CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 05 maggio 2017, n. 11031
Rapporto di lavoro – Congedo per figli minori portatori di handicap grave – Art. 42, D.Lgs. n. 151/2001 – Riconoscimento – Durata complessiva
Fatti di causa
Con la sentenza n. 6947/2010 la Corte d’Appello di Roma rigettava il gravame proposto dall’INPS contro la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di B. L. riconoscendole il diritto a fruire del congedo ex art. 42, comma 5 d.lgs. 151/2001 entro il limite di due anni per ciascuno dei figli minori portatori di handicap grave.
A fondamento della domanda la Corte territoriale affermava che il diritto al congedo biennale ai sensi dell’art.4, comma 2 della l. 53/2000 potesse essere attribuito più volte in capo allo stesso lavoratore nell’ipotesi in cui vi fossero più soggetti in relazione ai quali il beneficio potesse essere richiesto; essendo il diritto attribuito a ciascuno dei figli minori affetto da handicap grave; mentre l’espressione riferita alla “durata complessiva di due anni” consente di sommare i periodi di congedo goduti alternativamente da entrambi i genitori, ma non i congedi relativi ad altri figli in situazione di handicap grave.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’INPS con un unico articolato motivo illustrato con memoria. Resiste B. L. con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il motivo di ricorso l’INPS deduce violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 42, 5 comma del d.lgs. 26.3.2001 n.151; art. 4 comma 2 della I. 8.3.2000, n. 53, e art. 2 secondo comma del D.M. 21/72000 n. 278 (art. 360 n. 3 c.p.c.), atteso che le affermazioni della Corte di merito erano in contrasto con la formulazione letterale delle norme citate dalle quali si evinceva che il diritto al congedo biennale può essere fruito una sola volta, in maniera continuativa o frazionata, nell’arco della vita lavorativa.
2. Il motivo è infondato.
L’art. 42, 5 comma del d.lgs. 151/2001 riconosceva il diritto al congedo per handicap grave ad entrambi i genitori sostenendo che lo stesso non possa superare “la durata complessiva di due anni”. L’art. 4, comma 2 della l. 53/2000 parla allo stesso scopo di un “periodo di congedo, continuativo o frazionato non superiore a due anni”. L’art.2 del DM 278/2000 prevede con analoga formula che il congedo biennale in questione “può essere utilizzato per un periodo, continuativo o frazionato non superiore a due anni nell’arco della vita lavorativa.”
3. Nessuna delle disposizioni citate autorizza però ad affermare che sul piano letterale la legge abbia inteso riferirsi alla durata complessiva dei possibili congedi fruibili dall’avente diritto, anche nell’ipotesi in cui i soggetti da assistere fossero più di uno; talché esaurito il periodo complessivo di due anni il genitore non abbia più diritto nell’arco della vita lavorativa ad altro periodo di congedo, anche nell’ipotesi in cui avesse un altro figlio da assistere in situazione di handicap grave.
4. Le stesse norme, invece, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata ai sensi degli artt. 2, 3, 32 Cost. possono essere intese soltanto nel senso che il limite dei due anni – in effetti non superabile nell’arco della vita lavorativa anche nel caso di godimento cumulativo di entrambi i genitori – si riferisca tuttavia a ciascun figlio che si trovi nella prevista situazione di bisogno, in modo da non lasciarne alcuno privo della necessaria assistenza che la legge è protesa ad assicurare.
5. Nella stessa direzione si esprime ora, espressamente, la stessa legge grazie all’art. 4 del decreto Legislativo 18 luglio 2011, n. 119 che ha modificato l’articolo 42, decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di congedo per assistenza di soggetto portatore di handicap grave, introducendo un comma 5-bis del seguente tenore : “Il congedo fruito ai sensi del comma 5 non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell’arco della vita lavorativa….” Tale esplicitazione normativa, introdotta dal Decreto 119/2011, deve ritenersi confermativa del tenore della legge precedente (come risulta anche dalle indicazioni fornite dalla Circolare INPDAP 10 gennaio 2002, n. 2 e dalla Circolare INPDAP del 12.3.2004 n. 31).
6. Le considerazioni sin qui svolte impongono dunque di rigettare il ricorso promosso dall’INPS avverso la sentenza impugnata che ha fatto buon governo delle regole di diritto applicabili alla fattispecie.
7. Le spese seguono la soccombenza come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’INPS al pagamento della spese processuali liquidate in complessivi € 3700, di cui € 3500 per compensi professionali , oltre al 15% di spese generali ed oneri accessori.
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