CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 marzo 2017, n. 5435

Tributi – Cartella esattoriale – Recupero IVA – Notifica dell’atto impositivo

Fatti di causa

La Commissione tributaria regionale del Veneto rigettava l’appello di S. s.r.l. contro la decisione di primo grado che aveva respinto l’impugnazione della cartella di pagamento emessa nei confronti della società per recupero IVA annualità 2006 e 2007.

S. s.r.l. (ora R.T. s.r.l.) ricorre per cassazione sulla base di cinque motivi.

L’Agenzia delle entrate resiste mediante controricorso, al pari dell’agente della riscossione Equitalia Nomos (ora Equitalia Nord).

Ragioni della decisione

1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 148 c.p.c., art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973, art. 26 d.P.R. n. 602 del 1973, il secondo motivo violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c..

I motivi vanno esaminati insieme per connessione logica, essi stigmatizzando che il giudice d’appello abbia ritenuto valida la notifica della cartella con relata apposta sul frontespizio o quantomeno sanata la relativa nullità per effetto della proposta impugnazione.

1.1. I motivi sono infondati.

La ricorrente evoca un precedente relativo alla notificazione della sentenza, il quale dichiara la nullità della notifica con relata apposta sul frontespizio del documento, in quanto solo l’apposizione della relata in calce garantisce la consegna dell’atto nella sua integralità (Cass. 21 marzo 2007, n. 6749, Rv. 596900).

Tuttavia, la nullità della notificazione dell’atto impositivo è sanata per raggiungimento dello scopo ove proprio l’atto invalidamente notificato sia stato tempestivamente impugnato, perché ciò ne attesta la piena conoscenza da parte del destinatario (Cass. 22 gennaio 2014, n. 1238, Rv. 629468).

Al di fuori dei casi di radicale inesistenza per totale mancanza o irriconoscibilità della notificazione, la difformità dal modello legale genera mera nullità, sanabile ex tunc per effetto della tempestiva impugnazione della cartella (Cass. 28 ottobre 2016, n. 21865, Rv. 641550).

In particolare, non può dichiararsi la nullità della notifica dell’atto impositivo per apposizione della relata sul frontespizio anziché in calce ove non siano oggetto di specifica contestazione la completezza e conformità dell’atto notificato, il quale contenga in ogni foglio il numero della pagina e l’indicazione del numero complessivo di esse, ciò che garantisce all’interessato l’integrità dell’atto notificato, con conseguente raggiungimento dello scopo della notifica (Cass. 14 novembre 2016, n. 23175, Rv. 642020).

Nella specie, come informa la sentenza d’appello, la pagina di frontespizio della cartella indica la progressione e il totale delle pagine dell’atto («pagina 1 di 10 di cui 2 pagine di bollettini»); né la società ha contestato una qualche specifica incompletezza, se non quella circa i responsabili di procedimento (sulla quale, tuttavia, infra, § 2.1).

La nullità della notifica della cartella in violazione dell’art. 148 c.p.c., applicabile per il combinato disposto dell’art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973 e art. 26 d.P.R. n. 602 del 1973, risulta quindi sanata per raggiungimento dello scopo.

2. Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 4-ter, d.l. n. 248 del 2007, conv. I. n. 31 del 2008, per non aver il giudice d’appello rilevato la nullità della cartella determinata dall’omessa indicazione del responsabile del procedimento di emissione e notificazione, essendo indicato il solo responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo.

2.1. Il motivo è infondato.

La sentenza d’appello riferisce che – oltre al responsabile per l’iscrizione a ruolo – era indicato anche un responsabile «per Equitalia Nomos s.p.a.» (tal A.B.), il quale altri non può essere se non il responsabile per l’emissione e notificazione della cartella, attività invero di competenza dell’agente della riscossione.

3. Il quarto e il quinto motivo di ricorso denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 19 d.lgs. n. 74 del 2000.

Avrebbe errato il giudice d’appello nel trascurare che, irrogata all’amministratore di S. s.r.l. sanzione penale per le medesime omissioni IVA, non avrebbe potuto permanere sulla società la sanzione amministrativa in cartella, poiché la deroga al principio di specialità prevista in danno degli enti collettivi dall’art. 19, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000 sarebbe contraria al principio di uguaglianza, viziata per eccesso di delega e comunque inapplicabile alla società con personalità giuridica ex art. 7 d.l. n. 269 del 2003.

3.1. I motivi sono infondati.

L’art. 7 d.l. n. 269 del 2003, conv. I. n. 326 del 2003, ha introdotto il principio della riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie, sicché, per le violazioni contestate dopo il 2 ottobre 2003 (come quelle di specie), non vi è più la responsabilità solidale del legale rappresentante: non è dato intendere in che modo questo regime possa giovare alla persona giuridica della società, essendo viceversa finalizzato a sollevare la persona fisica dell’amministratore.

Circa il principio di specialità, la deroga prevista dal combinato disposto dell’art. 19, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000 e art. 11, comma 1, d.lgs. n. 472 del 1997 si sottrae alle censure della ricorrente.

Come rilevato dal giudice d’appello, tra i principi e criteri direttivi della delega (art. 9, comma 2, I. n. 205 del 1999), accanto al canone di specialità (lett. i), era prescritto un coordinamento sistematico volto ad «assicurare risposte punitive coerenti e concretamente dissuasive» (lett. I).

La permanenza della responsabilità amministrativa in capo agli enti collettivi – non soggetti ad afflizione penale quanto le persone fisiche – risponde al mandato di coordinamento del sistema punitivo con un’opzione discrezionalmente ragionevole: la questione di legittimità dell’art. 19, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000 per violazione degli artt. 3 e 76 Cost. è manifestamente infondata (neppure si pone qui il tema del ne bis in idem europeo, trattandosi di sanzioni irrogate per lo stesso fatto, ma a soggetti diversi).

4. Il ricorso deve essere respinto, con aggravio di spese; v’è istanza di distrazione nel controricorso di Equitalia Nord.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alle controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, che liquida per l’Agenzia delle entrate in € 18.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito, e per Equitalia Nord s.p.a. (con distrazione agli Avv.ti M.O. e S.R.) in € 18.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.