinenziale che possa facilmente cessare senza determinare una radicale trasformazione dell’immobile stesso (Cass. 22844/10; Cass. 22128/10)
Tanto premesso in linea di diritto, rileva la Corte come una tale circostanza non risulti neanche prospettata nel giudizio di merito.
3. Costituisce ormai ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo cui il processo tributarie non e annoverabile tra quelli di impugnazione – annullamento, bensì tra quelli di impugnazione – merito, in quanto non diretto alla mera eliminazione dell’atto impugnato, bensì alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva, sia della dichiarazione resa dal contribuente, sia dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria. Ne discende che, qualora il giudice tributario ravvisi la parziale infondatezza il principio non si attaglia, invero, per evidenti ragioni, all’ipotesi di totale nullità dell’atto impositivo – della pretesa fiscale dell’amministrazione, non deve, ne può, limitarsi ad annullare l’avviso di accertamento, ma deve quantificare la pretesa tributaria ritenuta corretta, entro i limiti posti dal petitum delle parti (cfr. Cass. 11212/07, 25376/08, 13358/10, 21759/11).
Va, conseguentemente accolto il primo motivo di ricorso, rigettato il quinto, assorbiti gli altri, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., determina l’ICI, per l’anno 2001, sulla base del valore agricolo del terreno.
La reciproca soccombenza e la peculiarità della questione principale costituiscono giusto motivo per la compensazione delle spese dell’intero giudizio
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il quinto, assorbiti gli altri, cassa senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., determina l’ICI, per l’anno 2001 sulla base del valore agricolo del terreno.
Dichiara compensate le spese dell’intero giudizio.