CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 febbraio 2018, n. 2964
Mancato versamento della contribuzione previdenziale – Risarcimento del danno – Domanda generica – Diritto del lavoratore alle prestazioni previdenziali ed assistenziali – Pregiudizio solo al maturare della prescrizione e non prima del raggiungimento dell’età pensionabile – Azione di condanna generica al risarcimento del danno ex art. 2116 c.c. ovvero di mero accertamento dell’omissione contributiva quale comportamento potenzialmente dannoso
Svolgimento del processo
Con sentenza del 25.6.08, il Tribunale di Roma accoglieva la domanda proposta dal L. diretta alla condanna del C. s.p.a. al risarcimento del danno patito per il mancato versamento della contribuzione previdenziale pel periodo settembre 1989-marzo 1994, relativo alla illegittima mancata assunzione del L., con qualifica di conducente di linea, accertata con sentenza definitiva dal Pretore di Roma n.830/93, laddove l’azienda lo immise in servizio solo nel marzo 1994, senza corrispondergli alcunché per il passato, neppure le retribuzioni maturate, ottenute dal lavoratore con successivo titolo esecutivo.
Avverso tale pronuncia proponeva appello il C.; resisteva il lavoratore.
Con sentenza depositata il 23.8.11, la Corte d’appello di Roma rigettava il gravame.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il C., affidato a tre motivi.
Resiste il L. con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo il C. denuncia la violazione e\o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., avendo ritenuto che la domanda avanzata dal L. fosse una domanda di condanna generica al risarcimento del danno per omissione contributiva, mentre nel ricorso introduttivo il L. aveva chiesto la condanna del C. al pagamento di una somma pari a quella necessaria, ex art. 13 L. n. 1338\62 a costituire una rendita vitalizia.
Il motivo è infondato, non versandosi in ipotesi di mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, ma solo di interpretazione della domanda, spettante in via esclusiva al giudice di merito, e da questo compiuta, peraltro in conformità di quanto sul punto già ritenuto dal Tribunale.
La sentenza impugnata ha infatti evidenziato che con il ricorso introduttivo era stata anche avanzata, sia pure implicitamente, una domanda di condanna generica al risarcimento del danno potenzialmente (e probabilmente) derivante dalla rilevante omissione contributiva, mentre il riferimento al menzionato art. 13 L. n. 1338\62 costituiva solo uno dei parametri per la quantificazione del danno medesimo.
2.- Con il secondo motivo il C. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2116 c.c., avendo comunque la sentenza impugnata ritenuto sussistente il danno in assenza dei suoi presupposti costitutivi, e cioè l’effettivo verificarsi di un danno e la prescrizione dei contributi dovuti.
Il motivo è infondato.
Questa Corte, sin da tempi remoti (cfr. Cass. n. 3933/79) ha affermato che se è vero che il venir meno del diritto del lavoratore alle prestazioni previdenziali ed assistenziali si verifica soltanto al maturarsi della prescrizione del diritto degli istituti previdenziali al versamento dei contributi omessi, anteriormente al maturarsi della prescrizione il lavoratore ha solo un’azione indiretta tendente a: a) sollecitare (all’epoca) l’azione penale con la denunzia per omissione contributiva; b) affermare con pronunzia di accertamento l’obbligo del datore di lavoro al versamento dei contributi; c) ottenere la condanna del datore di lavoro al pagamento degli importi versati dal lavoratore in sostituzione di lui, ai sensi dell’ad 13 della legge 12 agosto 1962 n. 1338; d) cautelarsi con la condanna generica del datore di lavoro al risarcimento del danno, come mezzo per iscrivere ipoteca sui beni dello stesso, cfr. Cass. n. 2172/80, n. 5228/81, n. 6088/81, n. 7602/83, n. 472/85, Cass.n. 3790/88.
Questa Corte ha successivamente affermato, cfr. da ultimo Cass. n. 1179/15, che l’omissione della contribuzione produce un duplice pregiudizio patrimoniale a carico del prestatore di lavoro, consistente, da un lato, dalla perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale pensionistica, che si verifica al momento in cui il lavoratore raggiunge l’età pensionabile, e, dall’altro, dalla necessità di costituire la provvista necessaria ad ottenere un beneficio economico corrispondente alla pensione, attraverso una previdenza sostitutiva, eventualmente pagando quanto occorre a costituire la rendita di cui all’art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338. Ne consegue che le situazioni giuridiche soggettive di cui può essere titolare il lavoratore, nei confronti del datore di lavoro, consistono, una volta raggiunta l’età pensionabile, nella perdita totale o parziale della pensione che dà luogo al danno risarcibile ex art. 2116 cod. civ., mentre, prima del raggiungimento dell’età pensionabile e del compimento della prescrizione del diritto ai contributi, nel danno da irregolarità contributiva, a fronte del quale il lavoratore può esperire un’azione di condanna generica al risarcimento del danno ex art. 2116 cod. civ., ovvero di mero accertamento dell’omissione contributiva quale comportamento potenzialmente dannoso.
3.- Con il terzo motivo il C. denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. oltre ad omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia (art. 360, comma 1, n.5 c.p.c.).
Lamenta che la sentenza impugnata ritenne erroneamente di individuare un danno pensionistico in base alla mancata maturazione dei 18 anni di contributi al 31.12.95 (ex lege n. 335\95), laddove risultava dall’estratto contributivo del L. che il periodo in questione era coperto da contribuzione a titolo di salariato agricolo.
Il motivo è inammissibile posto che, nulla risultando al riguardo dalla sentenza impugnata, sarebbe stato onere del C. dedurre e provare in quale sede, quando ed in quali termini la circostanza sarebbe stata dedotta nella fase di merito, al fine di evitare l’inammissibilità della censura per novità della stessa.
4.-Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e, liquidate come da dispositivo, debbono distrarsi in favore dei difensori del L., dichiaratisi anticipanti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la società C. al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €.200,00 per esborsi, €.4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e c.p.a., da distrarsi in favore degli avv. D.M. e G.T.
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