CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 gennaio 2017, n. 76
Licenziamento – Illegittimità – Riconoscimento della sentenza albanese – Sussistenza dei requisiti
Svolgimento del processo
A.C. e C.E. convenivano avanti la Corte di appello di Torino la spa A.A.I. per il riconoscimento di una sentenza albanese che aveva ritenuto illegittimo il loro licenziamento e condannato la società al risarcimento. La Corte di appello di Torino con l’ordinanza impugnata accertava la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della detta sentenza emessa dal distretto giudiziario di Tirana come confermata dalla Corte di appello di Tirana dichiarandone l’efficacia esecutiva. Sulle contestazioni in ordine alla regolarità dell’atto introduttivo e sulla pretesa violazione dei diritti di difesa osservava che secondo la legge albanese la notifica di un atto ad una persona giuridica ove non sia possibile presso la sede legale va effettuata attraverso la sua pubblicazione presso l’indirizzo registrato presso il QKR (Centro nazionale di registrazione) la cui finalità è quella di costituire la certificazione di un luogo in Albania dove è possibile notificare atti nei confronti di società anche se non è la sede legale ed anche se la filiale di società estera non abbia personalità giuridica, questioni estranee al tema del luogo della notificazione. Non era stato dimostrato che in Albania la A.A. s.r.l. avesse solo una sede secondaria (il certificato del QKR non era stato tradotto) ed inoltre anche se così fosse l’iscrizione di una sede secondaria o comunque di una sede in Albania presso il QKR era un presupposto sufficiente per la regolarità della notifica. Emergeva dalla sentenza della Corte di appello di Tirana che la convenuta risultava sconosciuta nella sede legale e che quindi la notificazione era stata effettuata ex art. 141 del codice di procedura albanese e quindi in conformità con la legge albanese, il che non aveva violato i diritti di difesa in quanto la notifica era regolare e consentiva, notiziando in modo legale l’atto presso una sede secondaria o meno che fosse, alla società di far valere, se ritenuto opportuno, i propri diritti di difesa.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la società con 3 motivi corredati da memoria ex art. 378 c.p.c.; resistono le controparti con controricorso, corredato da memoria ex art. 378 c.p.c.
Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata della presente sentenza.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si allega la violazione degli artt. 122 e 123 c.p.c. ai sensi e per gli effetti dell’art. 111 comma settimo della Costituzione; violazione delle norme in materia di lingua e traduzione dei documenti: il Giudice deve disporre la traduzione di documenti dal significato controverso se necessaria e pertanto non si poteva solo ritenere che la prova non fosse stata assolta per non essere stato tradotto un documento in italiano.
Il motivo appare infondato posto che è giurisprudenza costante di questa Corte quella per cui non si può imputare al Giudice la mancata adozione di un atto se non si è fatta una preventiva istanza in tal senso come si desume dalla stessa sentenza di legittimità richiamata nel motivo (Cass. n. 4416/2011: ” deve disporre la traduzione se la parte interessata ne fa regolare istanza”): nel caso in esame parte ricorrente non documenta e neppure deduce che tale istanza sia mai stata avanzata.
Con il secondo motivo si allega la violazione dell’art. 134 c.p.c. ai sensi e per gli effetti dell’art. 111 comma settimo Cost. Motivazione parziale per mancata trattazione di tutti i requisiti di riconoscibilità della sentenza straniera. La Corte aveva solo esaminato uno dei requisiti richiesti dalla legge n. 218/95 e non gli altri.
Il motivo appare infondato posto che la Corte di appello ha esaminato solo i requisiti che erano in contestazione, non quelli pacifici e che non sono contestati neppure in questa sede.
Con il terzo motivo si allega la violazione dell’art. 64 comma 1 lettera b) L. 218/95 ai sensi e agli effetti dell’art. 111, comma settimo Cost. Violazione di norme relative al riconoscimento di sentenze straniere per inosservanza dei diritti di difesa. Non esiste alcuna norma del diritto albanese che permetta di affermare anche in via presuntiva l’evidenza e le conseguenze giuridiche del nesso di collegamento tra una sede secondaria e il soggetto che la stabilisce. Nell’indirizzo della sede della società (comunicato al QKR) la notificazione non aveva dato esito, ma poi contraddittoriamente i giudici albanesi avevano ritenuto la regolare affissione presso lo stesso ” sconosciuto indirizzo richiesto dalla procedura di notificazione alle persone giuridiche irreperibili”.
Il motivo appare infondato. A parte la considerazione per cui non può ritenersi che in Albania si trovasse solo una sede secondaria in quanto indimostrato per le ragioni già evidenziate; in ogni caso la Corte di appello ha osservato che risulta attivata proprio la procedura di cui all’art. 141 del codice di procedura civile Albanese per costituire la certificazione di un luogo in Albania dove sia possibile notificare atti nei confronti di una società, e cioè attraverso la pubblicazione presso l’indirizzo registrato nel già nominato QKR. Ora a prescindere se si trattasse di una sede secondaria o meno ( su cui appunto non è stata offerta alcuna prova) si tratta di una notifica eseguita legalmente in relazione una iscrizione al QKR. La Corte ha anche aggiunto che ovviamente non può sussistere in linea di principio un nesso tra una sede registrata in Albania presso l’apposito Centro di registrazione e il soggetto che ha eseguito tale iscrizione, che doveva quindi ritenersi legalmente avvisato e quindi messo in condizione di esercitare i propri diritti. Pertanto la notificazione sulla quale si sono dettagliatamente soffermate le sentenza di merito albanesi è stata effettuata nel rispetto delle regole processuali di quel paese che ha adottato uno specifico sistema per consentire la notifica di atti alle società in quel paese.
Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. Le spese di lite- liquidate come al dispositivo- seguono la soccombenza.
La Corte ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente in via principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 100,00 per esborsi. Nonché in euro 5.000,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge.
La Corte ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente in via principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13.
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