CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 agosto 2017, n. 19662
Cartella esattoriale – Società inquadrata nel settore edilizio – Obbligazione contributiva – Lavoratori dipendenti extra-comunitari – Ritorno nel Paese d’origine – Sospensione rapporto di lavoro – Retribuzione non maturata – Accordo consensuale non preventivamente comunicato agli enti previdenziali – Non rileva – Applicazione minimale contributivo
Rilevato
che INPS chiedeva con cartella esattoriale i contributi omessi da C.M. s.r.l., società operante nel settore edilizio, in relazione ad alcuni periodi del rapporto di lavoro dei dipendenti;
che proposta opposizione dalla società, il primo giudice riduceva l’importo richiesto, ritenendo che per alcuni periodi non fosse maturata l’obbligazione contributiva, non avendo i dipendenti (lavoratori extracomunitari) ricevuto la retribuzione, avendo fatto ritorno nei paesi di origine, con conseguente sospensione del rapporto di lavoro;
che proposto appello dall’INPS, la Corte d’appello di Milano (sentenza 21.05.10) rigettava l’impugnazione, con compensazione delle spese, rilevando che nel caso di specie non trovava applicazione la regola del minimale contributivo (ovvero l’onere di pagare i contributi sulla base delle tariffe dei CCNL), vertendosi in un caso di sospensione consensuale del rapporto di lavoro;
che propone ricorso l’INPS lamentando l’erronea interpretazione dell’art. 29, c. 1, d.l. 23.06.95 n. 244 (conv. dalla l. 8.08.95 n. 341), in quanto la sospensione concordata del rapporto di lavoro non rientra tra le cause di esclusione del minimale;
che la società C.M. S.R.L. rimane solo intimata;
Considerato
che col primo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione dell’art. 29, comma 1°, di D.L. n. 244/95, convertito nella legge n. 341/95, l’Inps rileva che l’accordo tra il datore di lavoro ed il lavoratore in relazione alla sospensione del rapporto lavorativo non può comportare l’esenzione della parte datoriale dall’obbligo di rispettare il minimale contributivo previsto dalla citata norma, con conseguente illegittimità del contrario avviso del giudice di secondo grado;
che col secondo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione dell’art. 29, comma 1°, di D.L. n. 244/95, convertito nella legge n. 341/95, in relazione all’art. 2697 cod. civ., l’Inps rileva che ai fini dell’esenzione dall’obbligo minimale contributivo in edilizia, nell’ipotesi di sospensione concordata tra le parti del rapporto di lavoro, è in ogni caso necessario che questa debba essere comunicata preventivamente agli enti previdenziali in modo da consentire gli opportuni controlli;
che i due motivi, che per ragioni di connessione vanno esaminati congiuntamente, sono fondati;
che si è, infatti, affermato (Cass. sez. lav. n. 22314 del 3.11.2016) che “in tema di contributi nel settore edile, ove l’Inps pretenda da un’impresa differenze contributive sulla retribuzione virtuale, ai sensi dell’art. 29 del d.l. n. 244 del 1995, conv. dalla I. n. 341 del 1995, il relativo onere probatorio è assolto mediante l’indicazione, non contestata, dell’attività edile espletata, in uno all’invocazione della suddetta norma, mentre costituisce onere del datore di lavoro allegare, e provare, le ipotesi eccettuative dell’obbligo contributivo previste dalla contrattazione collettiva cui rimanda il d.m. previsto, a tal fine, dal medesimo articolo 29”;
che si è, altresì, statuito (Cass. sez. 6 – L., Ordinanza n. 9805 del 4.5.2011) che “in tema di contribuzione dovuta dai datori di lavoro esercenti attività edile, l’art. 29 del d.l. n. 244 del 1995, convertito nella legge n. 341 del 1995, nel determinare la misura dell’obbligo contributivo previdenziale ed assistenziale in riferimento ad una retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all’orario normale di lavoro stabilito dalla contrattazione collettiva, prevede l’esclusione dall’obbligo contributivo di una varietà di assenze, tra di loro accomunate dal fatto che vengono in considerazione situazioni in cui è la legge ad imporre al datore di lavoro di sospendere il rapporto. Ne consegue che, ove la sospensione del rapporto derivi da una libera scelta del datore di lavoro e costituisca il risultato di un accordo tra le parti, continua a permanere intatto l’obbligo retributivo, dovendosi escludere, attesa l’assenza di una identità di “ratio” tra le situazioni considerate, la possibilità di una interpretazione estensiva o, comunque, analogica, e ciò tanto più che la disposizione ha natura eccezionale e regola espressamente la possibilità e le modalità di un ampliamento dei casi d’esonero da contribuzione, che può essere effettuato esclusivamente mediante decreti interministeriali”;
che in tema di minimale contributivo previsto, nel settore edile, dall’art. 29 del decreto-legge n. 244 del 1995, convertito in legge n. 341 del 1995, è necessario scindere le due ipotesi ivi previste, quella della sospensione dell’attività, per la quale deve sussistere il presupposto dell’obbligo della retribuzione corrispettivo, obbligo che non sussiste nelle ipotesi di sospensione debitamente comunicate all’INPS in via preventiva ed oggettivamente accertabile, e quella della riduzione dell’attività, nella quale, sussistendo una retribuzione, seppure parziale, esprime tutto il suo vigore la regola del minimale e della tassatività delle ipotesi di esclusione. L’interpretazione adottata, seppure estende la portata dell’art. 29 citato, è l’unica che appare costituzionalmente corretta ed evita disparità di trattamento tra grandi e piccole imprese.” (v. Cass. sez. lav. n. 5233 del 7/3/2007 e n. 12624 del 19/5/2008 sulla tassativita delle ipotesi di esenzione dall’obbligo del minimale contributivo in edilizia, elencate dall’art. 29 del d.l. n. 244, del 1995, convertito in legge n. 341, del 1995, e dal d.m. 16 dicembre 1996, nonché sulla necessità della previa comunicazione) che e proprio il carattere tassativo delle ipotesi di esclusione dall’obbligo di versamento del c.d. minimale contributivo ad esigere che sia onere del datore di lavoro, che invoca la ricorrenza di una siffatta deroga, quello di indicare la disposizione contrattuale che la prevede nel caso specifico, situazione, questa, non concretizzatasi nella fattispecie;
che, pertanto, il ricorso va accolto, con cassazione dell’impugnata sentenza; che non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ. col rigetto dell’originaria domanda di opposizione alla cartella esattoriale; che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza dell’odierna intimata e vanno liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Condanna l’intimata al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di € 2200,00, di cui € 2000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
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