CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 febbraio 2018, n. 2944
Tributi – Imposta di registro – Atto di liquidazione per decadenza dalle agevolazioni per la piccola proprietà contadina – Omessa impugnazione – Definitività della pretesa tributaria – Cartella di pagamento – Atto impugnabile solo per vizi propri
Svolgimento del fatto
1 L’Agenzia delle Entrate notificava, in data 5.06.2008, al sign R.L. due avvisi di liquidazione relativi agli atti traslativi di proprietà registrati il 17.02.2002, aventi ad oggetto appezzamenti di terreno ubicati nel territorio di Viterbo.
Gli avvisi avevano ad oggetto il recupero delle imposte di registro originato dalla decadenza dalle agevolazioni fiscali previste dalla L. 604/1954, per avere il contribuente omesso di presentare, nel termine decadenziale di tre anni dalla data di registrazione, il certificato attestante il possesso dei requisiti.
In data 28.07.2008, il contribuente presentava due istanze di annullamento degli avvisi di liquidazione, in sede di autotutela, affermando che successivamente alla notifica degli avvisi, l’Ufficio Agricoltura di Viterbo aveva rilasciato copia dei certificati definitivi, depositati all’Agenzia delle Entrate in data 23.06.2008.
L’ufficio rigettava le istanze, assumendo che il contribuente era decaduto dalle agevolazioni, non essendosi attivato nel triennio per l’acquisizione del certificato definitivo e non avendo fornito prova in merito alla non imputabilità del ritardo.
Gli avvisi divenivano definitivi perché non impugnati e l’Agenzia emetteva cartella di pagamento, la quale veniva tempestivamente impugnata dal contribuente, assumendo l’illegittimità dell’atto per omessa sottoscrizione e mancata indicazione del responsabile del procedimento e per violazione delle norme dello statuto del contribuente.
L’ufficio si costituiva eccependo la definitività del credito per omessa impugnazione degli avvisi di liquidazione e contestando le dedotte irregolarità della cartella. In subordine, nel merito, confermava l’intervenuta decadenza del contribuente dalle agevolazioni.
I giudici di prime cure respingevano le eccezioni sollevate dal ricorrente in ordine alla regolarità formale della cartella, sul presupposto che il decorso del termine triennale non aveva prodotto alcuna decadenza, in quanto il ricorrente era nel possesso dei requisiti sin dall’epoca dei trasferimenti immobiliari.
L’Agenzia interponeva appello, riproponendo le medesime difese ed eccependo in via preliminare la definitività della pretesa tributaria.
I giudici di appello rigettavano il gravame, assumendo che era addebitabile all’amministrazione il ritardo nel rilascio della certificazione protocollata nel 2004 e non inviata al contribuente. Avverso la sentenza della CTR di Roma n. 347/22/11 del 19.11.2011, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il contribuente non si è costituito in giudizio.
Ragioni di diritto
2.1. La ricorrente, con unico principale motivo, censura, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c, la violazione dell’art. 19 commi 1 e 3 D.LGS 546/92, dolendosi dell’omessa pronuncia dei giudici di appello in ordine alla dedotta eccezione di definitività della pretesa tributaria per omessa impugnazione degli atti prodomici, evidenziando come i giudici di appello abbiano del tutto trascurato di valutare i rilievi critici sollevati dall’ufficio in sede di gravame.
Con il secondo motivo in via subordinata, la ricorrente censura, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c, la violazione degli artt. 3 e 4 della L. 1954/604, nella parte in cui la motivazione ha ritenuto che l’omessa presentazione del certificato definitivo nel termine triennale non avesse determinato la decadenza del contribuente dalle agevolazioni.
Il primo motivo proposto in via principale è fondato.
Al riguardo, questa Corte ha precisato che, in tema di contenzioso tributario, sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992. n.546, art. 19. tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento, sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto; al riguardo, non assume alcun rilievo la mancanza della formale dizione “avviso di liquidazione” o “avviso di pagamento” o la mancata indicazione del termine o delle forme da osservare per l’impugnazione o della commissione tributaria competente (Cass. S.U. 16293/07). Consegue che il ricorso avverso la cartella esattoriale, emessa successivamente in relazione all’avviso non opposto, risulta essere inammissibile ai sensi del citato art. 19, almeno che non impugnata per vizi propri. La correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di determinati atti, con le relative notificazioni, destinati, con diversa e specifica funzione, a farla emergere e a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatari, allo scopo, soprattutto, di rendere possibile, per questi ultimi, un efficace esercizio del diritto di difesa (Cass. S.U. 16412/07).
La cartella esattoriale di pagamento, quando faccia seguito ad un avviso di accertamento divenuto definitivo, si esaurisce in un’intimazione di pagamento della somma dovuta in base all’avviso e non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo.
Il riflesso processuale di tale impostazione logico – giuridica si può riassumere nel principio di sindacabilità limitata della cartella di pagamento avente il soprarichiamato requisito, l’essere cioè una automatica propagazione degli effetti accertativi di un atto impositivo diventato definitivo per omessa impugnazione. Principio in base al quale (con riferimento all’articolol9, comma 3, del Dlgs 546/1992) la cartella esattoriale può essere oggetto di impugnazione solo per vizi propri e non per eccezioni attinenti l’atto di accertamento dal quale è scaturito il debito.
Ne consegue che tali ultimi vizi non possono essere fatti valere con l’impugnazione della cartella, una volta che l’avviso sia divenuto definito perché non impugnato ovvero con sentenza irrevocabile, salvo che il contribuente non sia venuto a conoscenza della pretesa impositiva solo con la notificazione della cartella predetta.
Nella specie, la cartella di pagamento impugnata è stata emessa a seguito della notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione, divenuto definitivo per omessa impugnazione: il ricorrente ha dedotto, con il ricorso originario, vizi propri della cartella che sono stati, in parte, disattesi dalla CTP di Roma e non esaminati dalla CTR del Lazio che è invece entrata ( come già il primo giudice) nel merito della pretesa tributaria, delibazione inammissibile avendo il ricorso ad oggetto una cartella di pagamento emessa in relazione ad un avviso di rettifica e liquidazione divenuto definitivo (Cass. 2017 n 12244; Cass. 2015 n. 14847; Cass. 2012 n. 3274; Cass. 2012 n. 3277).
Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per l’esame di dedotti vizi relativi alla cartella non esaminati dal giudice di merito.
P.Q.M.
– Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, rinviando alla CTR del Lazio in altra composizione anche per la regolamentazione delle spese di lite.
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