CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 dicembre 2017, n. 29369
Tributi – Verifica fiscale – Agenda contenente contabilità informale – Valenza presuntiva – Recupero a tassazione corrispettivi non dichiarati – Prova contraria – Perizia giurata di parte – Inefficacia
Fatti di causa
Nel corso di una verifica eseguita nei confronti della società i verificatori rinvennero un’agenda contenente una contabilità informale dei corrispettivi delle vendite giornaliere, a firma dell’amministratore, riferiti al periodo 1 gennaio-31 ottobre 1999, che, confrontati con quelli risultanti dalla contabilità ufficiale, evidenziarono i corrispettivi non dichiarati, sicché la differenza fu recuperata a tassazione.
Furono inoltre rilevate sopravvenienze attive, iscritte tra le poste del passivo della situazione patrimoniale come debito da finanziamento soci, non sorrette da alcuna documentazione.
Ancora, furono recuperati a tassazione costi non di competenza dell’esercizio, relativi a servizi di contabilità, costi totalmente indeducibili perché concernenti spese per autoveicoli con impiego non esclusivamente strumentale e spese telefoniche e costi non deducibili perché riguardanti spese di rappresentanza deducibili in ragione di un terzo ed in cinque esercizi.
Fu anche contestata un’illegittima diminuzione dei ricavi, operata a storno della registrazione dei relativi ratei attivi iscritti nel bilancio dell’esercizio 1998, corrispondenti ad acconti percepiti da clienti non identificati e non documentati.
Ai fini dell’iva, fu rilevata l’omessa dichiarazione delle operazioni imponibili emerse dalla documentazione extracontabile, nonché l’omessa autofatturazione di un acquisto esente concernente una partecipazione per la quale non era pervenuta la fattura.
La società impugnò il relativo avviso, che fu dichiarato nullo dalla Commissione tributaria provinciale, mentre quella regionale, nel raccogliere l’appello dell’Ufficio, ha osservato, per quanto ancora d’interesse che:
a. – la procedura seguita dalla società, consistita nell’emissione di documenti di trasporto privi dell’annotazione dei corrispettivi, i quali erano annotati soltanto sulla documentazione in suo possesso, si è risolta in un artificio contabile, giacché, postulando annotazioni eseguite a posteriori, e comunque difficilmente verificabili, non consente d’individuare le singole operazioni;
b. – si è reso per conseguenza impossibile ai verificatori controllare se effettivamente, come sosteneva la contribuente, le vendite di beni compiute a settembre e ad ottobre fossero state fatturate nei due mesi successivi;
c. – quanto allo storno dei ricavi relativi all’esercizio 1998, asseritamele relativi ad acconti ricevuti da terzi, nessun riscontro è avvenuto dell’identità dei clienti, delle consegne e dei pagamenti, anche parziali;
d. il rinvenimento della documentazione extracontabile è utile elemento probatorio, con valenza presuntiva, valutabile indipendentemente dal riscontro di irregolarità nella tenuta della contabilità, che la perizia giurata esibita dalla società non riesce a neutralizzare in ragione della sua provenienza dalla parte che intende trarne vantaggio;
e. – il recupero a tassazione della somma iscritta come debito per finanziamento soci è priva di supporto documentale;
f. – l’irregolarità delle poste relative ai costi indeducibili non può essere sanata dopo la verifica, in relazione all’esercizio successivo.
Contro questa sentenza la contribuente propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a cinque motivi, dei quali il primo articolato in cinque censure, cui l’Agenzia replica con controricorso.
Ragioni delta decisione
1. – Col primo motivo di ricorso, concernente il recupero a tassazione dei ricavi in nero, la società fa leva:
– sull’intervenuta acquiescenza dell’Agenzia alla sentenza di primo grado, là dove il giudice nulla ha statuito in ordine alla violazione di legge, insita nel fatto che la determinazione del reddito è avvenuta in relazione al periodo di dieci, anziché di dodici mesi, nonché sulla violazione dell’art. 76 del d.P.R. n. 917/86 in relazione ai medesimo aspetto (prima censura);
– sull’omessa motivazione della sentenza impugnata, là dove il giudice d’appello non ha tenuto conto degli importi che risultavano fatturati nei mesi di novembre e dì dicembre 1999 (seconda censura);
– sulla violazione dell’art. 21 del d.P.R. n. 633/72 e sul correlativo vizio di motivazione in ordine al fatto che la norma in questione, nei consentire la fatturazione differita, non prescrive l’indicazione del corrispettivo (terza censura);
– sulla violazione di norme che escludono la duplicazione dell’imposizione e sull’omessa pronuncia sul punto, là dove il giudice d’appello ha trascurato che l’Agenzia aveva recuperato la materia imponibile anche ai fini iva, oltre che ai fini ires, realizzando una duplicazione dei procedimento impositivo (quarta censura);
– sulla formazione del giudicato interno, con violazione di norme di diritto, anche in relazione all’obbligo di motivare, là dove la Commissione tributaria regionale non ha considerato che l’Agenzia non ha impugnato la statuizione di primo grado concernente l’avvenuto pagamento dell’iva in conseguenza della successiva fatturazione, nei mesi di novembre e di dicembre, delle vendite delle merci consegnate nei mesi di settembre e di ottobre (quinta censura).
La censura complessivamente proposta è inammissibile per plurimi profili.
1.1. – Essa pecca di carenza di autosufficienza, là dove, nel dedurre l’avvenuta acquiescenza dell’Ufficio nonché le carenze della motivazione della sentenza impugnata, non riporta il contenuto della sentenza di primo grado e dell’appello, in modo da consentire a questa Corte di verificare il perimetro della materia giustiziarle.
1.2. – Essa, inoltre, propone in maniera frammista profili diversi di censura, sovrapponendo con la terza e con la quarta censura deduzione di violazione di legge e di vizio di motivazione e con la quinta deduzione di violazione di legge e di error in procedendo.
1.3. – Ancora, in relazione ai primi tre profili del motivo, la censura non è congruente col contenuto della decisione impugnata, calibrata sul fatto che la procedura seguita dalla società, consistita nell’avere emesso al momento delle vendite, in luogo delle fatture, documenti di trasporto privi dell’indicazione dei corrispettivi, si è risolta in un artificio contabile: la compilazione ex post delle fatture non ha consentito, a giudizio della Commissione, l’individuazione delle operazioni di vendita, inibendo di fatto l’attività di verifica.
Considerazioni, queste, che evidenziano altresì l’infondatezza della quinta censura, giacché l’affermata impossibilità d’individuare le operazioni di vendita nei mesi di novembre e di dicembre travolge la statuizione di primo grado cui la censura si riferisce.
1.4. – Anche il quarto profilo di censura si rivela manifestamente infondato, non essendo configurarle duplicazione d’imposizione in relazione a due imposte diverse come l’iva e l’ires, al cospetto, quindi, di due diversi presupposti impositivi.
2. – Col secondo motivo di ricorso la società lamenta la violazione dell’art. 55, attuale art. 88, del d.P.R. n. 917/86, <<in relazione all’omessa pronuncia su un punto rilevante>>, là dove la Commissione tributaria regionale, pur rimarcando l’assenza di documentazione probatoria a sostegno della posta iscritta come debito per finanziamento soci, ha trascurato che il disconoscimento del debito non può condurre alla tassazione del controvalore.
2.1. Il motivo è infondato.
Il giudice d’appello, nell’escludere che il debito per finanziamento soci sia documentalmente dimostrato, non ne ha ritenuto provata resistenza; e, per conseguenza, non sono applicabili le disposizioni concernenti il finanziamento soci.
3. – Col terzo motivo la società, anche in tal caso sovrapponendo deduzioni d’insufficiente motivazione, di error in procedendo, nonché di violazione o falsa applicazione dell’art. 67 del d.P.R. n. 600/73, sostiene che il giudice d’appello sia ricorso ad una pseudo-motivazione, trascurando che nel mese di gennaio 1999 sono state emesse fatture riferite a consegne di merci fatte nel precedente mese di dicembre alle quali è stata altresì applicata l’iva.
3.1. – Il motivo non è congruente col contenuto della decisione, giacché il giudice d’appello ha sul punto affermato che lo storno dei ricavi avvenuto a gennaio 1999 si riferisce ad acconti percepiti da clienti, non identificati ed in relazione ai quali l’Ufficio non ha riscontrato consegne, né pagamenti parziali: di qui l’ineludibile conseguenza che, non risultando provati versamenti e consegne, e, quindi, in definitiva, l’effettività delle relative operazioni, nessuna duplicazione d’imposta è prospettabile.
4. – Fondato è, invece, il quarto motivo di ricorso, col quale la società denuncia che, in relazione ai costi indeducibili, il giudice di primo grado aveva riconosciuto che, successivamente alla verifica, gli importi erano stati riportati in aumento del risultato di esercizio 1999 e l’Agenzia aveva prestato acquiescenza.
In effetti, come la stessa Agenzia ammette in controricorso, l’Ufficio aveva prestato acquiescenza a questa statuizione, sicché la pronuncia sul punto del giudice d’appello è da ritenere nulla.
Il motivo va in conseguenza accolto.
5. – Infondato è, infine, il quinto motivo di ricorso, col quale la società, facendo leva sull’avvenuta emanazione, in base ai medesimi rilievi, di un secondo avviso di accertamento, separatamente impugnato ed annullato, si duole del fatto che il giudice d’appello con la sentenza impugnata non abbia dichiarato cessata la materia del contendere, in ragione dell’intervenuto annullamento dei secondo avviso, duplicato dei primo, cui si riferisce l’odierno giudizio.
La stessa contribuente riferisce della pendenza del giudizio relativo al secondo avviso; il che esclude la cessazione della materia del contendere.
6. – In definitiva, in accoglimento del solo quarto motivo, la sentenza impugnata va cassata sul punto senza rinvio.
6.1. – Il ricorso va respinto per il resto.
L’esito complessivo della lite comporta la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo dì ricorso e cassa sul punto senza rinvio la sentenza impugnata. Rigetta nel resto il ricorso e compensa le spese.
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