CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 novembre 2017, n. 26260
Contratto di agenzia – Indennità aggiuntiva di risoluzione – Interpretazione accordo collettivo – Diritto all’indennità per raggiungimento dei limiti di età dell’agente – Esercizio da parte del preponente – Esercizio dell’attività di agenzia in forma collettiva e per mezzo di società – Diritto comunque sussistente
Fatti di causa
La Corte d’Appello di Milano, con sentenza in data 15/09/2011, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale n. 537/2008, ha condannato la F. s.p.a. al pagamento dell’indennità aggiuntiva di risoluzione del contratto di agenzia di cui all’art. 17, co. 2, dell’Accordo Nazionale Agenti di assicurazione vigente, nei confronti di E.V., socia amministratrice e delegata all’attività negoziale della “G.M.V. s.n.c.”, per il raggiungimento del limite di età della stessa, quantificando l’emolumento in maniera diversa, rispetto a quanto statuito dal giudice di prime cure in accoglimento della domanda dell’appellata.
Sebbene il rapporto di agenzia fosse esercitato dalla Società in forma collettiva, la Corte d’Appello, ha riconosciuto la titolarità dell’indennità di risoluzione contrattuale di cui all’art. 17, co. 2, A.N.A. in capo a E.V., quale singola agente, fondando la sua decisione sull’interpretazione dell’art. 3.6 dell’allegato 1 del contratto, che, richiamandosi all’accordo collettivo nazionale, prevedeva che la Compagnia potesse invocare, “…quale valido motivo di recesso – tra le altre ipotesi – quello del raggiungimento del limite di età di cui all’art. 17, co. 2 A.N.A. (…) da parte del socio amministratore e che, in tal caso, si (sarebbe applicato) il trattamento economico e normativo previsto dall’accordo nazionale limitatamente alle sole persone interessate, idealmente considerate come singolo agente”.
Avverso tale decisione interpone ricorso in Cassazione F. s.p.a. con due censure, mentre l’intimata non ha resistito.
Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata ai sensi del decreto del Primo Presidente 14/09/2016.
Ragioni della decisione
1. Nel primo motivo la Società ricorrente censura la sentenza gravata per vizio di motivazione, consistente nell’avere la stessa erroneamente ritenuto l’appellata legittimata ad agire in giudizio (art. 81 cod. proc. civ.).
Deduce, infatti, la F. s.p.a. che la Corte d’Appello avrebbe accolto il ricorso di E.V. sull’erroneo presupposto della legittimazione ad agire in giudizio in capo alla stessa uti singula, per far valere diritti di natura personale e soggettiva, e non già in qualità di rappresentante legale della “G.M.V. s.n.c.”, ovvero, che, come si afferma nel ricorso (p.10), la stessa “…avrebbe fatto valere in nome proprio un diritto altrui”.
La censura, per com’è proposta, presenta un evidente profilo d’inammissibilità, consistente nel fatto che essa omette di riportare integralmente, o, almeno, nelle sue parti salienti i passaggi del ricorso di primo grado e della sentenza che intende contestare, né spiega in qual modo, l’affermazione di diritto in essa contenuta si ponga in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie (Cass. n. 828/2007; Cass. n. 635/2015).
2. Il secondo motivo censura la sentenza d’Appello per aver interpretato le norme dell’Accordo Nazionale Agenti di assicurazione, attribuendovi il significato per cui, anche nell’ipotesi di esercizio dell’attività di agenzia in forma collettiva e per mezzo di una società (in questo caso di persona), il diritto all’indennità di cui all’art.17, co. 2, A.N.A., previsto per il recesso a iniziativa del preponente per raggiungimento dei limiti di età dell’agente (art. 12, comma 1, lett. d) dello stesso accordo), debba riconoscersi in capo al singolo agente – persona fisica – e non in capo alla società.
Secondo parte ricorrente, la ricostruzione delle norme contrattuali applicabili avvalorerebbe una conclusione esattamente contraria a quella prospettata dalla Corte territoriale, nel senso che, qualora la Società mandante intenda avvalersi della clausola risolutiva di cui alla lett. d) dell’art. 12 co. 1, A.N.A. (raggiungimento dell’età pensionabile), beneficiaria dell’indennità sarebbe la stessa Società di agenzia, nella misura riguardante le sole persone interessate dalla risoluzione contrattuale “…idealmente considerate come singolo agente”. La presunta erronea interpretazione è censurata da parte ricorrente con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ. (sia pure per mero errore materiale richiamando l’art. 360, co. 1, n. 2, anziché n. 3 cod. proc. civ.), nonché alla omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio, concernente la mancata specificazione, da parte della Corte territoriale, delle ragioni per le quali la tesi della Società mandante è stata respinta, senza giustificare in alcun modo l’iter interpretativo seguito, richiamandosi a non meglio identificati “argomenti in senso contrario alla tesi prospettata dall’appellato” ricavabili dall’accordo nazionale.
Il secondo motivo è infondato. Le fonti contrattuali che regolano l’esercizio del mandato di agenzia da parte della Società, richiamandosi all’art. 17, co. 1, dell’accordo nazionale, hanno statuito che l’indennità prevista per la risoluzione del contratto per raggiungimento del limite d’età del socio amministratore conferisce allo stesso il diritto al trattamento relativo economico e normativo.
La sentenza d’Appello, ricostruendo le norme e i documenti che disciplinano, nel caso in esame, l’esercizio del mandato di agenzia in forma societaria, ha statuito:
– che le parti avevano voluto legare il contratto stesso all’attività delle persone fisiche preventivamente e consensualmente individuate, sul presupposto di un rapporto fiduciario nei loro confronti da parte della stessa mandante;
– che, in relazione ad alcune clausole del contratto d’agenzia e all’Accordo Nazionale, E.V. era titolare di un diritto “…di natura personale e soggettiva” alla corresponsione delle indennità aggiuntive riconosciute dalla contrattazione collettiva, agli agenti che accettano la risoluzione del contratto al compimento del sessantacinquesimo anno d’età;
– che, nel caso in cui la mandante avesse fatto valere la ragione di recesso sopra richiamata, prevista espressamente dall’art. 12, co. 1, lett. d) dell’accordo nazionale quale una delle molteplici cause di scioglimento del contratto di agenzia a iniziativa del preponente, si sarebbe applicato il trattamento economico e normativo previsto dall’accordo nazionale limitatamente alle sole persone interessate “…idealmente considerate come singolo agente”.
L’inciso, secondo la ricorrente, avrebbe costituito la riprova che la norma menzionando la società agente come unicum, e utilizzando l’avverbio “idealmente”, riferito all’amministratore nei confronti del quale si è attuata la risoluzione del contratto, avrebbe sancito l’impossibilità di riferire all’agente – persona fisica – la titolarità del diritto all’indennità di risoluzione contrattuale. Sennonché, l’obiezione non è idonea ad aggredire le statuizioni della Corte territoriale, la quale, a conferma della propria chiave di lettura interpretativa, richiama l’art. 17 dell’Accordo collettivo il quale, al co. 1 regola le indennità di risoluzione, erogabili direttamente alla società, riconoscendo che le stesse furono regolarmente versate dalla Compagnia, mentre al co.2, espressamente richiamato dal punto 3.6 lett. d) del contratto di agenzia, prevede in capo all’agente che ha compiuto il sessantacinquesimo anno di età, nei cui confronti la Compagnia eserciti il recesso, il diritto alla corresponsione dell’indennità aggiuntiva, quantificandola nella misura del settanta per cento.
L’interpretazione proposta dalla sentenza impugnata è avvalorata da un’attenta e minuziosa ricostruzione della disciplina contrattuale, che le ragioni della ricorrente non si rivelano in grado di scalfire nel tentativo di accreditare la diversa tesi – a sé favorevole – secondo cui l’indennità aggiuntiva sarebbe spettata unicamente alla società, avendo, in proposito, la Corte territoriale chiarito, che una siffatta eventualità, è sì contemplata dall’accordo al punto 3.9 dell’all. 1, ma si riferisce alla diversa ipotesi in cui, al pagamento dell’indennità di risoluzione si aggiunga il contestuale conferimento di un nuovo incarico ai soci rimasti, e non anche al mero recesso nei confronti del socio amministratore che ha raggiunto l’età per il collocamento in quiescenza.
Sulla linea dell’esatta ricostruzione svolta dalla Corte d’Appello, deve pertanto confermarsi che l’accordo nazionale applicabile abbia inteso assicurare all’agente che svolga la prestazione in forma collettiva, oltre alle indennità derivanti dalla risoluzione unilaterale del contratto, altresì – e uti singulus, proprio perché il motivo di recesso è legato alla sua persona – l’indennità aggiuntiva, concepita in funzione di ristoro per la perdita delle provvigioni che egli avrebbe potuto conseguire se il suo rapporto di lavoro fosse durato fino alla durata massima del servizio prevista in sessantotto anni.
Essendo, pertanto, il primo motivo inammissibile e il secondo motivo infondato, il ricorso, è rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi, ed Euro 5.000 per competenze professionali, oltre che delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, e degli accessori di legge.
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