CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 05 luglio 2017, n. 16586
Inps – Pagamento di contributi – Verbale di accertamento – Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno – Assenza di prova del part-time
Fatti di causa
Con sentenza 864/2010 la Corte d’Appello di Milano, in riforma della pronuncia di primo grado, accogliendo l’appello dell’Inps rigettava l’opposizione promossa da R.B. avverso la cartella esattoriale con la quale l’Inps reclamava il pagamento di contributi in relazione alla posizione della signora F.G. sulla scorta di verbale di accertamento nel quale si sosteneva l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno tra le parti vigente dal novembre 2001 fino al gennaio 2006.
A fondamento della decisione la Corte territoriale sosteneva che, in assenza di prova di un rapporto part-time nascente dall’atto scritto, il rapporto si presume a tempo pieno e sono dovuti i normali contributi secondo i minimali di legge riferiti ai contratti a tempo pieno.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione R.B. con due motivi di censura, illustrati da memoria, ai quali ha resistito l’INPS con controricorso.
Ragioni della decisione
1. – Col primo motivo il ricorso denuncia violazione di legge (art. 360 n. 3 c.p.c.) avendo la Corte errato ad applicare alla fattispecie l’articolo 5 del decreto legge 726/84 convertito in legge 863/84 dovendosi applicare invece ratione temporis il decreto legislativo n. 61/2000 secondo cui in mancanza della forma scritta, richiesta ad probationem, il rapporto è valido e, salva la prova del rapporto part-time nei limiti stabiliti dalla legge, sono dovuti i contributi nei limiti del minimale orario.
2. – Col secondo motivo si contesta il vizio di omessa motivazione per mancato esame di documenti rilevanti, certi e non controversi in quanto anche dal verbale ispettivo del 22/3/2006 si dava atto di un rapporto di co.co.co. per 12 ore settimanali “dal 5.11.2001 al 22.10.2004 e tuttora in corso (22.3.2006)”.
3. I due motivi di ricorso, i quali possono esaminarsi unitariamente per la connessione che li correla, sono infondati per le seguenti assorbenti ragioni di diritto; che questa Corte ha avuto occasione di affermare anche di recente con sentenza 1186/2017, nella quale ha messo correttamente in luce come il tema dell’imponibile contributivo nel contratto part time privo di forma scritta prescinde, alla luce dell’orientamento risalente e consolidato di questa Corte, dalla questione dal ruolo attribuito dalla legge al requisito della stessa forma scritta (ai fini della validità o della prova del contratto).
4. Questa sentenza ha anzitutto operato la ricostruzione del quadro normativo di riferimento nei seguenti termini.
L’articolo 5 D.L. 726/1984 prevedeva che il contratto di lavoro a tempo parziale dovesse stipularsi per iscritto e che in esso dovessero essere indicate le mansioni e la distribuzione dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno; non individuava, invece, le conseguenze della violazione delle suddette prescrizioni formali, che sono state enucleate, pertanto, da consolidata giurisprudenza di questa Corte nel senso della nullità del contratto part time, quanto meno nel caso della mancata indicazione della durata oraria (da ultimo: Cass. sez. lav. 8.3.2016 nr. 4494). La disciplina del D.L. 726/1984 è stata successivamente superata dal D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, recante attuazione della direttiva 97/ 81/CE, che all’art. 8 ha espressamente disciplinato da un lato il regime della forma – prevedendo che la forma scritta è richiesta a fini di prova – e dall’altro le conseguenze della sua violazione. L’intera disciplina, dapprima integrata ed innovata dal D.Lgs. 276/2003, è stata poi abrogata dal D.Lgs. n. 81 del 2015.
5. La sentenza citata ha poi affrontato la questione dell’applicabilità del regime contributivo agevolato al rapporto part time privo di forma scritta alla luce della normativa del D.Lvo 61/2000 (come si chiede col ricorso oggetto di questo giudizio).
La conclusione tratta dalla sentenza – che questo Collegio intende mantenere ferma – è che la violazione del requisito formale (sia pure richiesto per il contratto di causa soltanto ad probationem e con le conseguenze sul rapporto di lavoro previste dall’articolo 8 D.Lvo 61/2000) sia di per sé preclusiva nel rapporto previdenziale del riconoscimento del regime contributivo agevolato.
6. – In tal senso è utile il richiamo alla giurisprudenza formatasi nella vigenza del precedente regime generale nella materia previdenziale del part time, come disciplinato dall’ art. 5, comma 5, del DL 726/1984 (che prevedeva il minimale contributivo orario invece che il minimale giornaliero); si è al riguardo affermato, con indirizzo consolidato, che al contratto di lavoro parziale che abbia avuto esecuzione pur essendo nullo per difetto di forma non può applicarsi la disciplina della contribuzione previdenziale prevista dal predetto articolo 5, comma 5 ma deve applicarsi il regime ordinario di contribuzione (Cassazione civile, sez. lav., 30/09/2014, n. 20591; Cass. 11584/11; Cass. n. 52/09; Cass. n. 11011/08; Cass. n. 16670/04; Cass. 17271/204; Cass. S.U. n. 12269/04).
7. – Tale conclusione, a partire da Cass. SU 12269/04, non è stata fondata sulla ritenuta nullità del contratto part time privo del requisito di forma, ma piuttosto sul rilievo che il sistema contributivo regolato dall’articolo 5 c. 5 del DL 726/1984 è applicabile solo in presenza di tutti i presupposti formali previsti dai precedenti commi. In tal senso si e evidenziato che per ragioni logico – sistematiche sarebbe privo di razionalità un eventuale sistema che imponesse ai soggetti rispettosi della legge l’osservanza del “principio minimale” – ( con l’applicazione per esigenze solidaristiche di minimali contributivi anche superiori alle retribuzioni corrisposte) – e nello stesso tempo assicurasse un trattamento privilegiato a quanti nello stipulare un contratto part – time si fossero sottratti alle prescrizioni di legge, così agevolando di fatto forme di lavoro irregolare.
Tale principio è stato applicato da questa Corte (Cassazione civile, sez. lav., 26/05/2011, n. 11584 e 30/09/2014 n. 20591) anche nelle fattispecie in cui il contratto a tempo parziale era stato pattuito in forma verbale validamente, giacché in epoca successiva all’entrata in vigore del D.L. n. 726 del 1984, affermandosi che in tali casi il contratto a tempo parziale resta sì valido ma ai fini dell’ottenimento del regime contributivo ridotto è richiesto il requisito della forma scritta, con conseguente onere delle parti di riprodurre per iscritto il rapporto. Si legge in Cass. 20591/2014 sopra citata: “al di là della validità o meno di tale contratto, permane la ragione di fondo del principio giurisprudenziale sopra ricordato, che è quella di consentire l’applicazione del minimale contributivo orario solo in presenza di validi contratti part time stipulati ai sensi del cit. D.L. n. 726 del 1984, poiché tale regime di favore in tanto si giustifica in quanto si sia in presenza d’un contratto stipulato per iscritto, che indichi le mansioni e la distribuzione dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno, affinché gli organi amministrativi di controllo – cui deve essere inviata entro trenta giorni una copia del contratto medesimo – possano effettuare le dovute verifiche.
Tale ratio risulterebbe frustrata se il minimale contributivo orario si potesse applicare anche a contratti il cui contenuto, proprio perché non risultante da atto scritto, restasse di incerta individuazione”.
La suddetta ratio, in quanto indipendente dalla validità della pattuizione del part time tra le parti del contratto di lavoro, resta riferibile anche ai casi in cui, nel regime di cui al D.Lvo 61/2000, la forma scritta sia richiesta soltanto ad probationem.
8. – Dalla ricognizione sin qui compiuta deriva il rigetto del ricorso, giacché è dimostrato da una parte che il rapporto di lavoro subordinato in oggetto non fosse stato redatto per iscritto (perché lo scritto dava atto di un rapporto di co.co.co.); e dall’altra parte che non esistessero altre idonee prove del contratto part time (tali non potendo essere i versamenti effettuati alla gestione separata, né le dichiarazioni rilasciate dalle parti in sede ispettiva).
9. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi € 2200, di cui € 2000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
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