CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 settembre 2017, n. 40746
Sicurezza sul lavoro – Decesso del lavoratore – Responsabilità del datore di lavoro – Omessa vigilanza sull’esecuzione dei lavori e valutazione dei rischi connessi – Condotta abnorme del lavoratore – Affidamento di compiti – Esclusiva effettuazione di un sopralluogo – Non sussiste
Ritenuto in fatto
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Potenza confermava quella di primo grado che aveva affermato la penale responsabilità di D.A. in ordine al delitto omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica in danno del lavoratore M.C., dipendente della ditta ” D. PUBBLICITÀ”‘(fatto del 21.10.2009).
Secondo la ricostruzione dei fatti, mentre erano in corso le operazioni di smontaggio di una insegna luminosa presso il bar braceria ” A.C.delC.” di Nova Siri Marina, con l’impiego di un cestello montato sul braccio di una gru, il cestello in questione, manovrato dal M., entrava in contatto con i cavi metallici non rivestiti della soprastante linea elettrica a 20.000 volt; da tale manovra seguiva la folgorazione del lavoratore con successive gravi complicazioni che comportavano il decesso dello stesso il 4.11.2009.
Il D. è stato chiamati a risponderne nella qualità di datore di lavoro, per avere omesso di vigilare sull’esecuzione dei lavori e di valutare i rischi connessi all’impiego del cestello in presenza della linea ad alta tensione, in violazione dell’art. 117 d.Lgs 9 aprile 2008, n. 81.
La Corte di merito, nel confermare il giudizio di responsabilità a carico dell’imputato, in risposta a specifico motivo di appello, affermava che al fine di verificare il rispetto della norma sopra indicata, la distanza da prendere in considerazione non è quella tra i cavi dell’elettrodotto e l’insegna, bensì quella tra i cavi suddetti ed il cestello, con il braccio gru completamente allungato in direzione degli stessi. Escludeva, inoltre, la configurabilità di una condotta abnorme del lavoratore, pure caratterizzata da imprudenza: ciò che veniva in rilievo era, invece, che l’innalzamento del cestello ad una distanza pericolosa, rappresentava un evento tutt’altro che improbabile in un territorio industrializzato e che la morte del lavoratore non si sarebbe verificata se il datore di lavoro si fosse posto il problema della presenza della linea elettrica ed avesse impartito direttive volte a scongiurare il rischio connesso al contatto tra il cestello ed i cavi.
Propone ricorso per cassazione l’imputato articolando due motivi.
Con il primo, di carattere processuale, lamenta la nullità della sentenza di primo grado e la violazione dell’art. 420-ter cod. proc. pen., giacché la Corte di appello aveva disatteso il motivo afferente l’illegittimità del diniego del rinvio in primo grado per motivato impedimento del difensore.
Con il secondo motivo si duole del giudizio di responsabilità reiterando anche in questa sede la tesi secondo la quale al M. era stata affidato esclusivamente il compito di effettuare un sopralluogo, come sarebbe emerso dall’audizione dei testi, citati ma non escussi.
Si sostiene, altresì, che l’infortunio si era verificato a causa della condotta abnorme del lavoratore che, in violazione dell’art. 20 d.Lgs 81/2008, aveva posto in essere di sua iniziativa manovra idonea a compromettere la propria sicurezza.
E’ stata depositata ritualmente memoria difensiva a sostegno del ricorso.
Sono state depositate conclusioni scritte per le costituite parti civili con le quali è stata chiesta la conferma della sentenza impugnata.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
Quanto al motivo di natura processuale, la questione sul mancato avviso al difensore è stata già affrontata e esclusa in fatto dalla Corte di merito, attraverso la disamina diretta degli atti.
Sul punto la Corte territoriale ha spiegato linearmente e in fatto come nel primo caso, non fosse stata tempestivamente presentata l’istanza di rinvio per legittimo impedimento e come la seconda ordinanza emessa dal Tribunale avesse evidenziato la mancanza di prova dell’impedimento per ragioni di salute dello stesso difensore, poiché il medico incaricato dal Tribunale di accertarne le effettive condizioni, non lo aveva trovato.
Sotto tale ultimo profilo, gli argomenti in fatto articolati in ricorso attestano della correttezza e linearità del ragionamento della Corte di Appello, essendo stato rappresentato dallo stesso interessato un suo allontanamento dall’abitazione – che prescindendo dalle ragioni che qui non rilevano- riscontra di un inesistente impedimento per ragioni di salute.
Anche la censura sul giudizio di responsabilità è infondata.
La sentenza a base dell’affermato giudizio di colpevolezza ha posto l’apprezzata carenza organizzativa addebitabile al datore di lavoro, il quale ha trascurato di ottemperare agli obblighi previsti dall’art. 117 d.Lgs 9 aprile 2008, n. 81, non avendo adottato alcuna concreta iniziativa volta ad eliminare il rischio connesso alla possibilità che il cestello montato sul braccio della gru entrasse in contatto con la linea elettrica durante il lavoro di smontaggio della vecchia insegna.
La motivazione regge il vaglio di legittimità di questa Corte.
La posizione di garanzia ricoperta dal D., nella qualità di datore di lavoro della vittima, gli imponeva di attivarsi positivamente per organizzare le attività lavorative in modo sicuro, assicurandosi che si provvedesse ad eliminare il rischio dell’esposizione del lavoratore alla corrente elettrica.
La ricostruzione operata in sentenza, con l’individuazione dell’addebito colposo sopra indicato e della rilevanza causale di detto addebito rispetto alla verificazione dell’evento mortale, non offre spazi per poter qui recepire i diversi assunti difensivi.
La sentenza impugnata correttamente ravvisa la colpa D., e il conseguente nesso eziologico con l’evento dannoso, nel non aver questi adottato le doverose misure tecniche ed organizzative per eliminare il rischio di accidentali contatti con i conduttori della linea elettrica, consentendo l’utilizzo di un cestello in prossimità di una linea elettrica senza l’adozione delle precauzioni indicate dal citato art. 117, anche in via alternativa ( in particolare, nel caso in esame, il rispetto della distanza di sicurezza dal cavo elettrico), così determinando le condizioni perché il cestello entrasse in contatto con la suddetta linea aerea, con la conseguente sottoposizione dell’operaio ad elettrocuzione.
In realtà, il datore di lavoro, come sopra evidenziato, nella materia infortunistica, deve allestire le misure di sicurezza, deve informare e formare il lavoratore in relazione alla normativa antinfortunistica, ma deve anche controllare l’osservanza da parte del lavoratore della normativa antinfortunistica.
Ciò dovendolo desumere dall’articolo 18 del d.P.R 9 aprile 2008 n. 81, laddove pone a carico del datore di lavoro non il solo obbligo di allestire le misure di sicurezza, ma anche una serie di controlli, diretti o per interposta persona, atti a garantirne l’applicazione; ma dovendolo desumere soprattutto dalla norma generale di cui all’articolo 2087 del codice civile, la quale dispone che l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Sotto tale ultimo profilo, appare utile rimarcare che in tema di infortuni sul lavoro non occorre, per configurare la responsabilità del datore di lavoro, che sia integrata la violazione di specifiche norme dettate per la prevenzione degli infortuni stessi – nel caso in esame, peraltro, sussistente- essendo sufficiente che l’evento dannoso si sia verificato a causa dell’omessa adozione di quelle misure ed accorgimenti imposti all’imprenditore dall’art. 2087 cod. civ. ai fini della più efficace tutela dell’integrità fisica del lavoratore (v. tra le tante, da ultimo, Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265052).
Da questa premessa, logicamente sostenibile, e quindi qui non sindacabile, è il conseguente giudizio di sussistenza della colpa e del nesso causale posto alla base della decisione di condanna, avendo il giudicante fornito una motivazione immune da censure, siccome del resto basata su una considerazione fattuale incontrovertibile.
Parimenti è infondata la censura che rimarca la condotta colposa del lavoratore, per dedurne che essa costituisca fattore eccezionale interruttivo del nesso causale.
Come evidenziato dal giudice di merito, l’errore di manovra del lavoratore costituisce proprio uno dei fondamentali e specifici rischi da prevedere e prevenire e come tale non può ritenersi un evento del tutto anomalo ed eccentrico al normale svolgimento del lavoro, da risultare imprevedibile e come tale inidoneo ad interrompere il nesso causale tra l’evento lesivo e la condotta omissiva dei titolari della posizione di garanzia.
I principi sopra indicati sono in linea con la giurisprudenza consolidata di questa Corte secondo la quale in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016, dep. 2017, Gerosa, Rv. 269603).
Non è prospettabile, pertanto, nel caso in esame, rispetto al coinvolgimento del lavoratore, il tema dell’interruzione del nesso causale, ove si consideri che l’incidente si è svolto durante l’attività lavorativa in occasione di una attività richiesta proprio dall’imputato.
Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute in questo giudizio dalla parti civili costituite, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla costituite parti civili che liquida in complessivi euro 3.500,00 oltre accessori come per legge.
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